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Ristoratori indipendenti Sicilia, “Dal 6 aprile riapriamo tutto”

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Ristoratori indipendenti Sicilia, “Dal 6 aprile riapriamo tutto”

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martedì 30 Marzo 2021

L’intero comparto denuncia, ormai da mesi, la grave situazione cui deve far fronte e le difficoltà che hanno colpito anche l’indotto ad esso collegato.

Tra le categorie più colpite dalla crisi Covid c’è, senza dubbio, quella dei ristoratori. L’intero comparto denuncia, ormai da mesi, la grave situazione cui deve far fronte e le difficoltà che hanno colpito anche l’indotto ad esso collegato. Le nuove restrizioni, varate in vista del periodo pasquale, hanno esacerbato la protesta degli operatori del settore. Il coordinamento di IoApro, uno dei movimenti più attivi, ha promosso un tour nazionale di manifestazioni, che il 1° aprile giungerà a Palermo.

Il Quotidiano di Sicilia ha voluto approfondire
la questione interpellando Roberto Tudisco, portavoce dei ristoratori siciliani
indipendenti e leader dei pubblici esercizi di Catania.

L’agonia del settore e l’insufficienza dei
ristori

Il presidente Musumeci con Roberto Tudisco

“Questi mesi sono stati uno stillicidio, adesso è chiaro a tutti che la pandemia è stata ed è gestita male, e noi paghiamo lo scotto dell’incompetenza. Nella prossima protesta chiederemo le dimissioni del Ministro della Salute Speranza che, non essendo un medico, non è per noi competente. All’interno dello stesso CTS ci sono pochi medici o virologi, la maggior parte dei componenti sono avvocati, commercialisti, ingegneri…. C’è stata, a nostro avviso, una spartizione politica, non basata sulla competenza.

La nostra categoria, sia dal precedente che dall’attuale governo, è stata considerata sacrificabile. L’ingresso di nuove forze nella maggioranza non ha inciso, perché sono comunque in minoranza. Siamo stati considerati sacrificabili per non ammettere di aver sbagliato tutto, l’istituzione di fasce e colori non sarebbe dovuta avvenire.

La chiusura totale, nella seconda ondata, non è stata fatta per dei calcoli politici, per spartizione del potere sanitario e per gli acquisti… Abbiamo visto, ad esempio, quello che è successo con mascherine e siringhe. Noi siamo entrati in questo gioco, abbiamo dovuto chiudere e assistere alla nostra rovina, ma i decessi aumentano. Il contagio c’è negli ospedali, nei mezzi pubblici su cui non si è mai intervenuto seriamente, negli assembramenti che siamo costretti a vedere in ogni parti di Italia. Ci sono negozi pieni che sono comunque aperti, mentre noi con la zona rossa ed arancione non possiamo lavorare e con quella gialla nemmeno, visto che è possibile tenere aperto solo a pranzo. Ma io mi chiedo: chi esce a pranzo per andare al ristorante, mangiare una pizza, bere un cocktail? I ristori? Dall’anno scorso io ho ricevuto 18.000 euro, su una perdita di fatturato che ammonta almeno a 600.000. In più ci sono le spese fisse nonostante la chiusura, ogni mese la perdita aumenta sempre di più. Non c’è nessuna giustizia in tutto ciò”.

 Le
conseguenze della crisi

“Il risultato è il danneggiamento di tutta l’economia, quando parliamo di ristorazione c’è una filiera immensa collegata. Per non parlare dei nostri dipendenti, che ricevono il 50% dello stipendio con la cassa integrazione. Alcuni di loro, non tutti, hanno ricevuto quella di quattro mesi fa. Soldi che non si possono spendere e che non circolano. Siamo ancora nelle mani di queste persone, è un muro di gomma. Non capiamo come fare ad andare avanti.

Lo stato ci obbliga a chiudere ma non ci risarcisce in base alle perdite, dà solo dei contentini. La situazione è davvero grave, siamo arrivati al punto di non ritorno perché i risparmi – con i quali si è andato avanti finora – sono finiti. Dico con rammarico che, ad oggi, almeno il 30% dei ristoratori italiani non potrà più riaprire, perché ha già lasciato le botteghe o perché non ha la forza di ripartire. Siamo stati costretti, a causa di questo ‘apri e chiudi’, a gettare le derrate alimentari tantissime volte… E non vediamo nessuno spiraglio, nessuna luce. Paghiamo lo scotto di essere una categoria di persone oneste e pacifiche, non scendiamo per strada a fare tafferugli. Non facciamo ciò che sta avvenendo in altre nazioni e se ne stanno approfittando”.

L’incontro con Musumeci tra dubbi e
speranze

“L’incontro con Musumeci? Abbiamo chiesto al Presidente cose fattibili, non abbiamo chiesto la luna. Non ci siamo andati con grandissime aspettative, ma era un passaggio da fare visto il suo ruolo istituzionale. Abbiamo chiesto un supporto per il pagamento degli affitti. Noi siamo chiusi da cinque mesi e attualmente il governo ha previsto degli aiuti per tre mesi tramite il credito d’imposta del 60%.

Noi abbiamo sottolineato, innanzitutto, che i proprietari delle botteghe possono anche non accettare questa soluzione, non sono obbligati a farlo. E poi, perché solo il 60%? L’altro 40%, se siamo chiusi e non incassiamo, chi lo dovrebbe pagare? È una cosa folle, che non esiste in nessun’altra nazione. Un’altra richiesta è stata relativa alle utenze di gas, luce, acqua… Le bollette, nonostante i mancati consumi, arrivano con i costi fissi. Molti colleghi, non potendo pagare, hanno subito l’interruzione delle forniture.

Su entrambi questi aspetti, da parte del Presidente Musumeci, non abbiamo avuto una risposta rassicurante. Infine, viste le mancanze dello stato, abbiamo chiesto di accedere ai fondi IRFIS, la banca regionale. Abbiamo chiesto di avere questi fondi –  necessari per riorganizzarci,  per ripartite e per le spese correnti –  con delle agevolazioni, con l’anno di preammortamento, con uno 0,50 di tasso d’interesse. C’è stato promesso che, in qualche modo, saranno trovati i fondi per finanziare un altro bando. Almeno su questo c’è un barlume di speranza”.

Le prossime iniziative e  la riapertura

“I nostri contatti con ‘IoApro’? Siamo in contatto con loro e con tanti altri movimenti nazionali, nati spontaneamente in questi mesi. Le vecchie associazioni di categoria, che erano ormai diventate dei partiti, praticamente non ci sono perché non hanno fatto nulla. Noi ristoratori siamo stati costretti a rimboccarci le maniche, a fare anche i sindacalisti. Questo è successo in tutta Italia, si sta protestando da Nord a Sud. Il nostro obiettivo è quello di individuare una data comune per andare a Roma, è questa la soluzione. Vogliamo andare di fronte al Parlamento, piazzarci lì per un presidio permanente.

Il 2 aprile manifesteremo in Piazza Università a Catania, in questa occasione inviteremo tutti a riaprire a partire dal 6 aprile a prescindere da decreti e decisioni del governo, è una questione di sopravvivenza. Molti si preoccupano per le multe o per il dubbio sul blocco delle caselle esattoriali. In realtà non siamo in grado di pagare né quelle delle nostre imprese né quelle personali. É una pazzia non pensare ad un condono o ad una pace fiscale. Giudico assurde certe dichiarazioni di chi ritiene ingiusto un simile provvedimento: non si capisce che siamo allo stremo e che non possiamo pagare le tasse dell’anno scorso, di quest’anno e dell’anno prossimo”.

Vittorio Sangiorgi

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