ROMA – Una “carenza strutturale” nella disponibilità di servizi educativi per la prima infanzia rispetto al potenziale bacino di utenza (bambini di età inferiore a 3 anni) e una distribuzione profondamente disomogenea sul territorio nazionale. È quanto emerge dal Rapporto “Nidi e servizi educativi per l’infanzia, stato dell’arte, criticità e sviluppi del sistema educativo integrato”, frutto dell’accordo di collaborazione triennale stipulato a fine 2018 tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche della Famiglia – l’Istat e l’Università Ca’ Foscari Venezia. I posti disponibili nei nidi e nei servizi integrativi pubblici e privati – viene spiegato – corrispondono mediamente al 12,3% del bacino potenziale di utenza al Sud e al 13,5% di quello delle Isole, contro una media nazionale del 24,7% (anno scolastico 2017/2018). Una dotazione ben al di sotto – viene fatto notare nello studio – dell’obiettivo del 33% fissato per il 2010 dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002.
“Dal nostro report si evidenzia che i territori del Mezzogiorno sono più svantaggiati riguardo ai servizi educativi per l’infanzia”: questo il commento del presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo. “In generale il 51% di questi sono pubblici” e si rileva “una maggiore concentrazione di strutture nei Comuni più grandi e sviluppati mentre soffrono carenze il sud e i piccoli centri urbani”.
Nel rapporto viene messo in evidenza che come l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 abbia sollevato alcune preoccupazioni, principalmente per le possibili ripercussioni sulla gestione dei nidi da parte dei Comuni, i quali già risentono delle mancate entrate e dei rimborsi dovuti alle famiglie per le rette afferenti al periodo di chiusura delle strutture educative.
Analoghe preoccupazioni riguardano il settore privato, anche per le inevitabili ripercussioni economiche che la crisi avrà sulle famiglie, riducendo la loro capacità di spesa e condizionando la scelta di frequenza dei bambini ai servizi educativi per l’infanzia. Altro aspetto messo a fuoco da Rapporto è che introduzione dei “bonus nido” ha dato un impulso positivo allo sviluppo del sistema, contribuendo probabilmente all’aumento della domanda e dei tassi di utilizzo dei servizi registrato negli anni più recenti. I dati delle più recenti indagini campionarie evidenziano – viene sottolineato nel Rapporto – un andamento temporale positivo, con tassi di iscrizione al nido crescenti ma ancora al di sotto del 30% nel 2019. Ulteriori miglioramenti sono condizionati alle risorse aggiuntive che ancora dovranno essere dedicate a questo settore.

