Reddito di cittadinanza: dopo le elezioni possibile stop o modiche

Reddito cittadinanza, cosa succede dopo le elezioni del 25 settembre

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Reddito cittadinanza, cosa succede dopo le elezioni del 25 settembre

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giovedì 18 Agosto 2022

Le strade sono due: la cancellazione o modifiche al sussidio anti povertà introdotto nel 2019 e che costa tra i 7/8 miliardi l'anno. Tutto dipende dai vincitori delle prossime elezioni

Cosa succede al reddito di cittadinanza dopo le elezioni del 25 settembre? Il misura di contrasto alla povertà che ha da sempre diviso le forze politiche, tra strenui sostenitori e fermi oppositori, potrebbe avere i giorni contati.

Il reddito di cittadinanza è stato introdotto nel gennaio 2019 e costa tra i 7 e gli 8 miliardi all’anno.

La sopravvivenza del reddito di cittadinanza si gioca con le elezioni

Il Movimento 5 stelle continua a ritenerlo intoccabile, tanto che una parziale modifica alla misura, inserita nel decreto aiuti, è stata una delle cause che ha scatenato la crisi del governo Draghi. Il partito di Giuseppe Conte, infatti, punta a rafforzarlo.

Il centrodestra vorrebbe abolirlo ma…

Gli altri schieramenti politici non sembrano sostenere la validità e l’utilità del reddito di cittadinanza. A partire dal centrodestra di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi che vorrebbe abolirlo, fino al centrosinistra che vorrebbe modificarlo, ecco le posizioni delle forze politiche a riguardo.

La proposta di FdI è inserire nuovi sussidi di solidarietà solo per chi ha un Isee basso. Per il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, andrebbe invece ridotta la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza per destinare le risorse che avanzerebbero agli anziani con pensioni basse e agli invalidi.

Cosa dicono i dem

E il Pd? Nel programma elettorale, i dem propongono di “ricalibrare il reddito di cittadinanza” per evitare le storture come “l’ingiustificata penalizzazione delle famiglie numerose e con figli minori”. Necessario, poi, implementare “il sistema con un altro meccanismo: l’integrazione pubblica alla retribuzione in favore dei lavoratori e delle lavoratrici a basso reddito”.

Il terzo polo è “spaccato”

Per quanto riguarda il terzo polo, in un primo momento i centristi erano spaccati sul reddito di cittadinanza, con il leader di Azione Carlo Calenda che voleva una riforma e il leader di Italia Viva Matteo Renzi che invece l’aveva bollato come un fallimento. Ora si sarebbe trovato un accordo. La base da cui partire sarebbe quella tracciata dal premier Mario Draghi, ovvero che si dovrebbe continuare ad aiutare chi non può lavorare.

Chi invece può essere occupato e rifiuta l’offerta di lavoro dovrebbe perdere il beneficio economico, secondo il terzo polo. La proposta di Carlo Calenda sarebbe quella di coinvolgere nella riforma del reddito di cittadinanza anche le agenzie private per il lavoro e non solo i centri per l’impiego, così da avere più strutture che potranno collocare le persone.

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