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Redditi bassi e povertà alta, le famiglie siciliane al collasso dopo 15 anni tra crisi e shock economici

Redditi bassi e povertà alta, le famiglie siciliane al collasso dopo 15 anni tra crisi e shock economici

Più di una famiglia su tre vive in condizioni di povertà assoluta o grave disagio: l’Istat rivela il quadro disastroso che si è delineato negli ultimi 15 anni.

La Sicilia resta una delle regioni più povere d’Italia. Lo dicono i recenti dati pubblicati da Istat e provenienti ministero dell’Economia e delle finanze. Tra il 2008 e il 2023, l’Isola ha attraversato crisi economiche globali e shock pandemici, e i numeri mostrano in maniera netta l’immagine di una regione ancora in difficoltà, con redditi bassi e disuguaglianze sociali marcate. Nel 2023 oltre il 60% delle famiglie siciliane si collocava nelle fasce di reddito basso o medio-basso, contro una media nazionale del 35%. Più di una famiglia su tre vive in condizioni di povertà assoluta o grave disagio, una cifra che raggiunge il 32,2% per la fascia più povera, quasi il doppio della media italiana.

In questi 15 anni presi in analisi, il numero dei contribuenti siciliani si è ridotto di ben 52mila unità, in controtendenza con il resto della penisola, dove invece è cresciuto in maniera importante.

Redditi bassi, le famiglie siciliane sempre più povere

Nonostante l’ammontare totale dei versamenti nel 2023 nell’Isola sia cresciuto, la differenza con quanto pagato nel 2008 è veramente misera, appena 1,9 miliardi di euro, e tale valore è ancora più preoccupante rispetto a quanto successo in tutta Italia, a dimostrazione della irrisoria crescita delle entrate dei siciliani dall’inizio del terzo millennio. L’importo siciliano, infatti, corrisponde ad appena il 3,8% del totale registrato in Italia. Ad esempio, il Piemonte, regione del Nord che conta un numero di abitanti vicino a quello isolano, ha registrato una differenza in 15 anni di oltre 3,5 miliardi di euro, partendo da una base annua di versamenti doppi rispetto a quelli siciliani. Il quadro delineato racconta una Sicilia dove crescere è più difficile, dove ogni crisi pesa di più e dove il tessuto economico locale fatica a sostenere famiglie e giovani.

Il Mezzogiorno registra redditi molto più bassi del Nord

La pandemia ha accentuato queste fragilità: nel 2021 le famiglie italiane percepivano un reddito medio netto di 33.798 euro all’anno, ma nel Mezzogiorno, e in Sicilia, i redditi erano circa un quarto più bassi rispetto al Nord-est. Questo divario si riflette anche nel gettito fiscale: tra il 2008 e il 2023 l’Irpef nazionale è cresciuta da 157 a 207 miliardi di euro, trainata soprattutto dal Centro-Nord. Il divario tra Sicilia e Nord Italia resta netto, anche se negli ultimi anni si è parzialmente ridotto.

Nel 2014 il gap tra i redditi delle Isole e quelli del Nord-est era del 33,9%. Nel 2023 la distanza più ampia, tra Nord-ovest e Sud, è ridotta al 26%. Al Nord le famiglie hanno redditi più alti, maggiore stabilità economica e una quota consistente di contribuenti nelle fasce medio-alte. In Sicilia domina la fascia bassa, con redditi insufficienti a garantire una buona qualità della vita.

I bassi salari hanno risvolti negativi anche a livello sociale

Questo divario influenza anche le possibilità di investimento e sviluppo locale, e determina una differenza strutturale nella qualità dei servizi, dall’istruzione alla sanità. Poi, il mercato del lavoro per i giovani siciliani rappresenta un’emergenza. Nel 2023 il 27,9% dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni non studiava, non lavorava e non partecipava a formazione. Il problema non è solo economico, ma anche sociale. Ogni anno migliaia di giovani lasciano l’Isola alla ricerca di lavoro, impoverendo il tessuto produttivo. La combinazione di redditi bassi, alta disoccupazione giovanile e povertà diffusa crea un circolo vizioso difficile da rompere senza interventi mirati. Questi numeri, pur in calo rispetto al 2019, restano 11,8 punti superiori alla media nazionale. Nonostante le difficoltà, l’Isola ha mostrato qualche segnale di vitalità. Nel 2022 e nel 2023 il Prodotto interno lordo regionale è cresciuto più della media nazionale: +3,8% contro +3,1% e +3,9% contro +2,4%.

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