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Sanità e LEA, altri risultati disastrosi per la Sicilia. UIL: “Declino inarrestabile”

Sanità e LEA, altri risultati disastrosi per la Sicilia. UIL: “Declino inarrestabile”
Sanità – ospedali – Foto di Martha Dominguez de Gouveia su Unsplash

L’Isola penultima in Italia nell’erogazione di cure pubbliche essenziali nel 2023.

Ancora una conferma del “disastro sanità” in Sicilia: l’Isola risulta penultima a livello nazionale nell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) nell’anno 2023, rielaborati dalla Fondazione Gimbe, che mette in luce non solo la difficile situazione regionale e nazionale ma anche il costante e allarmante divario Nord-Sud che trova l’ennesimo campo di espressione nei servizi sanitari.

In un anno particolarmente turbolento per la sanità siciliana – con lo scandalo referti e l’eterna questione delle liste d’attesa tra i temi “caldi” del dibattito pubblico – la brutta notizia confermata dal Monitoraggio LEA del Ministero: nel 2023, rispetto all’anno precedente, la Sicilia ha perso ben 11 punti.

Sanità al collasso, LEA 2023: Sicilia penultima in Italia

Solo 13 regioni sono state promosse dal Monitoraggio dei Lea del Ministero della Salute. Non a sorpresa, la Sicilia non si trova tra queste. L’Isola, infatti, ha riportato punteggi insufficienti in due aree d’analisi su tre (prevenzione collettiva e sanità pubblica e assistenza distrettuale) e risulta tra quelle che – rispetto al 2022 – hanno perso più punteggio (-11 punti), assieme a Lazio (-10), Lombardia (-14) e Basilicata (-19).

Nessuna sorpresa, ma tanto sconforto

Difficile dire che i dati della Sicilia relativi al monitoraggio dei LEA del 2023 sono sorprendenti. Non cadono di certo come un fulmine a ciel sereno per i milioni di siciliani costretti ad attendere mesi per una visita, ad andare fuori per ricevere cure (nonostante la presenza di centri d’eccellenza sul territorio) e a essere testimoni di casi di malasanità. E non sono sorpresi probabilmente neanche i lavoratori della sanità, che denunciano violenze e condizioni di lavoro complesse da tempo, o le autorità regionali, che da tempo hanno deciso di porre la sanità al centro dell’agenda politica con più di qualche sfida da affrontare.

Tra i primi a commentare l’esito dell’analisi della Fondazione Gimbe c’è Luisella Lionti, segretaria della Uil Sicilia, che in una nota dichiara: “I dati resi noti dal Ministero della Salute in merito alla valutazione dei livelli essenziali di assistenza del 2023 purtroppo non sono una sorpresa. La Sicilia si posiziona ancora una volta nelle ultime posizioni, penultima in Italia, confermando un declino inarrestabile del nostro servizio sanitario regionale. Questo risultato è la chiara dimostrazione dell’inadeguatezza delle politiche sanitarie messe in atto finora”. E aggiunge l’appello: “La nostra Isola arranca, penalizzando i suoi cittadini e negando il diritto fondamentale alla salute. Lo chiediamo da troppo tempo: servono risorse adeguate per rafforzare le strutture, assumere personale medico e paramedico e migliorare l’organizzazione dei servizi. I continui tagli e la gestione approssimativa non sono più sostenibili”.

Il divario Nord-Sud

Anche la Fondazione Gimbe conferma che il divario Nord-Sud esiste e che – in ambito sanità – “rimane molto netto“. Un dato su tutti lo conferma: delle 13 regioni promosse dai dati del Ministero, solo 3 sono situate al Sud: Puglia, Campania e Sardegna. Di queste, tra l’altro, due (Campania e Sardegna) hanno riportato dati poco al di sopra della sufficienza. In più, le ultime sette posizioni sono quasi interamente coperte da Regioni del Sud (unica eccezione la Valle d’Aosta). Unica nota positiva: due Regioni del Sud (Sardegna e Calabria) mostrano un netto miglioramento della propria posizione (+26 e +41 rispettivamente) in un report che vede un tracollo anche per Regioni storicamente ben messe come la Lombardia.

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha spiegato che gli esperti hanno condotto un’analisi indipendente “per misurare le differenze regionali nel garantire i diritti fondamentali di salute, con particolare attenzione all’entità della frattura Nord-Sud”.

I campanelli d’allarme non possono essere ignorati e per questo la Fondazione Gimbe chiede “un ampliamento del numero di indicatori e una rotazione periodica di quelli utilizzati nella ‘pagella’ ministeriale”, ma anche “una radicale revisione di Piani di rientro e commissariamenti“, affinché si agisca in profondità su quelle falle del sistema sanitario nazionale che comportano profondi divari tra le diverse aree del Paese.

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Foto di Martha Dominguez de Gouveia su Unsplash