Nel Disegno di legge di Bilancio 2026, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 22/10/2025 è normata la rottamazione V. Ė appena il caso di constatare che le “rottamazioni” dei carichi per tributi, contributi, contravvenzioni etc… siano un fatto fisiologico (e non patologico) al sistema di accertamento e riscossione di risorse finanziarie per lo Stato. Tale valutazione si può estendere anche ai condoni fiscali e previdenziali.
Quest’aspetto di assoluta rilevanza, tuttavia, esula da questa analisi del citato disegno di legge. Si intende, invece, soffermarsi sull’articolo 24 del documento in questione, che viene qui di seguito riportato: art. 24, Definizione agevolata in materia di tributi delle regioni e degli Enti locali:
- Ciascuna regione e ciascun ente locale può stabilire forme di definizione agevolata anche per i casi in cui siano già in corso procedure di accertamento o controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente.
- Possono essere oggetto di definizione agevolata i tributi disciplinati e gestiti dalle regioni e dagli enti locali, con esclusione dell’imposta regionale sulle attività produttive, delle compartecipazioni e delle addizionali a tributi erariali.
- Le regioni e gli enti locali possono adottare forme di definizione agevolata anche per le entrate di natura patrimoniale.
Il Consiglio dei ministri, quindi, per i tributi erariali, contributi previdenziali, contravvenzioni propone la rottamazione mentre per i tributi locali si limita a prevedere che gli Enti locali possano “stabilire forme di definizione agevolata etc…”.
Ė assiomatico che anche per i tributi locali (in particolare per Tari e Imu), per tanti Enti locali, in particolare Comuni, la “rottamazione” dei carichi tributari sarebbe del tutto fisiologica, come per i tributi erariali e per i contributi previdenziali; è opportuno analizzare tale vistoso disallineamento.
Al riguardo va messo in evidenza che il dato relativo al “magazzino” dei crediti erariali di 1.273 miliardi di euro (al 31/12/2024), cioè oltre il 50% del Pil annuale del sistema Italia, è patologico.
Dal momento che in Italia vi sono circa 8.000 Comuni, non considerando le Regioni e le Province, è fondato ipotizzare che il dato complessivo del “magazzino” dei crediti da incassare per i tributi (Tari e Imu) per entrate patrimoniali, contributi di urbanizzazione e costruzioni, contravvenzioni locali, sia superiore a quello del magazzino dei crediti dello Stato. In definitiva, è ipotizzabile che l’importo del “magazzino” dei crediti non riscossi sia superiore a quello dello Stato.
Ciò premesso e tenuto conto delle norme vigenti, è evidente che lo Stato centrale non può imporre agli Enti locali la rottamazione dei crediti, per i seguenti motivi: per l’autonomia degli Enti locali; perché per gli Enti locali, in particolare per i Comuni, stralciando, a seguito della rottamazione, parte dei crediti andrebbero in default; nonché, forse, per il fondato dubbio che nei bilanci preventivi di tali enti la stima delle entrate, a volte, si basa su metodiche non del tutto attendibili.
Questi motivi, quindi, fanno comprendere l’impossibilità di applicare i principi della rottamazione ai crediti degli Enti locali. Tale disallineamento, però, non significa che anche per gli Enti locali “la rottamazione” sarebbe fisiologica. L’attività accertatoria della Tari è prevedibile che risulti più falcidiata dagli organi della giustizia tributaria rispetto ai tributi erariali.
La conclusione di questa analisi, utilizzando dati induttivi in mancanza di quelli rilevati con metodiche attendibili, è avvertita l’esigenza della rottamazione dei crediti degli Enti locali se non addirittura di un “condono tombale” per attribuire ai dati dei crediti del pubblico, una maggiore attendibilità come giustamente si prevede per i dati delle società commerciali.
Per fare questo, magari, bisognerebbe riscrivere la normativa relativa al “default” degli Enti locali e alla responsabilità degli organi elettivi e burocratici nell’annuale elaborazione dei bilanci di previsione. Ė appena il caso di rilevare che le mie osservazioni di dati rilevanti per la gestione della Cosa pubblica accentuano le anomalie nel sistema.
Antonio Pogliese
Dottore Commercialista

