Forum con Nello Musumeci, presidente della Regione Siciliana. Non esclusa a priori la possibilità di ripresentarmi davanti agli elettori
Abbiamo pubblicato ieri il Forum con Antonio Caponetto, direttore generale dell’Agenzia per la Coesione territoriale e ci ha riferito di aver inviato alla Regione una task force per i Fondi europei. Cosa può dirci in merito, state lavorando fianco a fianco?
“Devo dire che ci sta sostenendo con grande attenzione. La nota dolente, per la Regione, è il problema della carenza di fasce medio-alte della burocrazia. Anche se questa è una criticità di quasi tutte le regioni del Sud. Abbiamo chiesto questo rafforzamento perché obiettivamente, allo stato attuale, le persone qualificate sono poche”.
Cosa si può fare per migliorare questa situazione?
“Bisogna considerare che è dal 1991 che non si fanno concorsi. Dei 13 mila dipendenti la metà è fascia A e B, l’altra è un po’ inaridita, non riqualificata e la stragrande maggioranza non lavora a Palermo, ma in sedi periferiche. Se volessi richiamare qualcuno dei 1.200 dirigenti fuori sede, è necessario che si trovino a non oltre 50 km di distanza, altrimenti una norma contrattuale non mi consente di spostarli. Abbiamo approvato la legge sulla sburocratizzazione, una delle più importanti del mio Governo, che prevede sanzioni disciplinari per quei responsabili che dovessero risultare omissivi. Credo che saremo costretti ad applicarla. I dirigenti generali sono stati ruotati, sono stati cambiati in questi 18 mesi per non lasciare persone inappropriate in quel posto e in quel luogo. L’anno prossimo ad aprile ci sarà la scadenza del contratto biennale, e questo ci consentirà di intervenire e operare ulteriori ricambi, direttamente nominando nuovi dirigenti se lo riterremo opportuno. Con Forum Pa è inoltre in corso l’avvio di un corso di formazione per la Polizia municipale, subito dopo l’estate inizieremo la discussione per un corso di formazione per i dirigenti, non generali ma di servizio”.
Questo attraverso l’Aran?
“No. L’Aran si è preoccupata di definire finalmente il nuovo contratto di lavoro. Compresa la norma che prevede sanzioni disciplinari per i dipendenti, norma attesa da anni. Abbiamo erogato ai dipendenti il miglioramento economico che era previsto dal contratto: lo abbiamo fatto per i forestali, per le fasce A e B e per la dirigenza. Obiettivamente, servirebbe creare nuovi innesti per avere nuove energie. Servirebbe un concorso pubblico per almeno 400/500 persone, soprattutto per le figure tecniche, non di fascia A o B. Queste ultime sono già oltremodo sufficienti, tanto che a volte ci chiediamo come impiegarle. A queste vanno aggiunte le migliaia di unità della Resais, quasi 4.000, e le unità della Sas. Dunque, stiamo pagando anni e anni di una politica che ha puntato a creare occupazione senza lavoro”.
Come procede il processo di informatizzazione?
“Eravamo all’anno zero. Adesso possiamo dire di essere riusciti ad avviare il Piano annuale e il Piano triennale. Nei settori nevralgici, a cominciare dalla Ragioneria, stiamo avviando un processo di informatizzazione che ci consentirà di accelerare le procedure. Ancora, purtroppo, si lavora con la carta ma questa è la Regione che abbiamo trovato 18 mesi fa. Saremo con le carte in regola all’inizio della prossima legislatura, o già alla fine di questa”.
Lei però ha detto che non si sarebbe ricandidato. Ha cambiato idea?
“È un argomento che non ho più toccato. Credo che se, da qui alla fine del mandato, avrò realizzato almeno il 70 per cento di quello che ho in mente, potrei pensare di ripresentarmi al giudizio degli elettori per ‘raccogliere i frutti’ del lavoro svolto”.
Cosa ci dice del Piano aziendale della Regione?
“Ogni anno, per ogni dipartimento dell’Ente, vengono fissati gli obiettivi e le risorse umane e finanziarie per poterli raggiungere. Gli uffici si basano sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente e di conseguenza assumono un carico di obiettivi che verranno verificati alla fine dell’anno”.
Spesa dei fondi comunitari e sostegno alle imprese
Sono necessarie figure professionali di alto livello
Tornando ai Fondi europei, è possibile che nonostante gli sforzi non si riesca a superare la soglia dei 400 milioni spesi a fronte dei 719 dell’anno scorso?
“Di fatto la soglia posta quest’anno dalla Commissione è di poco più di 400 milioni, non è decisa da noi. Vorrei sottolineare che per avere un progetto con i Fondi europei bisogna indire una gara a evidenza pubblica, e questo significa che servono otto mesi. Poi occorre il tempo necessario affinché il progetto sia prima definitivo e poi esecutivo. In tutto questo, abbiamo rispolverato i progetti che ritenevamo degni, ma l’altro ostacolo è l’inadeguatezza delle imprese a chiudere il cerchio, perché noi mettiamo a disposizione la somma comunitaria, ma l’impresa deve, dopo un certo numero di mesi, venire in ufficio e mostrare che tipo di rapporto ha con le banche, ossia quale solidità e quali garanzie può portare. Molto spesso queste realtà imprenditoriali non sono nelle condizioni di poterlo fare e quindi chiedono tempo per poter chiudere la procedura. Questo non consente la certificazione della somma”.
Come giudica tutto ciò?
“Questo la dice lunga sullo stato di salute del tessuto imprenditoriale siciliano, nonostante l’Irfis, Ente bancario regionale, abbia rilanciato nell’ultimo anno la propria funzione che è di sostegno alle piccole e medie imprese, senza fare concorrenza ai grandi istituti di credito. A questo proposito l’Irfis ha sottoscritto accordi interessanti e sono già diverse le aziende che hanno attinto a questa straordinaria opportunità. Nel frattempo, stiamo continuando a pubblicare bandi, evitando il click day perché non molto gradito alle imprese, e per la valutazione delle migliaia di istanze che arrivano a ogni bando abbiamo dai quattro ai sei funzionari in tutto. Dunque, le forze delle Regione risultano fortemente depauperate dal punto di vista delle risorse umane, con un rallentamento delle funzioni.
Presto un Piano d’interventi per i siti da bonificare
Sulle infrastrutture serve il supporto del Governo
Cosa può dirci dei danni ambientali prodotti dai gruppi industriali presenti nell’Isola. L’Istituto superiore della Sanità ha reso noto che in quelle zone vi è un eccesso di malformazioni e tumori…
“Questo Governo ritiene che, al massimo entro dieci anni, in Sicilia non ci debba essere più raffinazione tradizionale, cioè dal fossile, ma ci debba essere soltanto bio-raffinazione. C’è tanto da fare. Noi non criminalizziamo i petrolieri, ma servono risposte concrete per rassicurare le popolazioni interessate”.
Ci sono anche problemi non legati alla produzione industriale, si pensi a Biancavilla e alla cava di fluoro-edenite. In questo caso cosa si intende fare? C’è in cantiere un progetto di bonifica?
“Ci stiamo dotando un Piano d’interventi per bonificare alcuni siti. Paradossalmente, lo Stato agli inizi degli anni Duemila aveva messo a disposizione della Regione una congrua quantità di risorse per procedere alle bonifiche, ma nessuno riesce a dirci quali e quante siano state fatte da allora. Al dirigente che guida il servizio è stato chiesto, ma la risposta è stata che è lì da due anni e dal precedente collega non ha ricevuto le consegne. Per questo abbiamo predisposto il Piano delle bonifiche, che però ha ancora bisogno di tempo. Per essere varato nello spazio di venti giorni avrebbe bisogno di venti geologi, di quaranta ingegneri e altre figure professionali di cui non disponiamo. E attingere all’esterno significherebbe impelagarsi in procedure lunghissime”.
Possiamo dire che Regione ha le mani legate perché manca il personale?
“No. Quelli che ci hanno preceduto, pur avendo il personale, non hanno proceduto a una simile pianificazione. Noi, nonostante abbiamo trovato il deserto, abbiamo dotato la Regione degli strumenti di pianificazione di cui necessitava. Penso al Piano dell’aria e al Piano delle acque. Mancava, per esempio, una mappa del reticolo idrografico della Sicilia. La competenza è di uno strumento che si chiama Autorità di bacino, prevista da una legge nazionale del 1989. Dunque, per 29 anni non lo avevano creato, ma lo abbiamo fatto noi in 29 giorni. Stiamo dotando l’Ente, in pratica, di strumenti indispensabili per agire concretamente. Purtroppo è un lavoro che non viene percepito all’esterno”.
Cosa ci dice dello Sblocca cantieri e delle infrastrutture?
“Una delle questioni su cui mi trovo a dibattere quotidianamente con la gente è quella sulla viabilità. Come si fa a spiegare che la Regione si occupa di tante cose tranne che della manutenzione delle strade? In Sicilia abbiamo 16 mila km di strade provinciali. Sottolineo provinciali. E le Provincie sono rimaste soltanto sulla carta. Nonostante questo, il mio Governo si è sostituito a esse e ha predisposto due Piani: uno per la manutenzione straordinaria di settanta strade per 100 mln di euro e uno per la manutenzione ordinaria di cento strade per 130 mln di euro. Alcuni di questi progetti sono già in gara, altri sono già cantieri. Il tutto finanziato con risorse dei Fondi nazionali Fsc. Questo non è istituzionalmente un compito della Regione, che è quello di pianificare la viabilità in Sicilia, ovvero il Piano dei trasporti. Poi, in Sicilia, abbiamo altri 3.700 km di strade statali, ma per queste con chi parliamo a Roma? L’Anas è ormai diventato un pachiderma, incapace di far fronte alla gran mole di lavoro che ogni giorno si accumula. Senza dire che alcuni cantieri del Nord Italia di Anas durano un tempo ben preciso, ma non si capisce perché in Sicilia debbano durare anni. Si pensi per esempio al pilone del viadotto Himera sulla Catania-Palermo. Da cinque anni aspettiamo la riapertura, mentre a Genova si sta già ricostruendo il nuovo ponte, dopo il crollo del Morandi. A nulla sono valse le mie sollecitazioni al ministro Toninelli, che veniva in Sicilia per i sopralluoghi appena prima delle elezioni europee. Lo stesso dicasi per Rfi, che non apre da decenni, in Sicilia, un cantiere degno di questo nome. Vorrei ricordare ancora fra le infrastrutture: la Nord-Sud, l’arteria che doveva collegare il Mar Tirreno con il canale di Sicilia, bloccata da cinque anni e nelle mani del Governo centrale; oppure la Ragusana (Catania-Ragusa). In questo caso, dopo che era stato trovato il concessionario cui far redigere un progetto sulla base di un accordo che poggiava su un’intesa pubblico-privato, è arrivato questo Governo e ha detto che si deve ricominciare d’accapo. Deve essere tutto pubblico, ma non dicono con quali risorse”.
Pronto un Disegno di legge per rivoluzionare la gestione dei rifiuti
Ogni provincia gestirà la propria immondizia con appositi impianti
Parliamo ora della situazione legata ai rifiuti. Quali sono, se ci sono, i progressi fatti per dare una soluzione a questa atavica questione?
“Parliamo di un problema che è aperto dal 1999, quando il presidente della Regione Angelo Capodicasa, alla guida di un Governo di centrosinistra, chiese al Governo nazionale la nomina di un commissario con poteri straordinari per affrontare l’emergenza rifiuti. Sono passati vent’anni da allora e sono stati nominati tre commissari straordinari, ma la soluzione del problema non si è mai vista all’orizzonte. Io credo che la situazione emergenziale rappresentasse il presupposto per potere chiudere alcune losche vicende, a seconda del potente di turno, e non mi riferisco soltanto al ceto politico ma anche a quello burocratico. Venti o trent’anni addietro con l’assessore compiacente si contrattava il 10-15 per cento di tangente, oggi l’assessore viene accusato di non voler ricevere il faccendiere o di riceverlo per dirgli che non si può far nulla. Un piccolo passo avanti che mi inorgoglisce.
Tornando nello specifico alle soluzioni per la crisi dei rifiuti?
“Noi in quest’anno e mezzo abbiamo dato al problema gli strumenti per avviarlo a soluzione, in primis con una nuova Legge sul tema, perché la Magistratura contabile dice che quella vigente, la 9/2010, è inapplicabile. Il Disegno di legge ha già superato l’esame delle Commissioni di merito e aspetta solo di essere portato in Aula. Il disegno di legge mira a limitare il ciclo dei rifiuti all’interno della provincia che li produce. Non più autocompattatori che partono da Palermo per andare a Catania e viceversa. Non sono previsti, come ora, 16 autorità d’ambito ma soltanto nove. Dunque, una per ogni provincia. Ogni provincia prevede quanti rifiuti deve lavorare e quanti impianti deve realizzare. La natura degli impianti è demandata ai sindaci: sono loro che devono decidere per un termovalorizzatore, nei confronti dei quali il Governo regionale non ha alcun tipo di pregiudizio, o un altro tipo di impianto. L’unico nodo di questa legge è rappresentato dai circa 4 mila dipendenti delle Srr, delle ex Ato, che secondo alcuni gruppi parlamentari dovrebbero essere assunti dalla struttura pubblica. Se così fosse la Legge sarebbe vanificata. Altro principio è quello che all’interno di ogni provincia venga concepito un Ada, ossia un’Autorità d’ambito con la clausola che nelle provincie metropolitane eventuali società che abbiano dimostrato di essere virtuose e abbiano avuto il bilancio in attivo, possano sopravvivere come sub ambito. Questa legge si accompagna a un Piano regionale dei rifiuti che mancava da vent’anni. Noi lo abbiamo adottato e deliberato. Per la mancanza del Piano, circa cinque anni fa, l’Ue formalizzò la procedura d’infrazione, perché la Regione risultava vergognosamente inadempiente. Dunque, in un anno e mezzo abbiamo dotato la Sicilia di un disegno di legge che attende di diventare legge e di un Piano regionale dei rifiuti. A questo Piano si aggiunge il Piano regionale delle discariche, che mancava e sul quale stiamo lavorando da diversi mesi. In Sicilia abbiamo 511 discariche dismesse. Di queste almeno dieci potrebbero essere inquinanti e proprio oggi, mentre noi parliamo, è iniziata l’attuazione del Piano regionale per le bonifiche: abbiamo iniziato da Messina con la tanto contestata discarica di Mazzarà Sant’Andrea, dove pare ci fossero pericolosi sversamenti di percolato”.