Legge delega 111/2023: la riforma del fisco passa anche da un rafforzamento del rapporto di fiducia col cittadino. Riconosciuta la necessità di razionalizzare il sistema attraverso la compensazione
ROMA – Recentemente, dalla pagine di questo Quotidiano abbiamo parlato di numerosi casi di mancata proporzionalità delle sanzioni tributarie rispetto alla gravità delle violazioni commesse.
Sappiamo, pure, che diverse volte la Corte di Giustizia europea è dovuta intervenire, invitando il Giudice nazionale a ridurre la misura della sanzione, tutte le volte in cui la pena era assolutamente incoerente con l’errore commesso o con la gravità della violazione di cui si è reso responsabile il contribuente.
Abbiamo anche dato atto dell’intervento della Corte Costituzionale la quale, con sentenza n. 46 del 17 Marzo 2023, ha affermato l’esigenza della proporzionalità e della ragionevolezza della pena rispetto alla violazione. In quella occasione, secondo la Consulta, quindi, la riduzione della sanzione fino alla metà del minimo edittale, così come già previsto dal citato articolo 7 del D.Leg/vo 472/97, deve avvenire quando non è esistito un chiaro intento evasivo e quando il contribuente si sia attivato per l’eliminazione o per l’attenuazione delle conseguenza del suo illecito. Una riduzione la quale può essere operata direttamente dall’Ente impositore (Agenzia delle Entrate, principalmente), ma anche dal Giudice nazionale adito dal contribuente.
Ricordiamoci, però, che la delega per la riforma tributaria, la legge 111 del 9 agosto 2023, ha previsto anche l’intervento del Governo sull’argomento delle sanzioni tributarie, amministrative e penali.
In materia di sanzioni per violazioni diverse da quelle riguardanti l’ambito delle dogane e Monopoli, l’articolo 14, comma 1, punto tre, per esempio, prevede espressamente la “revisione del sistema sanzionatorio, con particolare riguardo al miglioramento della proporzionalità delle sanzioni tributarie”.
L’articolo 17, la disposizione che ha previsto anche il contraddittorio preventivo a pena di nullità, poi, al primo comma afferma pure la necessità di perseguire la riduzione dei fenomeni di evasione e di elusione fiscale, massimizzando i livelli di adempimento spontaneo dei contribuenti, introducendo misure che incentivino l’adempimento spontaneo.
È l’articolo 20 quello espressamene dedicato alla revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale. Tale articolo stabilisce, oltre alla necessità di razionalizzare il sistema, anche ai fini del completo adeguamento al principio del ne bis in idem, 1) la necessità di valutare la possibilità di compensare sanzioni e interessi per mancati versamenti di imposte sui redditi regolarmente dichiarati nei riguardi di soggetti che hanno crediti maturati nei confronti delle amministrazioni statali, sino alla concorrenza del debito di imposta; 2) rivedere i rapporti tra il processo penale e il processo tributario prevedendo, in coerenza con i principi generali dell’ordinamento, che, nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale facciano stato nel processo tributario; 3) introdurre una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti.
Ed ancora, in materia di sanzioni penali, la stessa disposizione prevede: a) di attribuire specifico rilievo all’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso; b) di attribuire specifico rilievo alle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto.
Per le sanzioni amministrative, lo stesso articolo 20 prevede la necessità di 1) migliorare la proporzionalità delle sanzioni tributarie, attenuandone il carico e riconducendolo ai livelli esistenti in altri Stati europei; 2) di assicurare l’effettiva applicazione delle sanzioni, rivedendo la disciplina del ravvedimento mediante una graduazione della riduzione delle sanzioni coerente con il principio di proporzionalità e ragionevolezza; 3) di rivedere la disciplina del concorso formale e materiale e della continuazione, onde renderla coerente con i principi sopra specificati, anche estendendone l’applicazione agli istituti deflativi.
In estrema sintesi, prendendo atto dei chiari e pregevoli obiettivi della riforma in materia di sanzioni in ambito tributario, si rilevano importantissimi principi tra le disposizioni varate dal Legislatore con la Legge delega n. 111 del 9 agosto 2023, con la quale, oltre alla necessità generale di mitigare la misura delle sanzioni amministrative, si prevedono anche altri principi che rappresentano assoluta novità, come quello riguardante la necessità di razionalizzare i rapporti tra procedimento penale e amministrativo per adeguare il sistema al principio del “ne bis in idem”; di prevedere che nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale facciano stato nel processo tributario; di adeguare i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilità o di comportamento collaborativo o di ravvedimento operoso.
Per le sanzioni penali, si prevede di attribuire specifico rilievo alle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto; di rivedere la disciplina del concorso formale e materiale e della continuazione; di escludere o ridurre le sanzioni in caso di volontaria adozione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale e la preventiva comunicazione di un possibile rischio fiscale da parte di imprese che non possiedono i requisiti per aderire al regime dell’adempimento collaborativo.
Forse le novità più importanti e maggiormente attrattive ai fini del rapporto di fiducia tra fisco e cittadini, stanno nel rapporti tra processo tributario e processo penale, sia per affermare l’applicazione del principio del “ne bis in idem”, sia per introdurre una sorta di “pregiudiziale penale”, nel senso che, con una logica assolutamente condivisibile, sarà necessario prevedere che nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché´ il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale facciano stato nel processo tributario.
Pure importantissimo, sempre in tema di sanzioni penali tributarie, è il principio secondo il quale dovrà essere attribuito specifico rilievo all’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al contribuente.