Rifiuti in Sicilia, scontro sugli impianti vicino a centri abitati

Emergenza rifiuti in Sicilia, “no” agli impianti vicino alle case: “È pericoloso per la salute”

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Emergenza rifiuti in Sicilia, “no” agli impianti vicino alle case: “È pericoloso per la salute”

Simone Olivelli  |
sabato 28 Ottobre 2023

La possibilità dell'abrogazione della norma sulla realizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti a 3 chilometri dai centri abitati fa discutere e non poco. Ambientalisti sul piede di guerra.

Un autunno caldo, ma non solo per le temperature che sembrano non volerne sapere di scendere. È questa la previsione sul fronte della gestione dei rifiuti in Sicilia. Per quanto si tratti di un tema che qui da decenni ha i connotati dell’emergenza, sono settimane intense sull’isola.

Tra notizie che rimettono in gioco partite che sembravano chiuse, progetti che improvvisamente volgono verso il tramonto e dichiarazioni provenienti dal governo Schifani che hanno fatto discutere per la volontà di rimettere mano a princìpi che sembravano ormai acquisiti, gli ultimi a intervenire nel dibattito sono le realtà che compongono gli Stati generali dell’ambiente. Da Legambiente al Wwf, passando per Zero Waste Sicilia, Osservatorio permanente sui disastri ambientali, Italia Nostra, Forum siciliano per l’acqua e i beni comuni, la Rete dei comitati territoriali siciliani e i comitati No discarica di Misterbianco e Motta. Nel mirino è finita una dichiarazione dell’assessore regionale Roberto Di Mauro, riguardante i correttivi da attuare alla norma che dispone che gli impianti di trattamento dei rifiuti non possono essere realizzati entro i tre chilometri dai centri abitati.

Trattamento dei rifiuti in Sicilia: “Il Governo non ha a cuore la salute dei siciliani”

Con una lunga nota, le associazioni ambientaliste e i comitati puntano il dito contro la Regione Siciliana, accusata di non avere a cuore la salute dei suoi abitanti. “Lo dimostra quando annuncia di voler dare via libera alla realizzazione di qualsiasi tipo di impianti di trattamento in vicinanza di centri abitati. Un provvedimento la cui irresponsabilità si commenta da sola”, si legge nel comunicato. Riprendendo le parole di Di Mauro, che ha definito “un errore” il vincolo dei tre chilometri dai centri abitati, gli attivisti ritengono che “buon senso vorrebbe che questa distanza non debba essere assoluta, ma debba invece dipendere dalla natura dell’impianto”.

E in tal senso, tengono a ribadire i pericoli che deriverebbero da una cancellazione generalizzata del vincolo: “È scontato che gli impianti inquinanti e odorigeni, come gli impianti di smaltimento e di incenerimento così come i grandi impianti di selezione e stoccaggio dei rifiuti raccolti che statisticamente e periodicamente prendono fuoco – si legge nella nota – debbano essere realizzati lontani dai cittadini, il cui diritto di vivere in un ambiente salubre è inalienabile”. Discorso diverso, invece, potrebbe essere fatto per quei siti caratterizzati da processi che non minacciano la salute. “Ad esempio quelli di valorizzazione del secco ovvero i centri di riuso, recupero e baratto, che hanno impatto quasi zero, possono essere situati dovunque”, sottolineano.

I termovalorizzatori e i costi non finanziati dal Pnrr

Che le associazioni ambientaliste osteggino la realizzazione dei termovalorizzatori da un punto di vista strategico nella gestione del ciclo dei rifiuti è fatto notorio. A sostegno della propria posizione, che si contrappone a quella del governo Schifani secondo cui la realizzazione di due impianti di trattamento dei rifiuti potrebbe rappresentare la soluzione ai mali della Sicilia, aggiungono la questione strettamente economica e il rischio di una ricaduta dei costi sui cittadini.

“Con il Pnrr – si legge nella nota – l’incenerimento dei rifiuti è considerato un’attività che arreca un danno significativo all’ambiente. Proprio per questo, gli impianti che bruciano rifiuti per produrre energia sono esclusi dalla tassonomia della finanza Ue”. Il riferimento è alla scelta dell’Unione europea di escludere i termovalorizzatori dai progetti che potranno beneficiare dei fondi comunitari. “Ci si si affiderà ai privati attraverso lo strumento della finanza di progetto – proseguono le associazioni – e le clausole che i privati imporranno ai comuni o alle Srr o alle Regioni saranno del tipo vuoto per pieno (cioè si pagherà anche se non si porterà a incenerire nessun rifiuto) e – è la previsione dei firmatari del comunicato – costi elevati di esercizio per l’abolizione dei privilegi attuali nel compenso dell’energia prodotta e dell’attuale mancato pagamento per le quote di Co2 emesse”.

Direzione contraria agli indirizzi Ue

La critica rivolta alla politica regionale è quella di volere approcciare un problema concreto, che ogni giorno pesa sulla vita dei cittadini in termini sia di costi di conferimento dei rifiuti all’estero che di danni ambientali ai territori, percorrendo strade che portano lontano dalla soluzione.

“Dal 2024 scatterà l’obbligo per gli Stati europei di monitorarne le emissioni e dal 2026 gli impianti dovranno pagare le quote di emissione di Co2 – ricorda la nota – Di conseguenza l’energia prodotta da questi impianti avrà costi notevolmente più elevati che graveranno sulle tasche dei cittadini.
In definitiva, i recenti indirizzi espressi dalla Regione – concludono – sono in totale contrasto con le indicazioni della Comunità europea, della Corte dei conti, del Pnrr e persino da quelle provenienti della Danimarca, paese citato a sproposito da quei sostenitori dei termovalorizzatori che ignorano, o fingono di ignorare, che il governo danese ha in atto una dismissione progressiva di quel tipo di impianti”.

Foto di repertorio

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