“Abbiamo parlato delle tante criticità che interessano il nostro settore, ma anche di ciò che può aspettarci nel prossimo futuro”. Si dichiara soddisfatto il segretario di Fegica Antonino Munafò, dopo l’audizione in commissione Attività produttive all’Ars. Il sindacato, a cui aderiscono i gestori dei distributori di carburante in Sicilia, ha portato all’attenzione dei deputati regionali un documento di quattro pagine in cui si sintetizzano i problemi che minacciano l’attività del comparto, ma anche alcune soluzioni in vista della imprescindibile decarbonizzazione.
“Adesso bisogna trasformare la disponibilità ad ascoltarci in atti concreti”, dichiara Munafò al Quotidiano di Sicilia.
Ad accomunare il destino degli oltre duemila gestori delle pompe di benzina, tanto quelle di proprietà delle compagnie petrolifere quanto quelle dei retisti privati, è il tema dei contratti. “Gli accordi con cui i proprietari davano in comodato d’uso gratuito la gestione dei distributori – spiega il segretario di Fegica Sicilia – storicamente è stato del tipo 6+6 (il riferimento è alla durata in anni, ndr). Adesso invece si è cambiato indirizzo proponendo contratti di tre anni, con una serie di clausole che riteniamo vessatorie e illegali”.
“Non parliamo soltanto di aspetti di natura economica, ma di tutele ed è il motivo – sottolinea Munafò – per il quale in commissione ho parlato di introduzione del caporalato petrolifero. Le compagnie hanno tagliato il dialogo e c’è già chi ha anticipato che non rinnoverà gli accordi”. Da qui la proposta di istituire un tavolo permanente alla Regione: “Può essere la soluzione per far sì che si mantengano le condizioni di dialogo e non si perda l’attenzione su un settore che dà oggi lavoro a migliaia di persone”.
Parlare di carburanti oggi per di più significa ragionare su quanto costa fare un pieno. “Gli aumenti sono frutti di diversi fattori congiunturali ma a noi non comportano alcun vantaggio, tutt’altro – spiega Munafò –. I gestori guadagnano circa 3,5 centesimi al litro e chiaramente se i prezzi sono alti si riducono i consumi e dunque anche i nostri ricavi. Noi viviamo in un’isola in cui insistono le raffinerie, con i relativi danni sul fronte ambientale e sul rischio di esposizione all’insorgenza di malattie, eppure abbiamo tra i prezzi più alti d’Italia. In passato sono stati tanti ad annunciare l’intenzione di attuare misure che portassero alla defiscalizzazione del prezzo della benzina, sfruttando anche lo Statuto speciale, ma nulla è mai stato fatto”.
“In commissione – prosegue il segretario di Figeca Sicilia – abbiamo parlato anche di questo. I deputati si sono impegnati a redigere un atto di indirizzo per impegnare il Governo regionale a riaprire il dialogo con lo Stato su questo argomento. Bisogna capire però se verrà adottato dalla maggioranza dell’Ars”.
A fronte di un aumento dei prezzi diffuso, capita di imbattersi in distributori che sono in grado di applicare sconti non indifferenti, seppure in termini di una manciata di centesimi al litro. “Ad affliggere il nostro settore è anche il commercio illegale di prodotti petroliferi, alterati, immessi nel mercato con frodi sulle accise o provenienti da contrabbando – continua Munafò – Mi sento di dire che la nostra categoria è fatta di gente che si alza al mattino per lavorare onestamente, ma come in ogni settore c’è chi ci marcia e si rende disponibile a queste pratiche illegali”.
Il segretario di Figeca ammette in passato di essere stato tra quelli che hanno ricevuto la proposta di comprare prodotti di contrabbando: “Negli anni Novanta, in provincia di Messina, un uomo mi avvicinò per propormi l’acquisto di un prodotto al prezzo di duemila lire. Mentre io lo compravo a 5.500 per poi rivenderlo a settemila. Ho rifiutato, ma c’è chi invece di sì. Da parte mia non posso che suggerire di diffidare dai facili guadagni, anche perché una volta che si entra in certi sistemi criminali diventa difficile sfilarsi”.
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Problemi del comparto a parte, il futuro del pianeta dovrà essere caratterizzato da una decarbonizzazione sempre più urgente da raggiungere. “La transizione ecologica è un fatto ineluttabile, lo sappiamo anche noi ed è giusto che sia così. Proprio per questo, consapevoli che nel prossimo futuro il numero degli impianti di distribuzione calerà, abbiamo chiesto che venga istituito un fondo di solidarietà per coloro che verranno estromessi dal settore. Parliamo di persone che magari perderanno il lavoro a 55 anni, quando si è ancora lontani dalla pensione ma al contempo – conclude Munafò – troppo in là con l’età per riuscire a trovarne uno nuovo o reinventarsi”.