Quattordicesima in maternità: a chi spetta e a quanto ammonta

Quattordicesima in maternità: a chi spetta e a quanto ammonta l’importo

Daniele D'Alessandro

Quattordicesima in maternità: a chi spetta e a quanto ammonta l’importo

Redazione  |
domenica 16 Giugno 2024

A chi spetta la quattordicesima durante la maternità? E come viene calcolato l’importo? Tutto ciò che c'è da sapere

Sta per arrivare la quattordicesima mensilità laddove prevista dal contratto collettivo nazionale di riferimento. Una mensilità aggiuntiva che spetta a tutti i lavoratori impiegati dall’azienda, anche a quelli che risultano momentaneamente assenti. Come, ad esempio, le lavoratrici in maternità, le quali però rischiano di ricevere una spiacevole sorpresa dal pagamento della quattordicesima in quanto più basso rispetto a quello atteso. Il motivo risiede in un dettaglio dell’indennità sostitutiva di maternità erogata dall’Inps durante il congedo. Molte lavoratrici, infatti, non si rendono conto che nelle mensilità percepite è già compreso il rateo di quattordicesima (e anche quello di tredicesima). Un aspetto che incide, e non poco, sull’importo del trattamento.

La quattordicesima matura anche durante la maternità

Per fare chiarezza su quanto spetta di quattordicesima durante la maternità, o anche per quelle lavoratrici che sono appena rientrate al lavoro, bisogna fare chiarezza sul fatto che anche durante il congedo la lavoratrice matura i singoli ratei della mensilità aggiuntiva. Il diritto alla quattordicesima matura in costanza di lavoro nel periodo che va, solitamente, da luglio a giugno dell’anno successivo. A seconda di quanti sono i mesi lavorati in tale periodo spettano tanti ratei di quattordicesima. Per la lavoratrice impiegata da più di 1 anno in azienda, quindi, spetta la quattordicesima per intero, mentre per quella assunta a gennaio viene riconosciuta la metà dell’ultima retribuzione percepita.

Quando viene pagata la quattordicesima in maternità

In quest’ambito, occorre distinguere i ratei di quattordicesima maturati quando si era ancora al lavoro da quelli che invece riferiscono nei periodi indennizzati. I Contratti collettivi nazionali del lavoro che la prevedono stabiliscono, di solito, che la quattordicesima deve essere pagata a luglio. E così vale anche per le lavoratrici assenti per maternità, alle quali i datori di lavoro pagano la quattordicesima maturata nei mesi di lavoro contestualmente a quella degli altri colleghi. Diverso il caso dei periodi indennizzati. Si ricorda, infatti, che nel periodo di astensione obbligatoria si ha diritto all’80% della retribuzione media globale giornaliera comprensiva dei ratei di tredicesima e quattordicesima. I ratei di quattordicesima per i mesi di assenza, quindi, sono già compresi nel calcolo dell’indennità percepita che, ricordiamo, alcuni contratti di lavoro stabiliscono che i datori di lavoro devono integrarla di un ulteriore 20% in modo da non comportare penalizzazioni in busta paga. Ovviamente, come stabilito ad esempio dal Ccnl Commercio, non spetta alcuna maggiorazione laddove l’indennità ricevuta abbia lo stesso importo della retribuzione che sarebbe stata percepita nel caso in cui la lavoratrice avesse lavorato.

Perché la quattordicesima è più bassa in presenza di un periodo coperto da maternità

Nel caso in cui nell’arco temporale preso in considerazione per il calcolo della quattordicesima, appunto tra luglio e giugno dell’anno successivo, ci sia quindi un periodo coperto da indennità di congedo di maternità, la quattordicesima spetta e viene pagata regolarmente, ma l’importo percepito può risultare più basso. Non perché la quattordicesima sia stata tagliata, ma solo perché i ratei maturati durante l’assenza sono stati retribuiti mensilmente all’interno dell’indennità erogata dall’Inps. Lo stesso vale per la tredicesima. Ecco perché, ad esempio, una lavoratrice con stipendio netto di 1.500 euro con 5 mesi di congedo di maternità potrebbe ricevere una quattordicesima più bassa di circa la metà dell’importo solitamente spettante. Soldi che non sono andati persi, ma riconosciuti dall’Inps (e il restante 20% integrato solitamente dal lavoratore).

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