Ricerca e sviluppo in Sicilia sono diventati una priorità. Tra 2022 e 2023, secondo i dati messi a disposizione dall’Istat, l’Isola è la terza regione in Italia per aumento di spesa in R&S, con un tasso del 17,1% rispetto al 2022. Meglio, soltanto il Molise, al +25,9%, e la Calabria, al +18,5%. Il risultato siciliano ha avuto un grande impatto sulla ripartizione delle Isole, che ha registrato un aumento del 13,7%, doppia rispetto alla media nazionale del 7,7%, e maggiore anche dei risultati raggiunti nelle macroaree Nord Est, al +10,5%, e Nord Ovest, al 7,9%. In valore assoluto, è sempre il Nord a farla da padrone, con una netta concentrazione in appena 4 regioni, che assorbono il 59,8% della spesa totale, che ammonta a quasi 30 miliardi di euro. Si tratta di Lombardia, che contribuisce per circa il 20,0%, Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte, con quote superiori al 10% ciascuna.
In Sicilia si spende in R&S oltre un miliardo di euro l’anno
In questo contesto di forte polarizzazione, la Sicilia si posiziona, insieme a Veneto, Toscana e Campania, tra le quattro regioni che sostengono una spesa di oltre un miliardo di euro. Nello specifico, la Sicilia rappresenta il 3,6% della spesa nazionale complessiva in Ricerca e sviluppo. Nonostante l’incremento nazionale del 7,7%, l’intensità di ricerca e sviluppo, misurata come incidenza sul Pil, si attesta all’1,37%, un valore stabile rispetto al 2022 ma ancora lontano dagli obiettivi europei e inferiore rispetto al 2021, pari al 1,41%. L’elemento chiave per comprendere il panorama siciliano, e del Mezzogiorno in generale, risiede nella composizione della spesa per settore esecutore. A differenza del Nord e di alcune regioni del Centro, come Piemonte ed Emilia-Romagna, dove la spesa delle imprese arriva a superare i tre quarti del totale, in Sicilia la Ricerca e sviluppo è trainata prevalentemente dal settore pubblico e dalle Università.
La quasi totalità degli investimenti siciliani provengono dal settore pubblico
Questo modello è tipico di tutto il Mezzogiorno, dove si registrano punte di prevalenza del settore pubblico/universitario anche dell’80%, come in Sardegna e Calabria. Nello specifico, in Sicilia, il motore della ricerca è rappresentato dalle Università che, a livello nazionale, sono il secondo attore di R&S dopo le imprese, con il 25,0% della spesa complessiva. Quindi, le istituzioni pubbliche, che a livello nazionale hanno registrato il maggior incremento di spesa, al +14,5%.L’autofinanziamento si conferma la fonte principale della spesa per le istituzioni pubbliche, l’88,7% del proprio settore, e, di conseguenza, il settore pubblico finanzia l’80,9% della spesa delle Università. Questo evidenzia come l’incremento record in Sicilia sia strettamente legato ai finanziamenti e agli investimenti del settore pubblico, in linea con l’andamento nazionale che ha visto crescere sensibilmente la spesa finanziata dal pubblico, +11,7% rispetto al 2022.
Gli imprenditori non investono in Ricerca e sviluppo
Il rovescio della medaglia di questa crescita a trazione pubblica è la debolezza della componente imprenditoriale. In tutte le regioni del Mezzogiorno, l’attività di R&S delle imprese risulta più debole. Questo è in forte contrasto con il trend nazionale, dove le imprese, pur registrando un aumento della spesa del +5,4% nel 2023, rimangono il principale esecutore con oltre 17 miliardi di euro, pari al 58,4% della spesa totale.A livello nazionale, la crescita della R&S privata è stata inoltre fortemente disomogenea, registrando un aumento significativo nelle grandi imprese, al +7,3%, mentre calano le piccole imprese, al -2,3%. Si registra una dipendenza massiccia dalle multinazionali, sia estere che nazionali, da cui dipende l’83,1% dell’intera spesa delle imprese in Italia.

