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Rayan come Alfredino, il video della tragedia e che ha spento la speranza

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Rayan come Alfredino, il video della tragedia e che ha spento la speranza

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domenica 06 Febbraio 2022

Rayan, il bimbo di cinque anni caduto in un pozzo nel nord del Marocco martedì, «è morto a seguito delle ferite riportate»

Rayan, il bimbo di cinque anni caduto in un pozzo nel nord del Marocco martedì, «è morto a seguito delle ferite riportate». E’ quanto si legge nel comunicato ufficiale della Casa Reale con cui viene data la notizia delle condoglianze del re Mohammed VI ai genitori del piccolo. Il corpo di Rayan è stato estratto nella serata di ieri dopo cinque giorni.

La tragedia

il piccolo Rayan Awram è stato estratto senza vita dai soccorritori nel Nord del Marocco. Per salvare il piccolo non si è arrivati in tempo. Non è bastata la massiccia operazione di soccorso messa in piedi dal Marocco, come pure le preghiere di tutto il Paese radunatosi intorno a quel buco che lo aveva inghiotto. Alla fine di un’operazione dai contorni ancora da chiarire – fino all’ultimo si è creduto che il bimbo fosse ancora vivo – una nota ufficiale del Palazzo Reale del Marocco ha spento ogni entusiasmo, comunicando il decesso del bimbo. Il re Mohammed VI ha telefonato ai genitori per porgere le proprie condoglianze.

La storia di Alfredino

Era la sera del 10 giugno 1981, quando il papà di Alfredino allertò le forze dell’ordine perchè il figlio non era rientrato a casa. Iniziarono subito le ricerche. A mezzanotte dal pozzo artesiano un flebile voce: «Aiuto mamma» e immediatamente partirono le operazioni di soccorso. Il pozzo in cui era caduto il bambino era profondo circa 80 metri, i soccorsi apparvero da subito molto complessi.

Si tentò di tutto: prima venne calata una tavoletta di legno per consentire al piccolo di aggrapparsi ma rimase incastrata a 24 metri, poi si decise di iniziare a scavare due tunnel, uno verticale e uno orizzontale. Alfredino riusciva a comunicare con la madre e i soccorritori, ma con le ore le sue condizioni iniziavano a peggiorare. Sul posto arrivò anche l’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini.
I tunnel furono scavati in tempi record, ma una volta giunti all’altezza in cui si sarebbe dovuto trovare il bimbo, i soccorritori si resero conto che era scivolato ulteriormente, a oltre 60 metri. I soccorritori e l’Italia intera non si arresero e si tentò ancora: Angelo Licheri, un volontario, si calò nel pozzo, appeso a una corda, a testa in giù. Per 45 minuti parlò con Alfredino: «Gli ho pulito bocca e gli occhi dal fango» raccontò tempo dopo l’uomo. Ci ha provato in tutti i modi ma alla fine «ho dovuto arrendermi, gli ho mandato un bacio e sono tornato su». L’ultimo disperato tentativo fu quello dello speleologo Donato Caruso che lo raggiunse senza riuscire a prenderlo. Dopo tre giorni di tentativi a vuoto, il 13 giugno, il cuore di Alfredino cessò di battere: fu recuperato dai minatori l’11 luglio successivo.

“Un fatto di morte”

“Volevamo vedere un fatto di vita, e abbiamo visto un fatto di morte. Ci domanderemo a lungo a cosa è servito tutto questo, che cosa abbiamo voluto dimenticare, che cosa ci dovremmo ricordare, che cosa dovremo amare, che cosa dobbiamo odiare. E’ stata la registrazione di una sconfitta, purtroppo: 60 ore di lotta invano per Alfredo Rampi”. Con queste parole, oltre 40 anni fa il giornalista, Giancarlo Santalmassi, durante l’edizione straordinaria del TG2 del 13 giugno 1981 annunciò il tragico epilogo della tragedia di Vermicino.

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