“In questa relazione non tornano tante cose. È come se per certi aspetti si dessero informazioni insufficienti, mentre per altri ci si spingesse fin troppo oltre. Nulla che prometta bene”. Mentre tra le associazioni ambientaliste c’è chi ancora lamenta il mancato accesso alla documentazione necessaria per potere entro i termini formulare le osservazioni previste dalla legge, a storcere il naso davanti alla bozza di aggiornamento del piano regionale rifiuti è Giampiero Trizzino.
L’ex deputato regionale, oggi componente della commissione scientifica di Zero Waste, al Qds si sofferma sulle principali criticità contenute nella relazione preliminare presentata dal governo Schifani nei giorni scorsi.
Trizzino, il Governo regionale sembra voler dare una accelerata alla risoluzione del problema rifiuti in Sicilia. Almeno questo è ciò che arriva dagli annunci.
“Il problema è che a mio avviso ciò che vengono diffusi sono proprio annunci e poco più”.
Beh, si sta rimettendo mano concretamente al piano regionale.
“Ma, il primo tema su cui ragionare è proprio l’ordine degli interventi: trovo insensato avere aperto una procedura di aggiornamento del piano, quando chiunque opera in questo settore sostiene che i principali problemi stanno nella governance del settore che, legge alla mano, dice che ha al centro le società d’ambito. Qualsiasi tecnico dirà che ciò che non funziona sono ad esempio le ex Ato in liquidazione, alcune Srr mai decollate per davvero, il tema del frazionamento delle competenze legato alle Aro, e così via”.
Il passato Governo ci aveva provato a rimaneggiare la legge. C’era anche un progetto di riforma.
“Il ddl presentato dalla giunta Musumeci, seguito alla nostra proposta di riforma, aveva tanti limiti ma tutto sommato era una cornice su cui si poteva ancora continuare a ragionare. Mi sembra uno spreco di risorse averlo accantonato del tutto, ma la cosa assurda è che, pur non essendo mai stato ri-depositato all’Ars in questa legislatura, nella relazione preliminare ambientale viene fatto un cenno che, allo stato dell’arte, non ha alcun significato”.
Negli ultimi anni tra Regione e Srr c’è stato spesso un rimpallo di responsabilità sui rifiuti. Un gioco a rimpiattino davanti a un problema che sembra insormontabile.
“Prima Musumeci e oggi Schifani non mancano di ricordare come certi oneri spettino alle Srr, poi però si continua a interferire con le competenze delle società d’ambito. Come se si volesse mantenere il controllo sulle scelte, ma poi quando le cose non vanno bene fare scarica barile. E questo emerge anche da questa famigerata relazione preliminare ambientale, che va a interferire con compiti che spettano ad altri”.
A cosa fa riferimento?
“Ad esempio al passaggio in cui si dice come dovrà essere fatta la raccolta dei rifiuti a Palermo e Catania. Sappiamo tutti i problemi che in questi anni ci sono stati, ma non sta né in cielo né in terra che la Regione dia indicazioni su come pianificare il servizio. Sono scelte che spettano ai Comuni. E a dirlo non è il sottoscritto, ma il codice dell’ambiente. Se questo piano andrà avanti in questa forma rischia di essere bocciato dalla Cts”.
I cittadini, però, vorrebbero intanto che qualcuno risolvesse il problema delle città sporche e delle campagne che in più punti si stanno trasformando in discariche abusive.
“E sono pretese legittime, ma anche su questo fronte le soluzioni che sta fornendo il governo Schifani non sono chiare. Perché è evidente che in Sicilia ci sia un problema legato alla carenza d’impianti, ma non si capisce verso che direzione vuole andare la politica”.
Che si voglia puntare sui termovalorizzatori però sembra un punto fermo.
“È un vessillo che si sventola di continuo, ma sono ancora troppi i passaggi oscuri. Partiamo intanto dalla giustificazione di questa tecnologia citando quando previsto nel decreto Sblocca Italia. Ma il governo Schifani lo sa che quel decreto, nella parte in cui prevedeva i termovalorizzatori, è stato bocciato dal Tar? E soprattutto qualcuno ci ha pensato al fatto che quel decreto si basava su dati vecchi di dieci anni?”
Il primo a intraprendere la strada verso i termovalorizzatori, nel recente passato, è stato Musumeci. L’ex governatore li chiamava termoutilizzatori.
“Con quella definizione aveva lasciato aperta la porta a tecnologie un po’ diverse rispetto all’incenerimento, come la pirolisi. Al netto delle mie personali considerazioni su questa tecnologia, mi pare che tra coloro che avevano risposto alla manifestazione d’interesse del 2021 c’era anche chi aveva proposto un impianto di questo tipo. A proposito, lei ha capito che ne sarà di quella manifestazione? Di quelle disponibilità date dalle imprese?”
Di recente è stato nominato un responsabile unico del procedimento. Cosa dovrà fare, però, fino a pochi giorni fa non era chiaro nemmeno al diretto interessato.
“Ecco, a me piacerebbe sapere se verrà nuovamente sondato il mercato o se verranno coinvolte le stesse imprese. Se si parlerà ancora di project financing o se la Regione ha in mente altri metodi di finanziamento. Sono domande non secondarie”.
Chi critica il ricorso ai termovalorizzatori tira in ballo la tendenza che nel Nord Europa si sta diffondendo in fatto di dismissioni. È pur vero che la Sicilia si trova in una situazione decisamente diversa nella gestione del ciclo dei rifiuti.
“Indipendentemente dalle posizioni personali, ci sono valutazioni da cui non ci può sottrarre: il piano di dismissione avviato in Danimarca segue quanto previsto dal Regolamento europeo 2021/1119, altrimenti noto come Fit for 55%. Prevede che entro il 2030 bisognerà ridurre le emissioni atmosferiche del 55%. Bene, quello è l’anno in cui il governo regionale prevede di inaugurare i termovalorizzatori. Ci rendiamo conto che corriamo il rischio di tagliare il nastro e di ritrovarci l’Ue che ci impone una data per spegnerli?”
Quantomeno, però, con i termovalorizzatori si metterà fine alle discariche, che in questi decenni sono state fonti di inquinamento ambientali ma anche al centro, a più riprese, di rapporti equivoci su cui le procure hanno acceso i riflettori.
“Siamo certi? Nella relazione preliminare ambientale presentata dal governo Schifani si dice che fra sei anni ci sarà bisogno di due nuove discariche. Non di ampliare le esistenti, che sarebbe già un argomento delicato da affrontare, ma proprio di realizzarne di nuove per smaltire le ceneri inquinanti e altri residui non riciclabili. E di quelle in esercizio cosa ne facciamo? A me pare che non collimino molti tasselli in questa storia”.