Tornano le Province: una poltrona per… tutti - QdS

Tornano le Province: una poltrona per… tutti

Antonino Lo Re

Tornano le Province: una poltrona per… tutti

Elettra Vitale  |
sabato 18 Marzo 2023

A livello nazionale si va verso l’abrogazione della legge Delrio. In Sicilia invece è già pronto un apposito Ddl

ROMA – Si riaccendono i riflettori sulle Province, che giusto nove anni fa, furono abolite con la legge n. 56 del 7 aprile 2014, altresì nota come “Delrio” dall’omonimo senatore primo firmatario del relativo Ddl. Per una volta, però, a fare la “prima della classe” su questo fronte fu la nostra Sicilia in quanto ancor prima delle indicazioni nazionali la Regione, che ai tempi aveva alla sua guida Rosario Crocetta, aveva già dato l’addio ai suddetti enti territoriali con la Legge regionale n.8 del 24 marzo 2014.

Al posto delle Province regionali in Sicilia furono così istituiti i Liberi consorzi di Comuni e le Città Metropolitane, ovvero enti di secondo livello i cui vertici avrebbero dovuto essere eletti non dai cittadini bensì dagli amministratori dei comuni che li compongono. Una ristrutturazione che, di fatto, ha “tolto la poltrona” a circa 400 politici tra presidenti, assessori e consiglieri. Uno scenario da favola nella “sprecona” Sicilia, che secondo Crocetta avrebbe consentito di risparmiare fino a 130 milioni di euro l’anno.

Eppure, di fatto, la legge si è rivelata una linea più di forma che di sostanza. Più nello specifico, sono stati cambiati nomi e nomine ma è rimasto identico tanto l’ambito territoriale quanto la dotazione di personale e risorse. Le Province, infatti, hanno continuato a vivere nella veste di Liberi consorzi e Città Metropolitane e a erogare servizi tra cui quelli principali sono la manutenzione delle scuole e delle strade. A essere abolite sono state le nomine di primo livello, sostituite da quelle di secondo livello che però nell’Isola non sono mai avvenute finendo per mettere in mano tutta la gestione al commissario di turno.

A rilanciare il tema delle Province in Sicilia è stato proprio il nuovo numero uno di Palazzo d’Orleans, Renato Schifani, il quale lo scorso 3 marzo ha presentato un apposito Ddl di riforma: “Abbiamo avviato il percorso per la reintroduzione delle Province in Sicilia. La cancellazione degli Enti, fortemente voluta dal governo dell’epoca e rivendicata dalle forze che lo sostenevano nel Parlamento regionale partiva dal presupposto della riduzione dei costi della politica, ma ha determinato un vuoto nei processi decisionali e amministrativi che ha penalizzato in maniera evidente l’erogazione di servizi importanti per i cittadini e per la tutela del territorio”.

Ma prima c’è bisogno che si muova anche Roma. Il Ddl regonale è infatti subordinato all’abrogazione della già citata Delrio. E in tal senso le strategie di Regione e Governo sembrano camminare su binari paralleli: a gennaio il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, in occasione di un incontro con il Comitato direttivo dell’Unione province d’Italia (Upi) ha espressamente indicato la direzione del Governo, orientata all’abolizione dell’attuale normativa. Sul tavolo ci sono ben cinque Ddl dalla cui commistione e revisione si cercherà di individuare la formula migliore. Tutto ciò perché il paventato risparmio derivato dall’abolizione degli Enti, stando alle stime dell’Upi, avrebbe nei fatti permesso un taglio di “appena 26 centesimi per ogni cittadino” come illustrato nel dossier “Le Province oggi e domani”, redatto nel 2019.

Come si legge nel rapporto, infatti, raffrontando “l’unico risparmio della Legge 56/14 accertato, i 52 milioni di cancellazione dell’indennità degli organi politici con l’aumento di 36 milioni dei costi del personale transitato nelle Regioni e nei ministeri (oltre 12.000 ex dipendenti provinciali che hanno avuto un premio di produttività in media più alto di 3.000 euro), la differenza è un risparmio di 16 milioni, pari allo 0,001 della spesa pubblica e quindi a 26 centesimi annui per ogni italiano”.
“Di contro – ha evidenziato l’Upi – la riforma ha provocato un taglio ‘drammatico’ alle risorse che ha praticamente bloccato per cinque anni la manutenzione ordinaria dei 130 mila chilometri di strade e dalle oltre 7.000 scuole secondarie superiori in gestione: con – 43% alla spesa corrente e -71% di risorse per gli investimenti dal 2013 al 2018”.

Insomma, un tuffo nel passato per il Belpaese e ancor più per la nostra Regione, in cui vige il caos considerato che i suddetti enti sono commissariati dal lontano 2013. L’Isola, dunque, come previsto dal Ddl tornerà a contare sei Province più tre Città Metropolitane, ovvero Catania, Messina e Palermo. Schifani sembra da subito voler scongiurare le preoccupazioni sui costi della manovra, rassicurando tutti sul fatto che “il numero dei consiglieri e degli assessori sarà inferiore rispetto al passato”.
Stando alla proposta regionale, infatti, oltre ai nove presidenti per le province con popolazione superiore al milione di abitanti sono previsti massimo nove assessori e 36 consiglieri; per quelle tra un milione e 500.000 di abitanti, fino a sette assessori e 30 consiglieri; quelle con meno di 500.000 abitanti potranno avere massimo sei assessori e 24 consiglieri.

Numeri alla mano, insomma, si tratterebbe di reintrodurre nella nostra regione ben 316 poltrone. Dati non da poco, che sembrano andare in una direzione completamente opposta rispetto alla tanto agognata “spending review”. A voler fare una stima, potremmo considerarla una manovra che potrebbe costare circa 5,2 milioni l’anno.

Una cifra che tiene conto esclusivamente dei fondi necessari a sostenere le nuove cariche politiche di presidenti e assessori. Se infatti l’impianto dovesse essere restaurato in toto così come nel passato, è possibile già prevedere il peso economico che la Regione dovrà affrontare annualmente per tenere in vita le rinnovate cariche elettive.

Per il meccanismo di calcolo abbiamo fatto riferimento al decreto presidenziale n. 19 del 2001 della Regione Sicilia, con il quale è stato reso esecutivo l’articolo 19 della Lr 30/2000. Quest’ultima infatti, ha individuato le linee guida per le “indennità di funzione e gettoni di presenza degli amministratori locali”. Per quanto riguarda invece gli importi che dovrebbero essere corrisposti a presidenti e assessori, abbiamo fatto riferimento ai commi da 583 a 587 della legge n. 234 del 30 dicembre 2021, recepita in Sicilia con Lr 13 /2022. Quest’ultima ha previsto un incremento delle indennità di funzione degli amministratori locali a tutti i livelli.

Per i sindaci delle Città Metropolitane il compenso ammonta a 13.800 euro lordi mensili. Nel caso dei comuni capoluogo di provincia (oltre 100 mila abitanti), invece, l’indennità è pari a 11.040 euro al mese.
Prima della trasformazione del 2014, ai presidenti delle Province siciliane doveva essere corrisposta un’indennità equivalente a quella del sindaco del comune capoluogo di provincia. Se il meccanismo fosse confermato anche per le “nuove” Province si tratterebbe di una cifra che complessivamente, per i soli nove presidenti, sarebbe pari a 107,6 mila euro al mese, il che vuol all’incirca 1,3 milioni l’anno.

A questo vanno aggiunti i costi per sostenere gli assessori, il cui compenso è pari al 65% di quello del presidente. Stando al nuovo Ddl, dunque, a Catania e Palermo sono previsti 9 assessori, 7 nel caso di Messina. Considerando uno stipendio medio pari a 8.970 euro lordi al mese, arriviamo a 224 mila euro al mese (ovvero 2,7 milioni all’anno) per le sole tre Città Metropolitane. Per le altre sei province, invece, che registrano meno di 500 mila abitanti, è prevista la presenza di 6 assessori. Il 65% del compenso del sindaco, in questo caso, è pari a 6.760 euro al mese. Il calcolo complessivo delle indennità per i 36 assessori delle sei Province è pari a 243 mila euro al mese, ovvero 2,9 milioni di euro annui.
Soltanto presidenti e assessori costerebbero ogni anno in Sicilia 4,2 milioni di euro. Ma occorre poi calcolare anche i Consigli provinciali e qui le cose si fanno più complesse.

Se consideriamo anche i gettoni di presenza, ipotizzando la partecipazione dei 246 consiglieri provinciali anche soltanto a due sedute al mese con un corrispettivo medio di 100 euro (in ogni caso stime viste al ribasso), possiamo prevedere una spesa di circa un milione di euro l’anno. Sommando le tre voci precedentemente elencate arriviamo al totale, già anticipato, di una spesa da 5,2 milioni l’anno per i soli organi politici.

Questo soltanto il dato Siciliano. Se invece ampliamo il ragionamento a livello nazionale, il ministero dell’Interno ha già calcolato, a seguito della possibile abrogazione della Delrio, una spesa annua pari a 223 milioni di euro. Un bel respiro di sollievo per una classe politica alla ricerca di nuovi incarichi. Con il ritorno delle Province, insomma, è pronta una poltrona… per tutti.

Tag:

Articoli correlati

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017