Il presidente era accusato di una presunta fuga di notizie durante le indagini sul processo Montante.
Scatta la prescrizione per il reato di concorso esterno in associazione a delinquere e rivelazione di notizie riservate per il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani nell’ambito del processo sul sistema Montante.
Lo ha annunciato, a inizio udienza, il presidente del collegio del cosiddetto maxiprocesso di Caltanissetta al “cerchio magio” dell’ex presidente siciliano degli industriali Antonello Montante.
Sistema Montante, prescrizione per Schifani
Schifani è accusato di una presunta fuga di notizie durante le fasi delle indagini che svolgeva la Squadra mobile di Caltanissetta. Per la Procura di Caltanissetta le accuse nei confronti del presidente della Regione, Renato Schifani non sarebbero ancora prescritte. Il termine ultimo, secondo il pm Maurizio Bonaccorso scatterà il prossimo ottobre mentre per il tribunale, presieduto da Francesco D’Arrigo, la prescrizione è invece già scattata.
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La risposta dei legali
“Il nostro cliente si è sempre dichiarato totalmente estraneo ai fatti addebitati, non avendo mai avuto rapporti con Antonello Montante, così come palesemente risulta dagli atti processuali”, questo il primo commento dei legali del governatore Renato Schifani, gli avvocati Roberto Tricoli, Sonia Costa e Massimiliano Miceli.
“Il nostro assistito, a riprova della sua totale estraneità ai fatti, aveva chiesto di essere giudicato con rito immediato per potere ottenere celere conferma della sua innocenza dall’autorità giudiziaria del Tribunale di Caltanissetta. Tale istanza veniva accolta, tanto che il cinque dicembre del lontano 2018 si è celebrata la prima udienza del processo, ma, in quell’occasione, la Procura di Caltanissetta, con la condivisione del Collegio Giudicante, chiedeva la riunione del processo attivato con il rito speciale al troncone principale da tenersi con il rito ordinario nel quale risultavano imputati quindici persone, oggi trenta, a causa della successiva riunione con altro procedimento, i cui tempi si sono ampiamente dilatati – aggiungono – Il nostro assistito, pur potendo addurre varie ragioni di carattere sanitario (intervento al cuore) ed elettorali (regionali del 2022), non ha mai chiesto la sospensione del processo per legittimo impedimento, al fine di evitare la paralisi dello stesso e il danno conseguente a carico degli altri imputati aventi diritto alla celebrazione in giudizio entro ragionevoli tempi, così come sancito dall’Art. 111 della Costituzione”.
“Proprio sulla base di questo sacrosanto principio, il nostro assistito ha condiviso con i difensori di non potere non prendere atto della decisione del Tribunale, che è stata emessa oggi – concludono i legali che hanno assistito Schifani nell’ambito del processo Montante – Tutto ciò, dopo avere ampiamente dimostrato di non volersi sottrarre al giudizio del Tribunale con la richiesta di essere giudicato immediatamente, tenuto conto, peraltro, che la posizione del nostro assistito non è stata, ad oggi, neppure sfiorata nel corso della istruttoria dibattimentale”.
Il processo
Nel “maxiprocesso” sul sistema Montante sono alla sbarra, oltre all’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia, l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta, gli ex assessori Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, l’ex commissario Irsap Maria Grazia Brandara, gli imprenditori Giuseppe Catanzaro, Rosario Amarù e Carmelo Turco, Vincenzo Savastano vice questore aggiunto all’epoca dei fatti della Polizia nell’ufficio di frontiera di Fiumicino, Gaetano Scillia capocentro Dia di Caltanissetta dal 2010 al 2014, Arturo De Felice, direttore della Dia dal 2012 al 2014, Giuseppe D’Agata, colonnello dei carabinieri, e Diego Di Simone Perricone, ex capo della security di Confindustria. Ma anche l’ex direttore dell’Aisi Arturo Esposito, il caporeparto dell’Aisi Andrea Cavacece, il “re dei supermercati” Massimo Romano, il tributarista Massimo Cuva, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, il sindacalista Maurizio Bernava, gli imprenditori del settore sicurezza Andrea e Salvatore Calì, Rosetta Cangialosi, Carmela Giardina e Vincenzo Mistretta (tre dipendenti di Montante), il poliziotto Salvatore Graceffa; il dirigente di Confindustria Carlo La Rotonda; il maggiore della Guardia di Finanza Ettore Orfanello; il luogotenente Mario Sanfilippo e il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo.
Montante, secondo gli inquirenti, avrebbe messo in piedi un vero e proprio “sistema” di potere, ideato e attuato “grazie a una ramificata rete di relazioni e complicità intessuta con vari personaggi inseriti ai vertici dei vari settori delle istituzioni”. Inoltre, sarebbe stato al centro di una attività di dossieraggio realizzata, anche grazie a complicità eccellenti, attraverso l’accesso alla banca dati delle forze dell’ordine e finalizzata a ricattare “nemici”, condizionare attività politiche e amministrative e acquisire informazioni su indagini a suo carico. Grazie ai suoi contatti e all’influenza che esercitava in alcuni ambienti istituzionali, l’imprenditore avrebbe creato una sorta di rete spionistica: in cambio di favori, esponenti delle forze dell’ordine gli avrebbero dato informazioni su inchieste a suo carico, dritte sui “nemici”, consentito di avere pile di dossier su personaggi influenti.