Ecco quando le donne vanno in pensione in Italia

Ecco quando le donne vanno in pensione in Italia: tutto quello che c’è da sapere

Stefano Scibilia

Ecco quando le donne vanno in pensione in Italia: tutto quello che c’è da sapere

Redazione  |
martedì 17 Settembre 2024

Le principali differenze con gli uomini

Gli ultimi dati dell’Inps riportano che l’età media con cui le donne vanno in pensione è di 64 anni e 7 mesi. Si tratta di un dato dovuto anche a quelle misure di flessibilità che consentono di smettere di lavorare in anticipo rispetto a quanto previsto dalla pensione di vecchiaia. Nonostante le varie riforme intervenute in questi anni, a regolamentare l’accesso alla pensione è ancora la legge Fornero del 2011, con la quale i requisiti per la pensione di vecchiaia sono stati equiparati per uomini e donne. Più nel dettaglio, salvo il caso particolare della pensione anticipata dove per le donne è richiesto un anno in meno di contributi, oggi non ci sono differenze tra età e contributi richiesti a lavoratori e lavoratrici.

Pensioni, differenze tra uomo e donna

Le differenze legate all’età di pensionamento tra donne e uomini sono suddivise nella seguente modalità:

  • Pensione di vecchiaia, 67 anni di età e 20 anni di contributi. Per chi ha una percentuale di invalidità di almeno l’80%, l’accesso alla pensione di vecchiaia avviene a 61 anni per gli uomini, 56 anni per le donne;
  • Pensione di vecchiaia (opzione contributiva), 71 anni di età e 5 anni di contributi;
  • Pensione anticipata (opzione contributiva), 64 anni di età e 20 anni di contributi, oltre a un assegno pari o superiore a 3 volte il valore dell’assegno sociale.
  • Pensione anticipata: consente indipendentemente dall’età anagrafica di andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

Per i cosiddetti lavoratori precoci, ambosessi, disoccupati, invalidi, caregiver o lavoratori usuranti, invece, sono sufficienti 41 anni di contributi grazie alla cosiddetta Quota 41. Infine, eccezionalmente nel 2024 c’è Quota 103, dove l’accesso alla pensione si raggiunge con almeno 62 anni di età e almeno 41 anni di contributi.

Pensioni, donne con figli

Esiste un’agevolazione per le donne con figli che consente loro di smettere di lavorare anche con un assegno più basso rispetto a quello richiesto alla generalità dei lavoratori, ma non si tratta dell’unico incentivo previsto per questa categoria, poiché viene anche riconosciuto l’accesso alla pensione di vecchiaia, compresa quella contributiva, come pure per la pensione anticipata contributiva, uno sconto sull’età anagrafica di 4 mesi per ogni figlio, fino a un massimo di 12 mesi. Di fatto una lavoratrice con 3 figli, quindi, potrebbe smettere di lavorare già a 63 anni se soddisfa i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata contributiva, o comunque con un anno di anticipo rispetto ai 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia.

Pensioni, Opzione Donna

Per poche migliaia di lavoratrici hanno ancora la possibilità di andare in pensione con Opzione Donna, con l’ultima legge Bilancio però ne ha ridotto ulteriormente la platea, stabilendo che per andare in pensione con Opzione donna bisogna aver raggiunto entro il 31 dicembre 2023 i seguenti requisiti:

  • Età anagrafica pari a 61 anni, 60 anni nel caso delle lavoratrici con un figlio, 59 anni per quelle con almeno 2;
  • 35 anni di contributi.

Inoltre, bisogna ritrovarsi in almeno una tra le seguenti condizioni:

  • Caregiver, ossia assistono da almeno 6 mesi (calcolati dalla data di presentazione della domanda) il coniuge, la parte dell’unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (ai sensi dell’articolo 3, comma 3, Legge 5 febbraio 1992 numero 104) ovvero un parente o affine di secondo grado convivente, qualora i genitori, il coniuge o la persona unita civilmente del soggetto con handicap abbiano compiuto i 70 anni di età ovvero siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o deceduti o mancanti
  • Invalidità di almeno il 74%;
  • Lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy per la gestione della crisi aziendale.

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