Pensionati Regione, l'insostenibile spesa certifica il fallimento della previdenza “Made in Sicily” - QdS

Pensionati Regione, l’insostenibile spesa certifica il fallimento della previdenza “Made in Sicily”

Paola Giordano

Pensionati Regione, l’insostenibile spesa certifica il fallimento della previdenza “Made in Sicily”

sabato 24 Ottobre 2020

Sono 18.587 e, anche se in quiescenza, continuano a rappresentare un costo per l’Ente: 475 milioni al 30/09. La spesa salirà a 639,4 milioni a fine anno. Le nostre domande al Fondo Pensioni: quanto reggerà il sistema? il direttore Nasca: "Chiedete a Bellomo". Il dirigente Bellomo: "Rivolgetevi a Nasca"

PALERMO – Noi lo diciamo da anni e anche i numeri ci danno ragione: il sistema previdenziale della Regione siciliana fa acqua da tutte le parti. Secondo l’ultimo rapporto sulla spesa pensionistica stilato dal Fondo pensioni Sicilia, aggiornato al 30 settembre, nei primi nove mesi del 2020 il costo dei 18.587 pensionati regionali ammonta già a 475 milioni di euro. Una cifra enorme che pesa sulle spalle della Regione: 449,5 sono infatti direttamente a carico del bilancio regionale poiché legati al personale in quiescenza che rientra nel contratto 1; i restanti 25,5 sono invece a carico del citato Fondo, una sorta di Inps targata Regione siciliana che, seppur in modo indiretto, viene “foraggiata” dalla stessa Regione.

Sulla base di proiezioni fatte nel 2016 dal Fondo, la spesa stimata da costo medio e unità per l’intero anno si aggirerebbe sui 639,4 milioni.
Al di là delle stime – che non tengono conto di eventuali rivalutazioni – quel che è certo è che il numero dei pensionati continua a crescere: da 17.133 a 17.400 quelli del contratto 1, da 1.079 a 1.187 quelli del contratto 2. E che, pertanto, ad aumentare è anche la spesa: quella dei pensionati del contratto 1 è cresciuta di 4,1 milioni (+ 0,9 per cento rispetto all’analogo periodo del 2019), quella dei dipendenti in quiescenza del contratto 2 è aumentata di 3,6 milioni (+16,7).

Quello siciliano, è bene ricordarlo, è un caso che non ha eguali in Italia: nelle altre regioni la gestione delle pensioni del personale regionale è a carico dell’Inps (quello vero). Nonostante una legge, la n. 2/2002, avesse previsto il passaggio della gestione previdenziale dal bilancio regionale all’allora Inpdap, il passaggio non è mai stato realizzato perché, secondo quanto ci svelò (nell’inchiesta pubblicata l’11 giugno 2016) l’ex direttore del Fondo, Rosolino Greco, la Regione non disponeva di una situazione finanziaria tale da poter garantire il trasferimento all’istituto previdenziale dei contributi già versati dai lavoratori.

Fino al 2009, anno di istituzione del Fondo pensioni, le pensioni dei regionali gravavano tutte sulla finanza regionale: il personale regionale in quiescenza passava semplicemente da un capitolo del bilancio regionale (quello della spesa corrente per i dipendenti) ad un altro (quello della spesa per le pensioni). Oggi praticamente non è cambiato quasi nulla, anzi. L’intento della riforma introdotta dall’art. 15 (Fondo di quiescenza) della l.r. n. 6/09 era proprio quello di svincolare la gestione finanziaria previdenziale dal bilancio regionale transitando lentamente – si stima infatti che il passaggio verrà completato nel 2043 – da un sistema “a ripartizione” a uno “a capitalizzazione”, vale a dire da un sistema in cui la contribuzione dei lavoratori attivi viene destinata, nell’ambito di un esercizio finanziario, esclusivamente alla copertura finanziaria delle pensioni dei lavoratori già collocati a riposo a uno in cui, invece, tale contribuzione viene versata direttamente nel Fondo che può far fruttare tale capitale investendolo sul mercato.

La mossa però non ha sortito gli effetti sperati: l’istituzione del Fondo ha comportato la coesistenza di due differenti gestioni di pagamento che, alla fine della fiera, bussano alla porta delle già sgangherate casse regionali.

Le nostre domande al Fondo Pensioni

Il direttore Nasca: “Chiedete a Bellomo”. Il dirigente Bellomo: “Rivolgetevi a Nasca”

“In atto non sono autorizzato a rendere interviste ad organi di stampa”: così ha risposto al Quotidiano di Sicilia il direttore generale del Fondo pensioni Sicilia, Filippo Nasca, interpellato sui recenti dati dell’Istituto previdenziale made in Sicily.

Avevamo chiesto a Nasca, alla guida del Fondo Pensioni da due anni e mezzo, quanto fosse grave l’anomalia del sistema pensionistico isolano, alla luce del fatto che in Sicilia il pensionato regionale – che sia riconducibile al Contratto 1 o che rientri nel Contratto 2 – continua a rappresentare un costo per la Regione, mentre nel resto d’Italia il dipendente in quiescenza viene “scaricato” dal bilancio regionale per passare in gestione all’Inps.

Il direttore generale ci ha risposto però di non poter rilasciare interviste e al fine di “acquisire dichiarazioni ufficiali di organi dell’Ente” ci ha indirizzato al Commissario straordinario e vertice di indirizzo politico del Fondo Pensioni, Fulvio Bellomo.
Non ci è dato sapere il motivo della sua impossibilità a rilasciare “dichiarazioni ufficiali” ma detto fatto: abbiamo accolto il suo “suggerimento”, girando subito le medesime domande, al commissario Bellomo. Che ci ha sì risposto ma invitandoci a sua volta di rivolgerci al direttore Nasca per avere tutti i chiarimenti del caso.
Morale della favola: tra i vari rimpalli, nessuno ci ha voluto spiegare come stanno realmente le cose.
Naturalmente, il Quotidiano di Sicilia rimane in attesa delle risposte: se e quando i vertici del Fondo decidessero di commentare insieme a noi i dati, pubblicheremo con volentieri i loro chiarimenti.

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