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Ricerca, identificata la proteina che blocca la sclerosi multipla

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Ricerca, identificata la proteina che blocca la sclerosi multipla

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martedì 18 Maggio 2021

Ricercatori Federico II Napoli, Irccs Milano e Cnr, hanno dimostrato il ruolo chiave del canale che trasporta gli amminoacidi cistina/glutammato che bloccano l'infiammazione.

Uno studio ha recentemente
dimostrato il ruolo chiave del canale che trasporta gli amminoacidi
cistina/glutammato nella funzione delle cellule T regolatorie (Treg) che
bloccano l’infiammazione.

Alterazioni in questa via di
trasporto sono alla base della ridotta crescita di queste cellule nella
sclerosi multipla (SM).

Lo studio finanziato principalmente da Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM), dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) e dal Ministero della Salute, è stato pubblicato sulla rivista scientifica Immunity (Cell Press).

La ricerca è stata coordinata dal
professore Giuseppe Matarese del Dipartimento di Medicina Molecolare e
Biotecnologie Mediche dell’Università di Napoli Federico II, insieme alla
dottoressa Paola de Candia dell’IRCCS MultiMedica di Milano e al dottor Claudio
Procaccini dell’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale del
Consiglio Nazionale delle Ricerche (IEOS-CNR) di Napoli.

Il team di ricerca ha dimostrato che la crescita e la funzione delle cellule T regolatorie (Treg), le cellule che agiscono da sentinelle per il mantenimento della “tolleranza immunitaria” e che bloccano l’infiammazione, dipende dalla capacità di produrre una proteina, chiamata SLC7A11, un “canale di trasporto” sulla membrana delle Treg che permette l’ingresso dell’amminoacido cistina e l’uscita del glutammato.

Il trasporto di questo amminoacido
nelle Treg regola l’equilibrio dei radicali liberi, dannosi per la funzione e
la crescita di queste stesse cellule.

I ricercatori hanno evidenziato che le cellule Treg nei malati di sclerosi multipla (SM) hanno perso la capacità di produrre quantità sufficienti di SLC7A11 e quindi di difendersi dai radicali liberi in eccesso, con conseguente incapacità delle stesse di crescere e mantenere la “tolleranza immunologica” nei confronti della mielina nel sistema nervoso centrale, condizione tipica della SM.

Lo studio ha anche suggerito che la produzione di SLC7A11 può essere potenziata da condizioni di riduzione dell’apporto calorico (restrizione calorica), capace di ridurre “l’iperlavoro metabolico” della cellula presente in condizioni di sovrappeso e obesità, che si associano ad un peggiore decorso della SM.

Infine la ricerca ha dimostrato che le cellule Treg dei pazienti con SM possono recuperare la capacità di produrre l’SLC7A11 dopo terapia con un farmaco di prima linea per la SM, il “dimetil fumarato – DMF”, che permetterebbe conseguentemente anche il ristabilirsi della loro capacità di crescita. “Nessuno sa perché o per quale difetto metabolico le Treg perdano la loro capacità di crescita e la loro funzione nella SM” – spiega il coordinatore della studio Prof. Giuseppe Matarese – ma “Il DMF sembrerebbe mediare una azione “mimetica” di uno stato di “restrizione calorica (RC)” (definito come pseudo-starvation), e dunque questi risultati avrebbero conseguenze terapeutiche, identificando SLC7A11 come potenziale nuovo bersaglio per una terapia
“immunometabolica” più mirata della SM”.

Tali implicazioni sono
effettivamente già in esame in uno più ampio studio clinico finanziato da FISM
che si propone di valutare gli effetti anti-infiammatori di un approccio
terapeutico della SM associando la restrizione calorica alle classiche terapie
di prima linea, per valutare la capacità della dieta di potenziare l’efficacia
terapeutica dei farmaci contro la SM.

Il lavoro vede coinvolti, tra gli altri, i neurologi quali il professore Diego Centonze dell’Università di Roma Tor Vergata e dell’IRCCS – Neuromed, il professore Marco Salvetti dell’Università Sapienza di Roma, il professore Antonio Uccelli dell’IRCCS Policlinico San Martino di Genova, i professori Vincenzo Brescia Morra e Roberta Lanzillo dell’Università di Napoli Federico II, e la dottoressa Giorgia Maniscalco dell’AORN Cardarelli di Napoli.

Inoltre, hanno collaborato allo studio anche il dottor Dario Di Silvestre e il dottor Pierluigi Mauri dell’Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR di Milano (ITB-CNR), la dottoressa Silvia Garavelli dello IEOS-CNR, e le dottoresse Fortunata Carbone e Claudia Russo dell’IRCCS – Fondazione Santa Lucia di Roma/IEOS-CNR. Infine, va sottolineato che la ricerca è il frutto di un’estesa rete di collaborazioni anche di altri enti di ricerca nazionali (l’Università dell’Insubria di Varese, la Fondazione Ri.MED di Palermo e AORN “Dei Colli” di Napoli) e internazionali (Università di Tampere e l’Università di Helsinki, Finlandia).

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