Il permesso, che ha suscitato discussioni e perplessità, è stato concesso esclusivamente per permettere al detenuto di visitare la madre malata in Sicilia.
L’Ufficio di sorveglianza di Padova ha concesso un permesso di nove giorni a Ignazio Bonaccorsi, 67 anni, uno dei boss storici della mafia catanese e capo del clan dei Carateddi, attualmente detenuto nel carcere padovano. Il permesso, che ha suscitato discussioni e perplessità, è stato concesso esclusivamente per permettere al detenuto di visitare la madre malata in Sicilia, come sottolineato nel provvedimento dell’ufficio di sorveglianza. La decisione si configura come una “fruizione eccezionale” e non può essere interpretata come una forma di favore nei confronti del detenuto, dato che il beneficio è strettamente legato alla situazione sanitaria della madre e alla necessità di un suo supporto diretto.
Il parere della Direzione Distrettuale Antimafia e i precedenti episodi
La Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Catania si era opposta alla concessione del permesso, ma nonostante ciò l’Ufficio di sorveglianza ha accolto la richiesta, basandosi su vari fattori. Tra questi, la regolarità della condotta del detenuto, che ha usufruito di permessi simili in passato, e la sua ammissione ai permessi premio nel 2022, con un’ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza di Venezia. Bonaccorsi, infatti, aveva già beneficiato di permessi per visitare la madre malata in Sicilia dal 2016, l’ultima volta nell’estate del 2023. In questa occasione, il permesso concesso ha un valore di continuità rispetto a precedenti misure e non rappresenta un’eccezione totale rispetto alla sua condizione di ergastolano.
Le condizioni del permesso a Bonaccorsi
Il boss, che sta scontando una condanna all’ergastolo per numerosi reati, tra cui l’omicidio di Giuseppe Piterà nel 1997, dovrà restare a Catania in regime di detenzione domiciliare durante il periodo del permesso e rientrare nel carcere di Padova entro gennaio 2025. Dovrà rispettare rigorosamente le condizioni stabilite, evitando qualsiasi contatto con ambienti mafiosi.
L’omicidio di Giuseppe Piterà, vittima di un regolamento di conti, è uno dei crimini più noti attribuiti a Bonaccorsi. Il delitto, avvenuto il 25 gennaio del 1997, fu compiuto in seguito a uno “sgarbo” che sarebbe avvenuto nel carcere di Bicocca, dove il fratello della vittima, Rosario Piterà, non aveva espresso le condoglianze per la morte di Massimiliano Bonaccorsi, il fratello del boss, ucciso pochi giorni prima. Questo crimine è stato ampiamente documentato nell’inchiesta Crepuscolo, condotta dalla Dda di Catania contro il clan Cappello, con la collaborazione delle forze dell’ordine.
Il permesso concesso a Bonaccorsi rientra in una prassi legale che permette ai detenuti, anche quelli condannati all’ergastolo, di ottenere permessi per situazioni eccezionali, come nel caso di malattia di familiari stretti. Tuttavia, la decisione solleva interrogativi sulla valutazione delle misure di sicurezza e sull’efficacia della sorveglianza in simili circostanze, soprattutto considerando il profilo criminale e il ruolo che Bonaccorsi ha ricoperto nel clan Cappello, uno dei gruppi mafiosi più potenti della Sicilia.