Corte dei Conti e Polizia
Lo Statuto della Regione siciliana è legge costituzionale ed è stato approvato prima della Costituzione stessa che è entrata in vigore il 1° gennaio del 1948. È molto composito e contiene delle prerogative che le altre quattro regioni a statuto speciale – Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (con le due province autonome di Trento e Bolzano) – non hanno. Una parte di esso non è mai stato attuato, senza però che alcuno si prendesse la briga di spiegarne le ragioni.
Sono trascorsi settantasette anni e via via esso è stato modificato da alcune sentenze della Corte Costituzionale, che però non hanno applicato in particolare due articoli: il 23 ed il 31.
Il presidente della Regione, Renato Schifani, non molto tempo fa ha ritenuto di sollevare la questione relativamente alla nomina dei giudici della Corte dei Conti. Qualcuno ha spiegato che questa iniziativa fosse stata presa per una sorta di rivalsa in quanto la Corte dei Conti in questi anni si è dimostrata piuttosto severa con la Regione e con i suoi conti. Ma del retropensiero è pieno il mondo.
Il presidente Schifani ha chiesto l’attuazione dell’articolo 23, terzo comma, che dice: “I magistrati della Corte dei Conti sono nominati, di accordo, dai governi dello Stato e della Regione”. Questo accordo, però, non c’è mai stato perché i magistrati contabili della Sicilia vengo nominati normalmente dal Centro, in diverse sezioni.
Invece, nel caso del Consiglio di Stato funziona regolarmente il Cga (Consiglio di giustizia amministrativa), che è la settima sezione dello stesso. Quindi la giustizia amministrativa è regolata all’interno della Regione e alcuni giudici sono nominati dal presidente della Regione.
Mentre per quanto concerne la Corte dei Conti, il presidente della Regione non ha avuto fino a oggi alcuna voce in capitolo, per cui ora ha chiesto ufficialmente che i magistrati contabili siano nominati d’accordo fra Roma e Palermo.
Non abbiamo notizia di come è stata recepita la richiesta del presidente della Regione, ma in qualche modo il Governo dovrà rispondere perché non può rifiutarsi di applicare una legge costituzionale, quale appunto è lo Statuto siciliano.
Vi è un altro articolo dello Statuto che non è stato mai applicato e neppure preso nella minima considerazione. Ci riferiamo all’articolo 31. Il primo comma, che forse vi sorprenderà, dice: “Al mantenimento dell’ordine pubblico provvede il presidente della Regione a mezzo della Polizia dello Stato, la quale nella Regione dipende disciplinarmente, per l’impiego e l’utilizzazione, dal Governo regionale. Il presidente della Regione può chiedere l’impiego delle forze armate dello Stato”.
Dalla lettura di tale articolo si evince una condizione di difficile attuazione e cioè che il presidente della Regione dovrebbe occuparsi della tutela dell’ordine pubblico, ovviamente utilizzando la Polizia di Stato.
Chi scrisse questo comma forse non si rese conto che si trattava di una disposizione molto difficile da attuare. Tuttavia, la questione rimane ancora in piedi a distanza di tanto tempo. Probabilmente sarebbe opportuno che con un’apposita legge costituzionale tale articolo 31 si abrogasse perché la sua permanenza crea grossi problemi sul piano legislativo.
Forse vi sorprenderà anche il terzo comma del citato articolo 31, secondo il quale: “Il presidente ha anche il diritto di proporre, con richiesta motivata al Governo centrale, la rimozione o il trasferimento fuori dell’Isola dei funzionari di polizia”. Anche questa è una disposizione anacronistica, per cui non è mai stata attuata.
A questo punto vi chiederete come mai oggi in rassegna ho tirato fuori la questione della non attuazione, limitata a quanto prospettato, di alcuni articoli. Beh, perché questa mancata attuazione è sempre un segnale di disordine, nel quale poi c’è chi potrebbe approfittare, anche se questo disordine fino a oggi non ha causato nessuna conseguenza pratica.
Bisogna evitare che vi siano questioni che qualcuno possa utilizzare a proprio beneficio e ovviamente a danno della Collettività, perché l’obiettivo finale è sempre lo stesso: l’interesse generale.