Sono state riaperte a Vienna le indagini sulla morte di Aurora Maniscalco, l’hostess 24enne originaria di Palermo precipitata dal terzo piano dell’appartamento dove si trovava assieme al fidanzato.
Negli scorsi mesi, la teoria sostenuta dagli inquirenti austriaci era quella del suicidio. Ipotesi a cui la famiglia non ha mai creduto.
Riaperte a Vienna le indagini sulla morte di Aurora Maniscalco
A confermare la riapertura delle indagini a Vienna – parallele a quelle condotte in Italia e che vedono il fidanzato della 24enne coinvolto con l’ipotesi di reato di istigazione al suicidio – è l’avvocato Alberto Raffadale, legale della famiglia di Aurora Maniscalco. L’avvocato ha spiegato all’Ansa: “Adesso indagano parallelamente sia le autorità italiane che quelle austriache. Ho presentato istanza, insieme al collega Andrea Longo, del foro di Vienna, che si sta occupando insieme a me del caso”.
E ha aggiunto: “Al momento non sappiamo cosa stiano facendo le autorità austriache, sicuramente stanno sentendo i testimoni, forse Bargione (il fidanzato di Aurora, ndr). La cosa importante è dimostrare la dinamica della caduta che ha provocato la morte della ragazza, soprattutto viste le incongruenze fornite da lui stesso e dai testimoni”.
Le scritte contro il femminicidio
Nei pressi dell’appartamento in cui viveva Aurora Maniscalco e dove la giovane hostess è precipitata nel vuoto, negli scorsi giorni è apparsa la scritta “Stop Femizide“, stop femminicidio. Secondo il legale della famiglia della 24enne, sarebbero in tanti – anche a Vienna – a non credere all’ipotesi del suicidio “ma molti hanno paura di parlare“, spiega all’Ansa, citando presunte liti e urla tra i due fidanzati nel periodo precedente alla tragedia.
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