La casa è l’assemblea regionale siciliana dove i due dioscuri della politica locale, Miccichè e Musumeci, se le mandano a dire una settimana si ed una no
La casa è l’assemblea regionale siciliana dove i due dioscuri della politica locale, Miccichè e Musumeci, se le mandano a dire una settimana si ed una no.
“Fa di tutto per rendere difficile la sua riconferma”. “La nostra è una coalizione unità”. Tuttapposto. Quando si sente la necessità di ribadire l’unità di un matrimonio quasi sempre vuol dire che quel legame è finito. Per corna o incompatibilità caratteriale. Sembra questo il caso del centrodestra siciliano. “Ci eravamo tanto amati” non è mai stato pronunciato in effetti, ma sono passati quattro lunghi anni e sono ancora lì, come Sandra e Raimondo. “Uffa, che barba, che noia”. Anche se quelli più annoiati da questo menage stantìo e sterile sono certamente più i Siciliani che gli onorevoli di Palazzo dei Normanni. Sembra che la Sicilia sia rimasta immobilizzata a quattro anni fa. Certo c’è stato il Covid, ma siamo più inefficienti ed inefficaci di prima, con una macchina burocratica ormai vecchia e logora, con meno soldi, più rifiuti e più problemi irrisolti.
“Convocherò un vertice a gennaio per decidere”. Ovviamente si parla della ricandidatura di Nello Musumeci. Il quale fa un ragionamento degno di Gorgia da Lentini. “Non ho governato da solo, l’ho fatto con gli assessori scelti dai partiti, se volevano potevano sostituirli”. Di fatto è una chiamata di correo, in questo l’unità, a tutto il centrodestra. Se si è governato in maniera insufficiente è colpa di tutti, non solo del comandante. E quindi siamo nella stessa barca da cui Musumeci non intende scendere per fare posto ad eventuali Draghi Siciliani. Anzi lui sostiene che Draghi sia un errore della politica. Da non ripetere qui in Sicilia dove la politica va a gonfie vele.
Su questo, forse la maggioranza dei siciliani, che magari, sbagliando, non vanno a più a votare dissentirebbe.
Nessun dato economico e sociale ci dice che l’Isola va con il vento in poppa, e solo la sindrome di Stoccolma di chi si chiude nel Palazzo non fa capire una realtà prostrata in cui le categorie produttive soffrono, paradosso tutto siciliano, di più di quelle improduttive.
Ma il vertice ci sarà? E soprattutto sarà decisivo per capire il futuro della politica siciliana? Dubitiamo che i partiti siciliani decidano qualcosa prima di capire chi sarà l’inquilino del Quirinale e che scenari ci saranno a seguire. Una volta eravamo laboratorio politico ora al limite lo siamo di analisi per tamponi.
Certo i giornali devono essere venduti, qualcosa deve essere comunicato, anche nella crescente disaffezione degli elettori. Pertanto un vertice non si nega a nessuno. Anche se più che verticale la linea politica siciliana sembra molto orizzontale. Magari questo vertice può essere convocato alle 10 quando la calma è piatta.
Così è se vi pare.
Giovanni Pizzo