Su questa differenza impattano fattori come il gap retributivo, le carriere lavorative spesso discontinue, periodi di interruzione per assistere i familiari, minori progressioni di carriera
Il numero di donne in pensione supera quello degli uomini. E’ un fatto, ed è pure un dato. Come rileva l’Osservatorio Inps, in cui si scopre che su 779.791 pensioni erogate nel 2022 – il 12,28% in meno rispetto all’anno precedente -, 437.596 sono state destinate a donne, più di 100mila rispetto agli uomini (342.195).
Ma se le donne sono quelle che di più vanno in pensione, non sono quelle che vantano un portafoglio pensionistico più alto: in media, infatti, alle donne sono stati corrisposti 976 euro mensili, il 30% in meno rispetto agli uomini (1.381 euro).
Le donne sono in maggioranza ma “vincono” sempre gli uomini
Come abbiamo detto, prima, tra i pensionati le donne numericamente sono più degli uomini. Nello specifico, leggendo i dati dell’Osservatorio, anche che le pensioni liquidate con Opzione donna sono aumentate del 15,4% rispetto al 2021, raggiungendo la quota di 24mila pensioni liquidate.
Ben 8.833 le donne si sono avvalse di questa misura prima dei 59 anni e la metà di queste (4.260) ha ricevuto un importo mensile inferiore a 500 euro. Quindi, quasi il 90% di coloro che sono andate in pensione prima dei 59 anni ha scelto di farlo con pensioni inferiori a 1000 euro al mese.
Sensibile divario di genere, le conseguenze
Ma c’è un sensibile divario di genere, perché le donne percepiscono un assegno mensile mediamente più basso del 30% rispetto a quello degli uomini: in media gli uomini ricevono 1.381 euro, contro i 976 euro delle donne, con una differenza del 29,32%.
Su questa differenza impattano fattori come il gap retributivo che penalizza le donne, le carriere lavorative spesso discontinue, con periodi di interruzione per assistere i familiari, minori progressioni di carriera.
Tra i lavoratori dipendenti: il divario di genere supera il 47%
È il quadro che emerge dalla lettura dei dati dell’Osservatorio dell’Inps sui flussi di pensione relativo al 2022. Guardando alle diverse gestioni previdenziali, poi la situazione è piuttosto articolata, ma con una costante: l’assegno mensile delle donne è sempre inferiore a quello degli uomini.
Lo riporta in un articolo de Il Sole 24 Ore in cui vendono elencati i divari più ampi, in tema pensionistico, tra uomini e donne.
Si parte dal Fpld, il fondo dei lavoratori dipendenti: qui il divario è mediamente del 36,98% perché le donne percepiscono 1.029 euro contro i 1.633 degli uomini considerando la media tra pensioni di vecchiaia, anticipata, invalidità e superstiti. Se vediamo nel dettaglio tra le pensioni di vecchia nella gestione Fpld il gap raggiunge il 47,63% perché ai pensionati vanno in media 1.440 euro contro 754 euro delle donne, quasi la metà in sostanza.
Il record tra i parasubordinati: alle donne quasi il 54% in meno
Ma il divario più ampio lo troviamo tra i parasubordinati. Si legge nell’articolo del Il Sole 24 Ore, l’assegno mensile in media è di 409 euro per gli uomini e di 189 euro per le donne (-53,78%).Nella gestione artigiani la differenza è del 34,74%: gli uomini percepiscono mensilmente in media 1.108 euro contro i 723 euro delle donne. Anche tra i commercianti il divario supera la media, con un differenziale di genere del 33,44% visto che agli uomini in media vanno 1.160 euro contro i 772 euro delle donne.
Passando alla gestione dipendenti pubblici (Gdp), anche qui le donne sono penalizzate con un assegno mensile mediamente inferiore del 25,37%, ovvero con 1.753 euro mensili contro i 2.349 euro dei colleghi uomini. Il divario minore si trova nella gestione dei lavoratori autonomi dell’agricoltura (Cdcm): in questo caso la differenza è del 19,03% : le donne incassano un assegmo mensile medio di 604 euro contro i 746 euro degli uomini.
Opzione donna: la metà degli assegni sotto i 500 euro
Le pensioni, si legge ancora nel quotidiano Il Sole 24 Ore, liquidate con “Opzione Donna” nel 2022 sono aumentate del 15,4% rispetto al 2021 raggiungendo la quota 23.812. In particolare lo scorso anno sono state 8.833 le donne che si sono avvalse della misura prima dei 59 anni d’età con assegni per quasi la metà inferiori a 500 euro. Trattandosi di importi calcolati interamente con il metodo contributivo, tra le beneficiarie di opzione donna oltre la metà degli assegni liquidati (12.298) vale meno di 500 euro al mese e l’88,75% vale meno di mille euro.
Ministro Calderone: “Su opzione donna valutiamo interventi”
Il Ministero del lavoro sta valutando possibili interventi su opzione donna, il meccanismo che consente alle lavoratrici di andare in pensione anticipatamente con il sistema di calcolo contributivo, i cui requisiti di accesso sono stati oggetto di misure restrettive con l’ultima legge di biancio. Lo ha riferito la Ministra del lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderoni, in una audizione al Senato.
La Ministra ha spiegato che al Tavolo specifico attivato per una riforma organica del sistema previdenziale, riunitosi il 19 gennaio “abbiamo preso atto delle sollecitazioni delle parti sociali. Tra i temi delicati – ha detto la Ministra – vi è opzione donna, sul quale stiamo facendo valutazioni, tenendo conto anche delle adesioni, per valutare in che modo intervenire. Il prossimo 8 febbraio è prevista una nuova riunione del Tavolo per individuare un percorso e non ci faremo trovare impreparati”.
I temi pensionistici che dovranno essere affrontati e “condivisi” con le parti sociali, ha aggiunto Calderone, riguardano “i giovani e le donne, la separazione tra la spesa previdenziale e quella assistenziale, la flessibilità in uscita per i lavoratori in difficoltà, l’ape sociale, la revisione dei lavori gravosi e usuranti, il rilancio della previdenza complementare. Credo sia importante utilizzare in modo sapiente il secondo pilastro pensionistico. Abbiamo avuto sollecitazioni a ragionare sul silenzio-assenso e non abbiamo preclusioni”. Per valorizzare al meglio la previdenza complementare la Ministra ritiene inoltre importanti interventi di “semplificazione” dei singoli fondi.