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Il redditometro serve se ben usato

Carlo Alberto Tregua

Il redditometro serve se ben usato

giovedì 30 Maggio 2024

Polemiche strumentali

Ricordo la riforma tributaria di quel grande ministro delle Finanze che fu Bruno Visentini. Erano gli anni Settanta e si rivoluzionò il modo di tassare cittadini/e e imprese. Prima di quell’epoca era in vigore il concordato, vale a dire quel pezzo di carta su cui Amministrazione fiscale da una parte e persone fisiche e giuridiche dall’altra si accordavano sul reddito presunto, che avrebbe consentito di non far sorgere liti fra le due parti.

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Da quanto precede, si deduce che il concordato reintrodotto in questi ultimi tempi non è altro che una nuova edizione di quello vigente oltre cinquant’anni fa. Niente di nuovo sotto il sole, anche se molti blablatori ne parlano come se fosse un’importante novità. Si tratta di gente che non ha memoria perché non ha studiato e senza conoscenze, ovviamente, inventa storie destituite di fondamento.
Dobbiamo ricordare che la riforma Visentini aveva una caratteristica etica importante e cioé si basava sull’effettività del reddito, determinato mediante contabilizzazione o contabilità.

Chi scrive, giovane dottore commercialista dell’epoca, studiò forsennatamente quella riforma tributaria perché era del tutto nuova nei criteri e nella tecnica. Essa però aveva un difetto e cioé non aveva tenuto conto che molti/e cittadini/e italiani/e sono fatti/e come sono fatti/e e cioé vedono le istituzioni come nemiche e ritengono di dover fare di tutto per imbrogliarle.

Cosicché, man mano che sono passati gli anni e i decenni, i Governi di tutti i colori hanno cercato di “migliorare” la riforma Visentini, approvando una quantità impressionante di decreti legislativi e normativi, leggi, decreti ministeriali, circolari ed altre amenità, tal che alla fine il sistema fiscale italiano è diventato un guazzabuglio quasi indecifrabile, ove gli attuali dottori commercialisti fanno fatica a raccapezzarsi. Io, per fortuna, ho cessato quell’attività dopo cinquant’anni e quindi adesso mi confronto con il Fisco solo come cittadino ed editore.

L’evasione è aumentata continuamente e oggi da più parti viene stimata in un centinaio di miliardi, dato non confermato perché è una macchia oscura del tutto inintelligibile. A questo Governo e al vice ministro Maurizio Leo il compito di riformare ulteriormente il sistema fiscale, ritornando – come si scriveva – al vecchio concordato fiscale. Vi è però da aggiungere che la digitalizzazione dell’Amministrazione finanziaria ha consentito di preparare le dichiarazioni precompilate, che costituiscono la maggioranza delle dichiarazioni fiscali, con le quali la massima parte dei rapporti tra Fisco e cittadini/e cammina de plano. A questo punto, tutti hanno dato addosso al redditometro, cioé a quel sistema induttivo che metteva a confronto il tenore di vita con i redditi dichiarati. A noi non sembra una cattiva idea questa comparazione, perché non vi è dubbio che chi dichiara venti o trentamila euro all’anno di reddito, sul quale corrisponde le imposte, non può fare viaggi di lusso, detenere villoni o villette, utilizzare super auto, indossare abiti sartoriali da cinquemila euro e via enumerando. Sembra di grande buonsenso questo controllo, contro il quale, appunto, si sono scagliati tanti parlamentari delle diverse parti politiche.

Ma se il redditometro è uno strumento di buonsenso, perché è stato messo all’angolo? Perché è stato additato come vessatorio nei confronti dei/delle cittadini/e? La riposta è univoca: anche gli evasori votano. Per cui bisogna accontentarli, anzi blandirli, anzi dir loro: “Come siete bravi a non pagare le imposte”. Con la conseguenza che chi dichiarava venti o trentamila euro di reddito fiscale, continuerà a viaggiare coi macchinoni, a fare vacanze di lusso, a indossare abiti sartoriali, eccetera.

Vi è un’ulteriore spiegazione che più volte abbiamo dato, cioé che il ceto politico è debole e fragile, per cui non è capace di votare leggi impopolari che colpiscono cittadine/i non degne/i di questo nome, perché anche queste/i votano. I partitocrati intendono raccogliere il consenso a qualunque costo e quindi si comportano come i genitori fanno con i figli viziati, intossicandoli perché danno loro quello che vogliono, senza che l’abbiamo meritato.

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