“La Sicilia potrebbe essere capofila nazionale della transizione ecologica” - QdS

“La Sicilia potrebbe essere capofila nazionale della transizione ecologica”

redazione

“La Sicilia potrebbe essere capofila nazionale della transizione ecologica”

Roberto Greco  |
mercoledì 29 Novembre 2023

Oggi ai Cantieri culturali alla Zisa di Palermo si apre la quinta edizione del Forum “Qualenergia”. Intervista al presidente regionale di Legambiente, Tommaso Castronovo: “Ad oggi il 70% della produzione elettrica nell’Isola proviene ancora da fonti fossili”

PALERMO – Si tiene oggi a Palermo, presso lo Spazio Mediterraneo dei Cantieri Culturali della Zisa, la quinta edizione del forum “Qualenergia”, organizzato da Legambiente e Kyoto Club. I temi su cui verte la giornata di studio sono la decarbonizzazione, la riqualificazione energetica degli edifici, lo sviluppo delle comunità energetiche, l’elettrificazione dei consumi, la Sicilia come area idonea per le rinnovabili e la presentazione di due startup siciliane che si occupano di ricerca e sviluppo nell’ambito della decarbonizzazione.

Interviene al QdS su questi, e altri, temi Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia.

Presidente Castronovo, partirei da una valutazione complessiva sullo stato dell’arte della riqualificazione energetica nell’isola…
“La situazione, al momento, è che siamo ancora molto dipendenti dal ‘fossile’. Il 70% della produzione elettrica sviluppata in Sicilia proviene da fonti fossili e solo il 30% proviene da fonti rinnovabili. Questo, purtroppo, fa capire come nonostante avessimo possibilità e potenzialità, nel corso di questi non si è premuto l’acceleratore per far sì che queste proporzioni si invertissero, cosa assolutamente praticabile nella nostra regione essendo quella più attrattiva dal punto di vista delle rinnovabili. Abbiamo sole, vento e acqua e questo insieme di elementi può fare della Sicilia un’isola sostenibile. Non c’è stata una visione, una pianificazione. Gli investimenti privati sono stati rallentati da diverse sindromi sui territori, da un apparato regionale farraginoso che ha ritardato le autorizzazioni richieste sia per quanto riguarda gli impianti industriali sia per quanto riguarda quanto richiesto dai semplici cittadini, quali mini eolico o tetti fotovoltaici, che sono sempre stati osteggiati da pareri e rilasci o tardivi o negati, soprattutto nell’ambito dei centri storici o in aree di ‘interesse naturalistico-ambientale’ ritenendo che non fossero integrabili con il paesaggio, dimenticando che lo sviluppo tecnologico fornisce le soluzioni che possono ben integrarsi con il paesaggio”.

Si nota una sorta d’inerzia anche nella realizzazione di pannellizzazione degli edifici pubblici, della costruzione di comunità energetiche…
“Se manca una spinta e una visione dal punto di vista politico-istituzionale e si continua ad alimentare diffidenza e ostacoli di carattere normativo e burocratico, quello che potrebbe essere, anche in termine economici, un vantaggio per i cittadini non è realizzato. Ricordo che, con il Conto Energia del 2013, il ritorno dell’investimento di un impianto fotovoltaico sul tetto era pari a 5 anni, dopo di ché la redditività era pari al 20/30% dell’investimento, numeri che nessun prodotto finanziario poteva garantire. Noi siciliani avevamo tutte le condizioni per realizzare questo investimento e sviluppare il massimo di redditività anche perché, proprio in Sicilia, la capacità produttiva di 1 KW è più efficiente che non in altre parti d’Italia. Nella vecchia programmazione, quella scaduta nel 2021, circa 800 milioni di euro previsti dal Por Fesr per lo sviluppo delle fonti rinnovabili in Sicilia, con particolare riguardo alla diffusione negli edifici pubblici sia comunali sia regionali, sono stati stornati perché non spesi. Non si sono fatti i bandi e, soprattutto, non si sono attivate le filiere industriali per lo sviluppo di un’industria delle rinnovabili in Sicilia. Questi fondi sono stati stornati su altri assi d’intervento e questo indica come si sia persa, negli ultimi dieci anni, una grande occasione. Per contro sono state introdotte diverse norme regionali che, di fatto, mettevano diversi paletti allo sviluppo dell’eolico e del fotovoltaico, al fine di creare una grande diffidenza nella loro applicazione. In realtà, chi lo fece, oggi gode di vantaggi competitivi anche dal punto di vista industriale, mentre i cittadini siciliani pagano bollette salate e soffrono a causa della chiusura di aziende e industrie”.

Che impatto sta avendo il cambiamento climatico sull’Isola?
“Proprio in questi giorni abbiamo pubblicato il rapporto ‘Città-clima’ in cui segnaliamo come la Sicilia sia stata la regione che ha più subito gli eventi estremi, frane e alluvioni, anche a causa dei cambiamenti climatici, dal quale si evince come non si sia in grado di realizzare interventi di adattamento che siano capaci di contrastarli e di come non si siano realizzati interventi di mitigazione, e questo è grave perché proprio la Sicilia avrebbe la possibilità di essere capofila nazionale nell’eliminazione delle emissioni di Co2, avendone le capacità ‘naturali’”.

Presidente, argomento non previsto dalla giornata di studi di oggi. In Commissione Ambiente regionale, sono stati approvati due emendamenti al Dl499 riguardanti una sanatoria, quello di Assenza, e quello proposto da Carta e Abbate che permette l’abbattimento e la riedificazione, anche con modifiche di cubatura e consumo di suolo, degli immobili costruiti ante 1976 presenti entro i 150 metri dalla battigia. Qual è la vostra posizione?
“C’è un’approssimazione di fondo da parte di questa classe politica siciliana ma anche di quella nazionale. Da diversi anni c’è la stessa maggioranza al governo regionale che ha dimostrato di non ritenere la tutela dell’ambiente elemento prioritario su cui costruire uno sviluppo sostenibile della nostra regione e anche questa sanatoria e questa liberalizzazione che aumenta la cementificazione lo dimostra. Lo si vede nelle tante inefficienze che riguardano la tutela delle acque e delle coste, la scarsa depurazione delle acque, la gestione di rifiuti, il trasporto pubblico di massa, sia locale sia regionale, l’inquinamento nei poli industriali. Fare l’elenco delle inefficienze e dei disservizi, cui dobbiamo sommare i disastri ambientali generati da una scarsa capacità di visione della gestione del territorio, dimostra che le diverse classi politiche che si sono avvicendate negli ultimi quarant’anni, per non fare sconti a nessuno, non hanno mai considerato la tutela dell’ambiente una priorità. Noi siamo riusciti a costruire, con grandi battaglie e proprio in questi quarant’anni, una maggiore tutela del territorio, ma ci siamo riusciti solo grazie ad una grande mobilitazione che ha messo la classe politica con le spalle al muro. Voglio ricordare il progetto del 1981 che prevedeva di ‘tagliare’ quella che oggi è la riserva naturale orientata dello Zingaro con un’autostrada. Da lì è partita l’istituzione di altri tre parchi naturali grazie a noi ma, e soprattutto, a diverse associazioni di cittadini che avevano l’obiettivo di tutelare questi territori. Purtroppo questo non è bastato per instillare nella classe politica il concetto di sviluppo sostenibile del territorio, delle capacità e possibilità che questo modello di sviluppo avrebbe potuto realizzare un sistema ecocompatibile che avrebbe migliorato la qualità della vita e la salute dei cittadini”.

Peraltro tra i problemi delle nostre cose c’è quello della grave erosione che interessa ampi tratti della Sicilia…
“Su questo il nostro monitoraggio è costante. Stiamo evidenziando, proprio a questo proposito, che per fronteggiare il problema generato dalle alluvioni l’intervento di pulizia dei corsi d’acqua non solo non è puntale ma nemmeno scientificamente utile per consentire la conservazione delle nostre coste perché si sottraggono al corso dei fiumi quei sedimenti necessari per costituire quelle barriere naturali necessarie anche per contrastare l’erosione costiera. Questa metodologia ‘approssimativa’ in realtà aumenta i danni ambientali, restituendoci una fascia costiera sempre più antropizzata su cui s’interviene in maniera poco attenta e poco sostenibile. Come già dicevo, è necessaria una visione d’insieme, che preveda di intervenire non attraverso comportamenti stagni perché l’ambiente è un sistema complesso e gli eco-sistemi lo sono altrettanto, con connessioni ambientali e naturali che richiedono capacità diverse, scientifiche e naturalistiche, la cui sinergia è fondamentale per la ricerca, lo sviluppo e l’attuazione delle soluzioni necessarie”.

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