Ponte: più Pil e sicurezza, meno isolamento. Lombardia e Lazio i maggiori beneficiari - QdS

Ponte: più Pil e sicurezza, meno isolamento. Lombardia e Lazio i maggiori beneficiari

Ponte: più Pil e sicurezza, meno isolamento. Lombardia e Lazio i maggiori beneficiari

Hermes Carbone  |
martedì 29 Aprile 2025

Iropi: a fronte di una spesa di circa 2 miliardi all’anno, l’opera ne genererà oltre 23 (circa la metà da Roma in su) E mentre si attende l’ok del Cipess, in Cina stanno per completare con anticipo il ponte “più alto” del mondo

Importante aumento del Pil di Sicilia e Calabria, ma soprattutto di Lazio e Lombardia. Maggiore sicurezza sul piano civile e militare per le popolazioni locali. Meno isolamento sul piano logistico e commerciale. Sono questi alcuni dei punti cardine del Rapporto “Iropi”, il report contenente i “motivi imperativi di interesse pubblico” approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 9 aprile per la realizzazione del ponte sullo Stretto.

Il documento, che il QdS ha visionato, sarà trasmesso nel mese di maggio dal Governo alla Commissione europea, che dovrà in seguito prendere atto dell’impossibilità di modifica dell’attuale progetto presentato dalla Stretto di Messina con il problema dei siti Natura 2000. Un passaggio tecnico-giuridico che consentirà di bypassare i vincoli ambientali emersi dalle relazioni della Commissione Via-Vas, quelli ricadenti nell’area protetta di Capo Peloro.

Le ragioni per le quali il ponte sullo Stretto deve essere costruito

Il Rapporto da 42 pagine fa emergere in modo chiaro quelle che sono le ragioni per le quali il ponte sullo Stretto deve essere costruito. E non si può non partire dall’aspetto economico e dal tema del Pil delle due regioni più a Sud d’Italia: Sicilia e Calabria. “A fronte di un impegno di spesa previsto di 13,5 miliardi di euro – si legge nel Rapporto – l’investimento genererà 23,1 miliardi di Pil, 22,1 miliardi di reddito per le famiglie, 10,3 miliardi di entrate fiscali e 36.700 occupati equivalenti”.

Numeri che però sono – e di molto – letti al ribasso rispetto a quelli presentati in questi giorni al Quotidiano di Sicilia dal sottosegretario di Stato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel governo Meloni, Tullio Ferrante. “Il Ponte sullo Stretto è un’infrastruttura strategica per il completamento delle reti transeuropee di trasporto, parte essenziale del Corridoio Scandinavo – Mediterraneo che porterà l’Italia al centro dell’Ue. Il Ponte garantirà 120mila posti di lavoro (dunque circa il triplo previsto da Iropi, ndr) una riduzione della CO2 pari a 200mila tonnellate e la riduzione dei tempi di percorrenza in auto e in treno tra Calabria e Sicilia”, spiega l’esponente della maggioranza.

Ferrante è tassativo anche sul Rapporto Iropi, confermando al momento di non avere “altri aspetti da aggiungere” e che “gli elementi sono questi” pubblicati. L’obiettivo del ponte resta quello di “un’opera in grado di rivoluzionare i collegamenti nel nostro Paese, rendendoli più efficienti nell’ottica dell’intermodalità”.

Tornando a quanto scritto nel Rapporto, “tutto il territorio nazionale avrà ricadute positive in termini di impatti diretti derivante dalla spesa per investimenti. Per quanto riguarda gli effetti diretti, Calabria e Sicilia avranno un impatto di 3,5 miliardi di euro di Pil regionale, mentre la Lombardia ed il Lazio otterranno, rispettivamente, 5,6 miliardi e 2,6 miliardi di euro”. Tradotto: nelle previsioni del Governo, non sarà solo il Sud, ma anche il Nord a beneficiare ampiamente dell’opera.

I lavori, per decenni evocati e mai davvero avviati, sembrano stavolta però pronti a partire, con l’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, che nelle scorse settimane ha posto ancora una volta l’asticella in direzione della prossima estate. Almeno per le opere preliminari sul territorio.

Meno inquinamento grazie alla diminuzione del traffico marittimo

Il Rapporto sostiene anche che il ponte contribuirà a ridurre le emissioni di gas serra (GHG) e il rischio di inquinamento marino, grazie alla diminuzione del traffico marittimo nello Stretto. Previsto anche il miglioramento della sicurezza pubblica e una più rapida risposta delle forze di protezione civile nei confronti della popolazione locale grazie a collegamenti più rapidi e affidabili.

Non di secondo piano in un momento geopoliticamente complesso per l’Europa e l’area mediorientale, il ruolo che il Consiglio dei Ministri ha affidato al ponte in tema di sicurezza nazionale e mobilità militare. Il documento attribuisce in questo caso una funzione strategica per la sicurezza nazionale e internazionale, facilitando la mobilità delle forze armate italiane e degli alleati Nato, in un’area considerata sensibile per i conflitti in atto.

Tornando all’infrastruttura in sé, a far da eco alla possibilità dei cantieri già in estate, come sottolineato da Ciucci, anche Giuseppe Recchi, presidente proprio della Stretto di Messina, che nei giorni scorsi, intervistato dalla rivista Fortune Italia, ha parlato del Ponte come “un laboratorio nazionale” in grado di “sviluppare competenze e attrarre talenti”. Il tutto sempre in attesa del Cipess, l’organismo interministeriale (di cui ha la delega il sottosegretario Alessandro Morelli) chiamato a dare l’ok definitivo rispetto alla realizzazione del collegamento stabile tra le due sponde dello Stretto. Un passaggio che dovrebbe essere adesso più agevole dopo l’approvazione in Cdm del Rapporto Iropi. Da comprendere se Bruxelles sarà d’accordo con la valutazione presentata dall’Italia.

Un’opera prioritaria

“Il via libera del Governo alla procedura Iropi, che riconosce le rilevanti ragioni di interesse pubblico per la realizzazione del Ponte sullo Stretto – aggiunge ancora al QdS il Sottosegretario Ferrante – conferma che si tratta di un’opera prioritaria. In seguito alla delibera del Cipess, prevista nel giro di pochi mesi, si potranno avviare i cantieri di un’infrastruttura che sarà il motore della crescita del Mezzogiorno e di tutto il Paese”.

I cantieri potrebbero partire entro il 2025

Se tutto procederà secondo i piani, i cantieri potrebbero dunque partire entro il 2025, ma l’inaugurazione difficilmente potrà avvenire entro il 2032, data ancora segnata sul calendario ma quando si pensava di riuscire a finalizzare l’iter nell’autunno scorso. Ad ogni modo, incassata la delibera, sarà possibile pensare al ponte sospeso più lungo del mondo: un colosso di ingegneria con una campata principale di 3,3 chilometri. Un progetto che integra soluzioni già sperimentate in Cina, Hong Kong, Stati Uniti e Turchia, ma adattate a una delle aree più complesse del Mediterraneo, soprattutto per la sua rilevanza sismica. Visioni che si inseguono, ma con tempi diversi. Come quelli attuati dall’Huajiang Canyon Bridge, in Cina, e che rilancia inevitabilmente il dibattito sulle grandi opere italiane. Mentre la Cina completa infrastrutture in tre anni, in Italia si discute da oltre mezzo secolo su un progetto che ancora oggi è sub iudice di organismi interministeriali per questioni tecniche, finanziarie e ambientali.
La sfida italiana rispetto a quella cinese, si muove su un terreno più accidentato: rischi sismici elevati, forti venti di canale, vincoli ambientali stringenti, oltre a un’opinione pubblica divisa, alla questione tutt’altro che secondaria degli espropri e alla difficoltà di garantire continuità politica e finanziaria a un’opera così imponente. Questo perché le grandi opere in Italia fanno spesso rima con ritardi e sforamenti di budget. Sul tema sempre Recchi ha ricordato come “Il caso del Ponte Morandi ci insegna che i ritardi derivano più dalla burocrazia che dalle difficoltà tecniche. Serve una volontà politica forte e condivisa”, ha ammonito il presidente di SdM.

Lo Stretto di Messina è un’area a elevato rischio sismico

La società Stretto di Messina si è affidata a un sistema integrato che coinvolge colossi dell’ingegneria mondiale. Il consorzio Eurolink, capitanato da Webuild, collaborerà con la giapponese IHI, la spagnola Sacyr e la danese Cowi, con la supervisione della Parsons Transportation Group per la gestione del progetto. A vigilare sull’ambiente sarà Edison Next Environment. Lo Stretto di Messina è un’area a elevato rischio sismico, una criticità che non può essere ignorata. Ma la tipologia stessa del ponte, sospeso e flessibile, rappresenta un vantaggio in queste condizioni. “Il progetto è stato concepito per resistere a terremoti fino a magnitudo 7.1, pari a quello che devastò Messina nel 1908”, spiega Recchi. Sul fronte eolico, l’impalcato del ponte è progettato per sopportare venti fino a 216 chilometri orari, ben al di sopra delle velocità registrate nella zona. Una sicurezza studiata in ogni dettaglio.

Il nodo centrale resta comunque quello ambientale

A fare chiarezza al Quotidiano di Sicilia è ancora una volta la Stretto di Messina tramite l’amministratore delegato, Pietro Ciucci. “La relazione Iropi è espressamente prevista dalla direttiva Ue. Non è un escamotage per bypassare il rispetto dell’ambiente. Al contrario impone che siano rispettati i requisiti di salute e sicurezza pubblica e impatto ambientale”. Per il numero uno di SdM, “l’obiettivo è di realizzare l’opera senza eludere la responsabilità ambientale, che resta per noi prioritaria. Il rapporto tra i possibili impatti ambientali e le compensazioni che saranno messe in atto è di 1 fino in alcuni casi a 3, vuol dire che gli interventi avranno un effetto moltiplicatore a vantaggio dell’ambiente”.

Nell’ambito dello Studio di impatto ambientale, infatti, un aspetto riguarda la Valutazione di Incidenza Ambientale (Vinca). Lo Studio di Incidenza Ambientale predisposto dalla SDM ha valutato un’incidenza su tre siti della Rete Natura 2000. Per questa ragione il ministero dell’Ambiente ha richiesto alla Società di predisporre un piano di maggiore dettaglio delle misure compensative per 3 siti ZPS (Zone Protezione Speciale) nonché di effettuare le previste Comunicazioni alla UE di cui all’art. 6.4 della Direttiva 92/43/CEE (cd. Direttiva “Habitat”) che comprendono la Relazione Iropi ovvero “motivazioni imperative di rilevante interesse pubblico” e un piano di dettaglio delle opere compensative.

“Attualmente, il piano di dettaglio delle opere compensative e la Relazione Iropi sono in visione al ministero dell’Ambiente e si prevede che siano inviate alla Commissione Ue entro maggio – ha aggiunto Ciucci -. Dopo l’invio a Bruxelles della relazione Iropi insieme a tutta la documentazione prevista, si potrà procedere con l’istruttoria del Cipess”.

I comitati no ponte non sono dello stesso avviso, come hanno ribadito lo scorso giovedì nel corso di una conferenza stampa all’interno del Comune di Messina. Secondo gli attivisti “manca la dimostrazione del punto di partenza, cioè l’assenza di alternative meno impattanti dal punto di vista ambientale. Senza questo anello mancante, non è possibile procedere”. Per questa ragione hanno inoltrato una formale diffida a procedere nei confronti del Cipess. Prima ancora, però, la palla tornerà nel campo dell’Europa.

Hanjiang canyon bridge

In tre anni l’Hanjiang canyon bridge. Il ponte sospeso “più alto” del mondo

Un salto nel vuoto di 625 metri. Tanti sono quelli di distanza verticale che separano il piano stradale dell’Huajiang Canyon Bridge dal fiume Beipan. Si tratta del ponte più alto del mondo, per una Cina che sembra aver fatto della vertigine ingegneristica la sua cifra stilistica. Perché il Huajiang Canyon Bridge si appresta a riscrivere la storia delle grandi opere. E non si tratta soltanto di un altro ponte sospeso: a rendere straordinario questo colosso non è l’altezza delle torri né la sua collocazione a livello del mare, ma il vuoto spaventoso che esso sovrasta.

Con i suoi 625 metri di distanza verticale tra il piano stradale e il fiume Beipan, il ponte si eleverà sopra il mondo come un grattacielo sospeso, battendo il precedente primato detenuto dal Duge Bridge (565 metri), anch’esso situato nelle profonde gole della provincia di Guizhou, a poco più di 500 chilometri di distanza dal confine con Vietnam e Laos. Quelli dell’Huajiang Canyon Bridge sono numeri da capogiro. Per chi cerca un riferimento tangibile, basti dire che il One World Trade Center di New York si ferma a 541 metri di altezza. E che solo i colossi verticali come il Burj Khalifa (830 m), il Merdeka 118 (680 m) e la Shanghai Tower (632 m) superano la quota che questo ponte sarà in grado di raggiungere una volta ultimato.

La struttura si estende per quasi tre chilometri complessivi – in linea con l’estensione del ponte sullo Stretto – con una campata principale di 1.420 metri e due torri di sostegno da 262 metri, il tutto sorretto da cavi ancorati a una travatura d’acciaio di 22.000 tonnellate — l’equivalente di due Torri Eiffel. La sua architettura non è soltanto un esercizio di forza, ma anche di precisione: ogni segmento modulare, calato con gru sospese nel vuoto, è stato posato con margini di errore inferiori ai due centimetri. Una danza millimetrica nell’aria rarefatta del canyon, resa ancor più ardua dalle forti escursioni termiche e dalle frequenti turbolenze alle quali è soggetta l’intera area del Sud-est asiatico.

Sui tempi di realizzazione l’Italia può soltanto rincorrere. In soli tre anni, con una spesa di “appena” 283 milioni di dollari, il Huajiang Canyon Bridge è arrivato al completamento strutturale e sarà aperto al traffico entro giugno 2025. Un ritmo impensabile in Occidente, dove vincoli ambientali, ricorsi legali e lungaggini burocratiche allungano i tempi di costruzione. Il governo cinese continua a perseguire un modello decisionale “top-down”: assunta la decisione, non saranno presenti ostacoli per condurla importo. Modus operandi che, alle nostre latitudini, potrebbe essere interpretato come dittatoriale, dal momento che sacrifica il consenso partecipato in nome della rapidità e dell’efficienza.

Il nuovo ponte sarà funzionale al collegamento più rapido di città strategiche come Guiyang, Anshun e Qianxinan, ridurrà i tempi di percorrenza da oltre un’ora a pochi minuti, facilitando il commercio, il turismo e l’integrazione regionale. Non va dimenticato che il Huajiang Canyon Bridge si inserisce anche nel mosaico della Belt and Road Initiative, il gigantesco progetto di espansione delle vie commerciali terrestri e marittime che punta a rinsaldare il ruolo egemonico della Cina sui mercati globali.

Perfino il profilo estetico del ponte, sottile e snello, è stato studiato per rispettare la straordinaria biodiversità del canyon, evitando piloni nel fiume e limitando l’impatto ambientale. Una scelta che, seppur in parte dettata da esigenze tecniche, prova a ristabilire un equilibrio tra progresso e natura.

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