Sì alle intercettazioni ma non sui giornali - QdS

Sì alle intercettazioni ma non sui giornali

Carlo Alberto Tregua

Sì alle intercettazioni ma non sui giornali

venerdì 20 Gennaio 2023

Bloccare la gogna mediatica

Le limitazioni poste alle intercettazioni dalla legge Cartabia vogliono essere modificate dall’attuale Governo e in particolare dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
La questione non riguarda – e non deve riguardare – le intercettazioni in quanto tali, perché esse costituiscono uno strumento di indagine fondamentale e irrinunciabile, senza cui molti delitti non verrebbero scoperti.

Giusta, però, è la questione dell’utilizzo funzionale e discreto delle stesse, anche per evitare un eccesso di spesa non controllata. È vero che probabilmente la spesa complessiva oggi riguarda qualche centinaio di milioni, che non è una cifra rilevante in relazione ai delitti che possono essere scoperti. Ma è anche vero che vi sono Procure che non hanno limiti e spendono e spandono, mentre altre, per l’accortezza e la sapienza dei loro capi, utilizzano il denaro quando è strettamente necessario.
Quindi risulta evidente che anche in questo campo debbano essere fissate regole, o se volete ambiti, dentro cui le Procure possano muoversi discrezionalmente.

È difficile trovare il punto intermedio per contemperare, da un canto, la risolutiva necessità di intercettare i sospettati e, dall’altro, effettuare queste attività in maniera funzionale e non dispersiva.
Staremo a vedere nel disegno di legge che sta preparando Nordio se queste diverse esigenze saranno prese in considerazione e quindi se verrà fuori un prodotto equilibrato, di buonsenso e funzionale.
Far funzionare la Giustizia penale non è semplice, anche perché il carico di lavoro sui magistrati del settore è enorme. Non si capisce al riguardo la motivazione secondo cui il loro organico complessivo sia carente di oltre 1.600 unità.

Da un canto, non si fa un numero necessario di concorsi per riempire il vuoto, ma, dall’altro, si lamentano i vertici giudiziari che i posti a disposizione per ogni concorso non sono riempiti per carenza di preparazione dei candidati. Viene stimato un vuoto per ogni concorso intorno al venti percento. Se vi sono a disposizione trecento posti, i vincitori, cioé i nuovi giudici, sono mediamente tra i 230 e i 240.

Non bisogna mettere in secondo piano anche la farraginosità della procedura penale, che consente tempi lunghi per ogni passaggio e norme non vincolanti, per cui le cose non sono regolamentate fin dall’inizio e procedono quasi senza limiti.

È pur vero che la riforma Cartabia, a riguardo, ha stabilito il calendario delle udienze e anche la data dell’ultima udienza per la sentenza, ma è anche vero che tradurre le norme in atti e comportamenti concreti non è semplice, per cui non sappiamo quando si potranno avere gli effetti delle leggi approvate, che tuttavia sono già soggette a variazioni.

La questione Giustizia non riguarda solo un settore della Comunità, perché ha vari riflessi nell’economia.
Vi sono infatti investitori stranieri che, quando prendono in esame una nuova attività da insediare nel nostro Paese, si informano sui tempi della Giustizia e quando ricevono risposte desolanti, spesso rinunciano a spendere il loro denaro.

Tornando alle intercettazioni, vi è un’anomalia che in parte la legge Cartabia ha rallentato e cioè che spesso sulla stampa, nelle televisioni e sui media sociali vengono riportate notizie di soggetti intercettati che non hanno nessun rapporto con altri, sui quali si stanno svolgendo indagini.
Insomma, si tratta di una vera e propria violazione dei diritti personali, che dovrebbero impedire a chiunque di essere portato alla ribalta della Pubblica opinione senza alcuna ragione né motivo.

Peraltro, la questione riguarda anche gli indagati, che finché non diventano eventualmente imputati, cioè rinviati a giudizio, hanno il diritto alla privacy senza essere additati al pubblico ludibrio.
In questo scenario, hanno grande responsabilità i mezzi di comunicazione quando, per fare volutamente catastrofismo, titolano gli articoli in modo eclatante, mettendo alla gogna cittadini/e che poi nel maggior numero dei casi alla fine vengono assolti/e.
Ci sembra evidente che questa gogna deve finire.

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