Terza dose, effetti collaterali, sintomi, cosa fare in caso di febbre - QdS

Terza dose, effetti collaterali, sintomi, cosa fare in caso di febbre

Luigi Ansaloni

Terza dose, effetti collaterali, sintomi, cosa fare in caso di febbre

sabato 09 Ottobre 2021

Nella maggior parte dei casi infatti si tratta di eventi avversi non gravi, che appunto si manifestano con febbre, cefalea, dolori muscolari o articolari, dolore in sede di iniezione, brividi e nausea

Quali sono gli effetti collaterali della terza dose? Come le prime due? Mi debbo preoccupare?

Il governo ha dato via alla terza dose di vaccino anche per gli over 60 e i soggetti fragili e le domande non sono poi troppo cambiate.

GLI EFFETTI COLLATERALI

Gli effetti collaterali della terza dose del vaccino anti-Covid di Pfizer sono “simili o minori” rispetto alla seconda somministrazione, sia dalle evidenza della (ancora poche) vaccinazioni in terza dose fatte in Italia, sia da una ricerca condotta in Israele, tra i primi Paesi ad aver completato la campagna vaccinale e attualmente già in piena fase terza dose, che finora ha interessato circa mezzo milione di persone.

In base ai risultati di persone che hanno ricevuto la dose tra il 31 luglio e il 1 agosto (nel paese euroasiatico, non in Italia), l’88% dei partecipanti ha riportato “una sensazione simile o migliore” rispetto a quella avuta dopo la seconda dose, con il 31% delle persone che ha affermato di avere avuto effetti localizzati come dolore o gonfiore al sito di iniezione.

Circa il 15% delle persone ha riportato altri sintomi come stanchezza, dolori muscolari o febbre. Meno dell’1% ha segnalato difficoltà respiratorie o dolori al petto. Insomma, come la prima e la seconda dose.

QUANDO LA FEBBRE DEVE PREOCCUPARE

Nella maggior parte dei casi infatti si tratta di eventi avversi non gravi, che appunto si manifestano con febbre, cefalea, dolori muscolari o articolari, dolore in sede di iniezione, brividi e nausea.

In linea di massima gli effetti collaterali si verificano lo stesso giorno della somministrazione o al più il giorno successivo e si risolvono nel giro di 24/48 ore senza lasciare alcuna traccia.

Proprio per questo motivo non è necessario allarmarsi. Il consiglio generale è quello di utilizzare un semplicissimo antinfiammatorio e antipiretico.

Dopo la vaccinazione tutte le persone restano in osservazione per almeno 15 minuti dopo la vaccinazione, che diventano 60 minuti nel caso in cui vi sia la presenza di fattori di rischio per reazioni allergiche gravi, al fine di verificare che non vi siano reazioni di tipo anafilattico.

Nel caso in cui si continui ad avere la febbre elevata e persistente per diversi giorni, o altri sintomi ritenuti preoccupanti sarà necessario contattare il proprio medico curante.

LA DURATA DEGLI ANTICORPI NEL VACCINI

Almeno sei mesi. È questo l’intervallo minimo dopo il completamento del ciclo primario di vaccinazione anti-Covid che devono rispettare, per assumere la terza dose, i ‘fragili’ e gli over 60, le nuove categorie per cui una circolare del ministero della Salute ha dato ieri via libera alla vaccinazione booster.

Il periodo di sei mesi è infatti quello più indicato dalle aziende farmaceutiche come il limite di efficacia massima del vaccino. Da Pfizer a Moderna, a AstraZeneca a Johnson & Johnson, in linea generale tutte si dicono favorevoli alla terza dose: se infatti, dopo 6 mesi, la protezione per le forme gravi della malattia risulta pressoché invariata, successivamente la terza dose potrebbe garantire una maggiore protezione anche dalle forme lievi della malattia.

Ecco, per le 4 aziende, l’immunità dei loro vaccini in base agli ultimi studi disponibili e diffusi nell’ultimo periodo

PFIZER-BIONTECH

Due dosi del vaccino anti-Covid dell’azienda americana sono efficaci al 90% contro i ricoveri per Covid-19 per tutte le varianti, inclusa la Delta, per almeno sei mesi. La conferma in un nuovo studio del Kaiser Permanente Southern California (KPSC) health system e Pfizer pubblicato sulla rivista The Lancet. Questi risultati, si legge nello studio, sono coerenti con i rapporti preliminari dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) e del ministero della Salute israeliano, che hanno riscontrato riduzioni di efficacia del vaccino BNT162b2 contro l’infezione dopo circa sei mesi. Secondo un rapporto dell’azienda americana inviato alla Fda, l’immunità alle forme leggere o moderate di Covid, scende notevolmente tra i 6 e gli 8 mesi dopo la seconda dose di Pfizer. Anche senza il ‘booster’ la protezione del suo vaccino rimane però forte nei confronti dei rischi di malattia grave.

MODERNA

A sei mesi dalla seconda dose, il vaccino anti-Covid dell’azienda americana continua a proteggere da almeno 6 varianti, compresa la Delta. A indicarlo la ricerca pubblicata sulla rivista Science dal gruppo dell’istituto americano Niaid (National institute of allergy and infectious diseases) guidato da Amarendra Pegu. Ed è di almeno 6 mesi la protezione del vaccino a un dosaggio più basso (un quarto) di quello standard. Lo studio non dimostra però che un dosaggio più basso del vaccino di Moderna offra la stessa protezione di quello standard. Lo spiegano sulla rivista Science i ricercatori del La Jolla Institute for Immunology. In Europa la terza dose per immunocompromessi over 12 è stata autorizzata dall’Ema. Un numero crescente di studi, ha rilevato l’azienda, ha dimostrato il beneficio di una terza dose di vaccino Covid-19 in soggetti immunocompromessi. In particolare un recente studio in doppio cieco su 120 soggetti.

ASTRAZENECA

Il ciclo completo del vaccino, in base alla sorveglianza condotta in Inghilterra su un ampio campione di popolazione i cui risultati sono stati resi noti dalla Fnomceo (gli ordini dei medici), rispetto alla variante Delta garantisce un’efficacia del 67% (era del 74,5% contro la variante alfa). Una singola dose serve invece a poco, con un’efficacia di poco superiore al 30%. Un fattore importante, continua, è anche l’età.

JOHNSON & JOHNSON

Il richiamo a sei mesi per il vaccino contro il Covid di Johnson & Johnson aumenta di 12 volte il livello di anticorpi. Dopo 2 mesi, invece, il livello di anticorpi ha un incremento di 4 volte e la protezione arriva al 94%. Lo fa sapere la stessa azienda farmaceutica, che ha illustrato i nuovi dati sul vaccino in base a uno studio condotto negli Stati Uniti che ha incluso 390mila persone che hanno ricevuto il vaccino di Johnson&Johnson e circa 1,52 milioni di persone non vaccinate da marzo a fine luglio 2021. Il vaccino a dose singola di Johnson & Johnson, ricorda l’azienda, ha dimostrato un’efficacia del 79% per le infezioni e dell’81% per i ricoveri legati al Covid.

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