Anche un architetto e un radiologo tra i fiancheggiatori che avrebbero favorito la lunga latitanza del boss. Ecco i dettagli dell'operazione dei carabinieri del Ros.
Tre arresti – tutti nomi “insospettabili” – nell’ambito delle indagini sulla rete di fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, il boss catturato dopo 30 anni di latitanza a gennaio 2023 e deceduto lo scorso settembre a causa di un tumore.
Ecco i dettagli del blitz.
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Fiancheggiatori di Messina Denaro, 3 arresti: i nomi
Il Ros dei Carabinieri ha arrestato tre uomini ritenuti vicini al capomafia durante la sua lunga latitanza. In carcere sono finiti un architetto, Massimo Gentile, un tecnico radiologo dell’ospedale Abele Ajello di Trapani, Cosimo Leone e un altro uomo, Leonardo Salvatore Gulotta. Avrebbero tutti fatto parte della rete del boss.
Le indagini su Massimo Gentile
Il primo della presunta rete di fiancheggiatori di Messina Denaro è un “insospettabile” architetto, Massimo Gentile, arrestato nel blitz delle scorse ore. Secondo gli inquirenti farebbe “parte di Cosa nostra”. L’uomo, in particolare, avrebbe ceduto al boss Messina Denaro la propria identità al “fine di fargli acquistare un’autovettura e un motociclo, sottoscrivere le relative polizze assicurative, compiere operazioni bancarie ed eludere i controlli delle forze dell’ordine”, assicurandogli in questo modo “la possibilità di muoversi in stato di latitanza sul territorio e di contribuire a dirigere il sodalizio”.
In più, Massimo Gentile gli avrebbe prestato l’identità per acquistare prima una Fiat 500 L e poi una moto BMW F650.
Chi è Massimo Gentile, presunto fiancheggiatore di Messina Denaro
Massimo Gentile, architetto di 51 anni, è originario di Erice (Trapani). Dal 2019 è dipendente del Comune di Limbiate (Monza), dove si occupa dei procedimenti del servizio Lavori pubblici. Gli investigatori del Ros sono risaliti a Gentile, ritenuto un insospettabile, da un appunto su una macchina.
Il radiologo “amico”
Un altro insospettabile appartenente alla rete di presunti fiancheggiatori del boss Matteo Messina denaro è Cosimo Leone, tecnico radiologo. Secondo gli inquirenti, l’uomo avrebbe assicurato “al sodalizio mafioso le proprie competenze tecnico mediche, relazioni personali e possibilità di movimento all’interno di strutture sanitarie nella qualità di tecnico sanitario di radiologia medica presso l’ospedale di Mazara del Vallo dove tra l’altro Messina Denaro è stato ricoverato da latitante dopo l’insorgenza della malattia oncologica“.
In più, Leone avrebbe anche consegnato al boss – ancora latitante – un cellulare “con una scheda telefonica riservata”. Tramite Andrea Bonafede, il radiologo sarebbe stato “un punto di riferimento per il latitante” Messina Denaro durante il suo percorso terapeutico all’ospedale di Mazara del Vallo e poi all’ospedale di Trapani.
Fiancheggiatori di Messina Denaro, il terzo dei tre arrestati
Salvatore Gulotta, il terzo degli arrestati, avrebbe assicurato al boss Messina Denaro “dal 2007 al 2017”, “la disponibilità di un’utenza telefonica necessaria per la gestione dei mezzi di trasporto in uso al latitante”.
Messina Denaro, l’omertà e la vita durante la latitanza
I tre nuovi arresti nell’ambito delle indagini sul boss Messina Denaro permettono di ricostruire ulteriori dettagli sugli anni della sua latitanza.
Un esempio: si è scoperto che nell’autunno 2020 l’allora latitante boss riuscì a scavalcare la lista d’attesa per una tac all’ospedale Abele Ajello usando una falsa identità. La prima Tac era stata programmata per il 20 novembre 2020 ma fu anticipata al 17. E fatta addirittura prima, il 10 novembre.
Altro episodio importante: gli inquirenti avrebbero verificato che nel 2014, diversi anni prima dell’arresto, Messina Denaro – sotto falsa identità – girava tranquillamente a Palermo, andando perfino in banca e riuscendo perfino ad andare serenamente in una concessionaria palermitana per acquistare un’auto. Il boss allora latitante versò 1.000 euro in contanti e altri 9.000 euro con un assegno circolare emesso da una filiale di Palermo, in corso Calatafimi. La firma è a nome di Massimo Gentile, uno dei tre presunti fiancheggiatori di Messina Denaro arrestati nelle scorse ore.
L’ombra dell’omertà
Per il procuratore Maurizio De Lucia e per i pm, l’indagine rivela l’esistenza di una “omertà trasversale“, che “ha precluso agli inquirenti di avere spontanee notizie anche all’apparenza insignificanti”. Gli inquirenti – indagando su Messina Denaro – hanno trovato un muro, chiamato “omertà”. Un muro costruito attorno ai contatti, agli spostamenti e alle relazioni di Messina Denaro, che hanno bloccato le indagini e che ancora oggi ostacolano la rivelazione di dettagli importanti sui lunghi anni in cui il boss sembrava un “fantasma” e invece veniva a contatto e viveva con la gente praticamente indisturbato, anzi, quasi “privilegiato”.