Pa, promuovere chi fa, licenziare chi disfa - QdS

Pa, promuovere chi fa, licenziare chi disfa

Carlo Alberto Tregua

Pa, promuovere chi fa, licenziare chi disfa

venerdì 02 Aprile 2021

La classe dirigente deve guidare

Nella Pubblica amministrazione è ignorato l’articolo 54 della Costituzione, il quale prevede che: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore…”.
Vorremmo chiedere ai lettori se hanno consapevolezza che i cosiddetti servitori dello Stato, appunto adempiano alle loro funzioni con disciplina e onore.
Quando il ministro della Pa dell’epoca, Renato Brunetta – oggi confermato con lo stesso incarico – voleva istituire le tre faccette (di colore verde, giallo e rosso) in totem da ubicare presso gli sportelli pubblici – cosicché i cittadini all’uscita avrebbero potuto dichiarare la propria soddisfazione o insoddisfazione schiacciando una delle tre faccette – si verificò una levata di scudi dal sindacato perché i dipendenti pubblici non intendono essere valutati per la qualità del loro lavoro, come se i cittadini che gli pagano gli stipendi non avessero il diritto di sapere se sono bravi o fannulloni.
Ora Brunetta dovrebbe rimettere mani alla riforma della Pa, non sappiamo con quali intendimenti, perché non lo ha ancora comunicato.

Leggendo il Contratto Nazionale di Lavoro dei Dirigenti e quello dei dipendenti, ci siamo accorti della genericità delle norme presenti, che non indicano mai con chiarezza la metodologia necessaria di un’organizzazione efficiente, che poggi su piani razionali e obiettivi da raggiungere, determinando i modi e i tempi.
La genericità dei contratti consente qualunque arbitrio e qualunque confusione fra chi lavora bene e chi lavora male, fra chi si sacrifica e chi va negli uffici solo per far passare il tempo.
E invece i contratti dovrebbero determinare regole precise, in modo da consentire di promuovere chi fa e di licenziare chi disfa. Questa dovrebbe essere la regola delle regole.
La illicenziabilità di fatto di dirigenti e pubblici dipendenti non consente l’attuazione della sanzione, che dovrebbe essere bilanciata dai premi. Però, mentre di sanzioni non se ne parla se non in casi eccezionali, i premi (vedi caso) vengono liquidati regolarmente ogni anno. A prescindere…
Forse siamo ripetitivi nel ricordare la necessità di far funzionare bene (finalmente) la Pubblica amministrazione. E confermiamo la necessità che essa sia il traino, la locomotiva del sistema economico nazionale e non la zavorra, come è in atto.
Un piano organizzativo efficiente, preciso e ben delineato apporterebbe un valore aggiunto al Pil, perché finalmente i fascicoli sarebbero evasi con puntualità e con certezza, mentre nelle attuali condizioni cittadini e imprese non sanno mai quando le loro richieste saranno evase, positivamente o negativamente, nonostante termini inseriti nelle leggi, quasi mai rispettati.
La Pubblica amministrazione italiana non è al livello di quella francese, perché nel Paese transalpino i dirigenti escono dall’Ena (École nationale d’administration), dalla quale sono usciti anche diversi presidenti della Repubblica. Inoltre, il popolo francese da oltre cinquecento anni ha il senso dello Stato e dell’appartenenza, non è come il nostro Paese, formato da un insieme di etnie profondamente diverse e quindi non ancora amalgamate nonostante l’Unità d’Italia.

L’onere del lavoro duro e onesto non è sentito nella maggior parte dei casi da dirigenti e dipendenti pubblici, perché sono abituati a ricevere il loro stipendio e altre prebende indipendentemente dall’efficacia del loro lavoro.
Richiamiamo questi valori perché dovrebbero essere alla base di qualunque cosa si faccia in una comunità. Quando si perdono di vista i valori, non può che esserci il caos e lo sbandamento del sistema, come sta avvenendo nel nostro Paese.
I fenomeni indicati sono più accentuati nel Meridione per effetto di una maggiore povertà e di un’ignoranza estesa, secondo cui è diffusa una mentalità accattona e non orgogliosa dell’espressione dei propri territori.
In questo quadro, ha una grandissima responsabilità la classe dirigente, sociale, politica ed economica che non ha la capacità e la forza morale di imporre a dirigenti e dipendenti pubblici un sistema efficiente di funzionamento al mero servizio dei cittadini. Punto.

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