ROMA – Il Senato ha approvato un emendamento al “Decreto Milleproroghe” (D.L. n. 202 del 2024) con il quale si dà la possibilità a coloro i quali sono decaduti dalla rottamazione quater (e quindi solo a coloro che a suo tempo avevano chiesto di avvalersene), di essere riammessi presentando una dichiarazione entro il 30 aprile 2025. Il problema che si è posto negli ultimi tempi, infatti, è quello di coloro i quali avendo chiesto all’Agenzia delle Entrate-Riscossione di definire ai sensi dell’art. 1, commi da 231 a 252, della Legge n. 197/2022, i carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 (la “rottamazione quater”), non sono poi riusciti a versare le somme dovute e, conseguentemente sono incappati nella decadenza.
Cosa prevede la rottamazione quater
La norma prevede la possibilità per il contribuente di estinguere i debiti relativi ai carichi rientranti nell’ambito applicativo, versando unicamente le somme dovute a titolo di capitale e quelle maturate a titolo di rimborso spese per le procedure esecutive e per i diritti di notifica. Non sono invece da corrispondere le somme dovute a titolo di interessi iscritti a ruolo, sanzioni, interessi di mora e aggio.
Il termine per la presentazione della richiesta di definizione agevolata scadeva il 30 giugno 2023. I termini per l’esecuzione dei versamenti sono stati modificati più volte. Comunque, in fase di adesione alla Rottamazione-quater, i contribuenti hanno potuto scegliere di dilazionare il pagamento fino a un massimo di 18 rate in cinque anni. Successivamente, l’Agenzia delle entrate-Riscossione ha inviato agli interessati la comunicazione delle somme dovute, cioè la lettera di risposta con l’esito della richiesta, l’elenco dei debiti “rottamati”, l’importo dovuto e i moduli di pagamento.
Le prossime scadenze
Dopo la rata del 30 novembre 2024, le prossime scadenze sono previste il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre di ogni anno, secondo il proprio piano di pagamenti. Alla data odierna, comunque, restano da pagare le rate con scadenza 28 febbraio 2025 (settima rata, 31 maggio 2025 (ottava rata) 31 luglio 2025 (nona rata) 30 novembre 2025 (decima rata). E poi le altre otto rate con scadenza: 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio 30 novembre degli anni 2026 e 2027. Era ed è sempre applicabile la “tolleranza” di cinque giorni prevista dal comma 244 L.197/22, ai fini della decadenza della dilazione delle somme dovute per la “rottamazione quater”.
Il mancato pagamento di una sola rata fa scattare la decadenza
Basta, comunque, il mancato pagamento di una sola rata che scatta la decadenza dalla definizione per cui, in questo caso, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione è legittimata a riscuotere coattivamente l’intero debito, comprese sanzioni, aggio ed interessi che il contribuente, se avesse pagato tempestivamente, avrebbe evitato. É stata chiesta, da più parti, un’altra “rottamazione”, la rottamazione “quinquies”, una definizione, però, che il Governo ha dichiarato di non potere concedere, specialmente per motivi di bilancio. Il costo della mancata riscossione ordinaria sarebbe di almeno cinque miliardi di euro.
Da qui la proposta alternativa approvata dal Senato (ora dovrà essere approvata dall’altro ramo del Parlamento), ossia una sorta di sanatoria riservata soltanto ai contribuenti che avevano ottenuto il sì alla precedenza rottamazione ma non erano riusciti a versare quanto dovuto. Una remissione in bonis per i contribuenti decaduti dai benefici della rottamazione quater. Questi contribuenti potrebbero pagare le rate già scadute dilazionandole in 10 tranches con l’interesse del 2% a partire dal 1 novembre 2023. Oltre, evidentemente, pagare le altre rate al momento della loro scadenza.
Una soluzione, quest’ultima, che permetterebbe ai contribuenti in difficoltà di affrontare il pagamento delle imposte, e allo Stato di conseguire un recupero integrale delle risorse, obiettivi questi che le diverse rottamazioni, che fino ad oggi ci sono state, non hanno permesso di conseguire stante le non poche criticità dei singoli provvedimenti. È opportuno ricordare, comunque, che parliamo di soggetti che si trovano in grave situazione economica, per cui è legittimo pensare che, se non si facilita la definizione, le somme iscritte a ruolo potrebbero andare a finire nel famoso “magazzino” di somme inesigibili, incrementando ulteriormente l’astronomica cifra di 1.200 Euro.

