Domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025 gli italiani saranno ancora una volta chiamati al voto per cinque referendum abrogativi. I quesiti riguardano la cittadinanza italiana, i licenziamenti illegittimi, limite d’indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese, sui contratti a termine e sulla responsabilità dell’imprenditore committente in caso di infortuni. Ma vediamo quesito per quesito e le posizioni dei partiti politici italiani.
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Che cos’è un referendum abrogativo
Nella storia della Repubblica Italiana si è votato molto spesso con quesiti referendari abrogativi. Basti pensare a quello del 1974 sul divorzio o l’ultimo quello sulla giustizia del 2022. Ma di cosa si tratta? Il referendum abrogativo è lo strumento con cui i cittadini chiedono di eliminare totalmente o parzialmente una norma.
Esso è regolato dall’art. 75 della Costituzione e prevede anche il “quorum“. Si tratta banalmente del numero minimo di elettori che devono partecipare alla votazione perché il referendum sia valido e perciò idoneo ad abrogare la disposizione oggetto del quesito: esso è fissato nella maggioranza degli aventi diritto al voto.
Facciamo degli esempi: nel 2022 il quorum ai referendum abrogativi per la giustizia hanno raggiunto una partecipazione al voto soltanto del 20,40%, motivo per cui i quesiti non sono passati. Altra storia quello sul divorzio, dove il quorum registrato nel 1974 fu del 87,72%. Invece, per i referendum costituzionali questo dato non è richiesto (come quello del 2020 sul taglio dei parlamentari).
I cinque referendum di giugno 2025
Quindi, come già detto, gli italiani saranno chiamati alle urne per votare cinque referendum abrogativi. Ma vediamo insieme i quesiti che si troveranno gli elettori in cabina elettorale:
- Cittadinanza italiana: si chiede di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza regolare necessari per poter chiedere la cittadinanza. Una volta ottenuta, questa potrebbe essere trasmessa ai figli minorenni ed essa riguarderebbe almeno 2,3 milioni di persone in Italia. Attenzione, non sarà alterato altro requisito per l’accesso alla cittadinanza italiana (conoscere l’italiano, non aver commesso reati, ecc.)
- Licenziamenti illegittimi: il quesito punta ad abrogare le norme sui licenziamenti che consentono di non reintegrare un lavoratore licenziato in modo illegittimo se è stato assunto dopo il 2015. In soldoni, si chiede di abrogare la disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act, secondo cui le persone assunte dopo il 7 marzo 2015 nelle imprese con più di 15 dipendenti non devono essere reintegrate nel posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo nemmeno se un giudice stabilisce che l’interruzione del rapporto di lavoro era stata ingiusta o infondata.
- Limite d’indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese: chiede di eliminare il limite all’indennità per i lavoratori licenziati in modo ingiustificato nelle piccole aziende. L’obiettivo è l’aumento delle tutele per chi lavora in aziende con meno di 16 dipendenti.
- Contratti a termine: riferendosi sempre al Jobs Act, punta a eliminare alcune norme sull’utilizzo dei contratti a tempo determinato. Lo scopo è limitare il ricorso a questo tipo di contratti reintroducendo l’obbligo per i datori di lavoro di indicare una “causale”.
- Responsabilità dell’imprenditore committente in caso di infortuni: vuole aumentare la responsabilità dell’imprenditore committente in caso di infortuni sul lavoro o malattie professionali. La legge esclude però questa responsabilità se i danni sono causati da rischi specifici dell’attività dell’appaltatore o del subappaltatore. Con questo quesito si vuole eliminare quest’ultima clausola, estendendo così la responsabilità dell’imprenditore committente.
Le posizioni dei partiti italiani sui cinque referendum: chi dice sì
La politica italiana non è rimasta silente sull’imminente chiamata alle urne per l’8 e il 9 giugno 2025. Ad esprimersi a favore sui quesiti referendari ci sono i partiti di centro-sinistra, tra cui:
- Partito Democratico
- Sinistra Italiana
- Europa Verde
- Movimento 5 Stelle (libertà di voto sul referendum sulla cittadinanza)
- Partito Socialista Italiano
- Rifondazione Comunista
- Democrazia Solidale
Ma il quesito con più approvazione da parte dei partiti è quello sulla cittadinanza, approvato anche dai partiti centristi come Italia Viva di Renzi, Azione di Calenda e +Europa di Magi e Bonino. “Il Partito Democratico sosterrà i cinque referendum, è pronto a dare il suo contributo per agevolare la più ampia partecipazione al voto”. Lo ha detto la segretaria dem, Elly Schlein. “Ai referendum dell’8 e 9 giugno il Movimento 5 Stelle dirà 4 volte sì”, dice Giuseppe Conte: “è una prima occasione per iniziare a riconquistare il diritti e tutele sottratti ai lavoratori da scelte e leggi sbagliate, a partire dal Jobs act”.
Tra astensionismo e contrarietà: chi dice no ai referendum
C’è chi dice no…o meglio non andrà a votare. I partiti di centro-destra del governo Meloni sono contrari ai cinque quesiti referendari su lavoro e cittadinanza. L’invito dei segretari e leader come Tajani è di non andare a votare, in modo tale che non venga raggiunto il quorum richiesto per legge. Sul lavoro, però, arrivano anche i “no” di Italia Viva di Matteo Renzi, autore della riforma sul Jobs Act e che si schiera a difesa della legge sul lavoro. Insieme all’ex Presidente del Consiglio, sul lavoro sono contrari anche +Europa e Azione. Ecco chi è contrario o si invita ad estenersi
- Fratelli d’Italia (astensione)
- Forza Italia (astensione)
- Lega (astensione)
- Italia Viva (No, ma sì a quello sulla cittadinanza)
- Azione (No, ma sì a quello sulla cittadinanza)
- Noi Moderati (No)
- +Europa (No, ma sì a quelli sugli infortuni sul lavoro e sulla cittadinanza)
- Radicali Italiani (No, ma sì a quello sulla cittadinanza)
- Partito Liberaldemocratico (No, ma sì a quello sulla cittadinanza)

