Reddito di cittadinanza, l’assistenzialismo puro fa flop - QdS

Reddito di cittadinanza, l’assistenzialismo puro fa flop

redazione

Reddito di cittadinanza, l’assistenzialismo puro fa flop

giovedì 26 Maggio 2022

Le proposte di Meritocrazia Italia: “Più controlli, non dovrà durare più di 18 mesi, riorganizzare subito i Cpi”. Fa discutere la raccolta firme per l’abolizione che è stata promossa da Renzi (Iv)

ROMA – Matteo Renzi, leader di Italia Viva, non ha fatto nemmeno in tempo ad annunciare la raccolta firme per l’abolizione del reddito di cittadinanza che già attorno alla misura bandiera del Movimento Cinquestelle si sono scatenate polemiche e barricate.

“È una cosa fatta per offendere chi ha bisogno”, ha detto indignato Elio Vito, deputato di Forza Italia che però ci tiene a precisare: “Io il Reddito di cittadinanza non l’ho votato, in quanto Forza Italia era all’opposizione del governo Conte. Poi c’è stata la pandemia, c’è l’inflazione, è una crescita ancora difficile. Il Rdc ha avuto sicuramente dei problemi di attuazione, oggi abolire una misura di aiuto a chi ha bisogno mi pare veramente una cosa indecente”.

Così com’è il Reddito di cittadinanza continua a far discutere

Vero è che nessuno ha mai negato che la povertà necessiti di adeguate misure di sostegno alle fasce più deboli della popolazione. Vero è anche che il referendum abrogativo non consentirebbe di introdurre una misura alternativa, ma così com’è il Reddito di cittadinanza continua a far discutere, non solo per i furbetti ma anche perché la misura ha funzionato solo a metà, cioè sotto il profilo del sussidio e dell’assistenza. A non funzionare è stata la misura intesa come parte di una politica attiva del lavoro finalizzata al reinserimento dei disoccupati.

Il reddito di cittadinanza va perfezionato

“Non abbiamo mai negato che il reddito di cittadinanza vada perfezionato, – ha ammesso il capogruppo del M5S all’Ars, Nuccio di Paola – ma abolirlo significherebbe togliere agli ultimi quel poco che gli è rimasto per sopravvivere. I partiti la smettano di fare i Robin Hood al contrario che tolgono ai poveri per dare ai ricchi”. “Una misura contro la povertà c’era, si chiamava Rei, l’avevamo fatta noi. Salvini e Di Maio l’hanno abolita – ha chiosato Matteo Renzi – Il punto non è tanto il reddito di cittadinanza ma capire come si combatte la povertà: vogliamo dare un sussidio di qualche centinaio di euro che serve a tappare un buco e non dare una dignità di lavoro o vogliamo dare un lavoro serio, ben pagato e degno di questo nome? Noi vogliamo lavoro, noi siamo il partito del lavoro”.

La proposta di Meritocrazia Italia

Il dibattito attorno al Reddito di cittadinanza per fortuna si arricchisce anche di proposte. Meritocrazia Italia , ad esempio, ne suggerisce un ripensamento ricordando che “propone da sempre la trasformazione del ‘reddito di cittadinanza’ in ‘reddito di inserimento’, finalizzato all’avviamento al lavoro, con la previsione di una durata non superiore ai 18 mesi”.

“Il reddito di cittadinanza – scrive Meritocrazia Italia – è una misura che per come immaginata e, di più, per come attuata, non convince. Nelle attese iniziali, avrebbe dovuto essere un importante mezzo di contrasto al fenomeno della povertà e dell’emarginazione sociale. Eppure, oggi si assiste ancora allo scenario desolante di povertà dilagante, di alto livello di inoccupazione, di affannosa ricerca di lavoratori da parte delle imprese di ogni settore, di grave aumento di lavoro nero”.

Meritocrazia Italia suggerisce la predisposizione di una banca dati informatica nazionale, ossia di un sistema informatizzato di matching domanda/offerta, e sburocratizzazione della cosiddetta economia on demand. Nella nota firmata dal presidente Walter Mauriello si ricorda anche “la necessità di ripartire dalla riorganizzazione dei Centri per l’impiego, oggi poco efficienti, anche per carenza di organico, nel ricollocamento dei percettori, anche sfruttando le competenze acquisite dalle agenzie interinali e mettendo in condivisione, con adeguati accordi negoziali, i loro database, per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”.

Si propone altresì di “operare un miglior controllo preventivo di legittimità sulla spettanza, al fine di evitare il versamento e la successiva interruzione (come avviene oggi) impedendo allo Stato di avere la ripetizione di somme impropriamente attribuite (a beneficio dei cosiddetti ‘furbetti’)”.
La proposta di Meritocrazia Italia è anche di “riparametrare gli importi in base al diverso costo della vita tra Nord e Sud e al numero dei componenti del nucleo familiare al quale viene erogato, evitando di penalizzare le famiglie numerose”.

Sicilia regina dei sussidi, 1 lavoratore su 3 non si trova

Sul totale nazionale, secondo i dati raccolti ed elaborati dall’Inps, ben il 20% delle prestazioni erogate nel 2021 riguarda la Sicilia, superata solo dalla Campania (23% sul totale nazionale), il Lazio (10%) e la Puglia (9%). In sole quattro regioni, quindi, risiedono oltre il 60% dei nuclei beneficiari. Se si guarda alla distribuzione provinciale, è la provincia di Palermo a contare il maggior numero di persone coinvolte, 192 ogni mille abitanti, seguita da Catania (172), Siracusa (150), Trapani (147); ancora, Caltanissetta (134), Agrigento (127), Messina (117), Enna (101) e Ragusa (95).

A livello nazionale, dall’analisi della distribuzione regionale delle persone coinvolte nell’erogazione del Reddito e della Pensione di Cittadinanza, risulta che nell’anno 2021 le regioni con il tasso di inclusione (rapporto tra il numero di persone coinvolte e la popolazione residente) più elevato appartengono al Sud; oltre alla Sicilia, con una media di 153 persone coinvolte su 1000, ci sono la Campania, che sale a 165, e la Calabria, in cui la media scende a 135 persone coinvolte ogni mille abitanti; quelle con il tasso di inclusione più basso fanno parte del Nord e in particolare sono il Trentino Alto-Adige e il Veneto (rispettivamente 14 e 20 per mille).

Analizzando la distribuzione provinciale, sempre nell’anno 2021, a livello nazionale le province con il tasso di inclusione più elevato sono Napoli (202 persone coinvolte ogni mille abitanti) Crotone e Palermo (circa 192); a seguire Caserta e Catania con 177 e 172 persone coinvolte ogni mille abitanti; quelle con il minor tasso di inclusione sono Bolzano e Belluno con, rispettivamente, 3 e 11 persone coinvolte ogni mille abitanti.

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