Ciò che accade in Libia è spesso sottovalutato ma è importante per la Sicilia, soprattutto in termini di approvvigionamenti energetici e migrazioni. Analisi della politologa Federica Saini Fasanotti.
La guerra in Ucraina, il caro carburanti, il Covid, i rincari delle materie prime: di sicuro il 2022 non è stato, fino a ora, un anno facile. A peggiorare una situazione internazionale già abbastanza tesa di recente si è aggiunta anche la rinnovata attenzione alla crisi libica. Le proteste per il caro vita, lo stallo politico e la carenza di carburanti in Libia preoccupano la comunità internazionale, soprattutto la Sicilia (e il resto d’Italia).
La Libia, infatti, appare come una “polveriera pronta a riesplodere” (analisi Ispi) e, tra la guerra in Ucraina e la fragilità del Paese africano, il timore è assistere all’ennesimo taglio delle riforniture di gas e carburanti all’Italia. In più, l’instabilità in Libia potrebbe portare all’aumento degli arrivi dal Mediterraneo, ma anche delle torture ai danni di migranti e prigionieri (più volte denunciati in passato dalle associazioni umanitarie internazionali).
Quanto importa alla Sicilia e, più in generale, all’Italia della crisi libica? Perché mai interessarsi a una situazione internazionale quando gli italiani affrontano già tanti problemi? Lo spiega, facendo luce su quanto sta accadendo ultimamente in Libia, la politologa Federica Saini Fasanotti (Senior Associate Fellow per l’Ispi).
Crisi libica, perché non bisogna sottovalutarla
L’Italia è vicina alla Libia. Il passato coloniale dell’Italia e il presente economico della penisola testimoniano una prossimità non solo geografica, ma anche economica e politica. Quello che accade nel Paese africano ha un effetto in Italia. E le potenziali ripercussioni non riguardano solo le migrazioni (come si pensa spesso), ma anche il mercato internazionale, soprattutto quello di gas e petrolio.
“Non credo che la crisi libica possa venire sottovalutata: il paese è troppo vicino a noi in termini storici ed economici. L’Italia ha sempre fatto grande affidamento sul petrolio libico, sin dai tempi di Gheddafi. Oggi il tema degli approvvigionamenti di greggio è più stringente che mai. La Libia potrebbe essere un fantastico partner anche per quanto riguarda il gas, ma sappiamo che la sua leadership politica non ha investito come avrebbe dovuto in infrastrutture”, spiega Federica Saini Fasanotti.
Non c’è solo il caro carburanti e gli effetti sulla produzione in Libia da considerare. Esiste anche una potenziale crisi alimentare, legata all’andamento della crisi dei cereali. “Lo stesso dicasi per le coltivazioni intensive di cereali, per cui il Paese non riesce a essere autosufficiente con la sua produzione di circa 209.000 tonnellate annue e che non basta assolutamente al fabbisogno nazionale”, aggiunge.
Il nodo della crisi carburanti
La Libia è, dal 2011, il principale Paese esportatore di fonti energetiche del Nord Africa. Alla Sicilia è direttamente collegata tramite il gasdotto Greenstream, che arriva a Gela (CL). Secondo le stime, in pochi mesi la produzione di greggio in Libia è scesa da 1.200.000 barili al giorno a meno di 600mila. Impossibile che il dato passi inosservato in Italia, specialmente se si considera gli effetti della guerra Russia-Ucraina sul commercio (e sui costi) del carburante.
Alla luce dell’evoluzione della situazione del Paese, tormentato da proteste e violenze, in questi giorni si discute molto di possibili tagli alle forniture di gas e carburanti all’Italia. Questa scelta avrebbe indubbiamente delle conseguenze sull’economia siciliana e italiana, così come su quella libica.
“Per comprendere la situazione, bastano i numeri“, spiega Federica Saini Fasanotti. La produzione è ridotta e l’instabilità politica rende la Libia ancora più vulnerabile ai “ricatti energetici” delle potenze estere: “Da una produzione che aveva raggiunto il milione e 200.000 barili al giorno, si è passati a circa la metà. È evidente che queste quantità non sono sufficienti per la richiesta del mercato estero, anche perché prima va soddisfatta quella interna, già estremamente provata da mesi di blocchi delle aree produttive a opera di cartelli di milizie locali e straniere, come le russe del Wagner Group (affiliate al Governo di Tobruk), che cercano di favorire il nuovo Governo parallelo di Fathi Bashagha attraverso il ricatto energetico“.
Tra Libia e conflitto tra Russia e Ucraina, il timore è quello di una vera e propria crisi del gas. Gli esperti seguono con attenzione l’evoluzione, soprattutto valutando l’entità delle importazioni da parte dell’Italia (in basso i dati Ispi).
Dalla Libia all’Ucraina, carburanti e guerra: la “tempesta perfetta”
Si parla ancora poco del potenziale impatto della crisi libica su Sicilia, Italia ed Europa. Ancora meno si discute del legame tra l’evoluzione della situazione del Paese nordafricano e la guerra in Ucraina. Due eventi destinati ad avere un impatto notevole soprattutto su due fronti: l’approvvigionamento di carburanti e materie prime da un lato, le migrazioni dall’altro.
A tal proposito, la politologa intervistata afferma: “La guerra in Ucraina non è un fatto a sé stante. Ciò che succede in quella terra, ai confini europei, è estremamente connesso a noi. Il blocco di petrolio, gas e cereali – oltre a molte altre materie di cui non si parla abbastanza ma che incideranno pesantemente sulla nostra produzione industriale – ha già iniziato ad avere robusti effetti collaterali. Effetti che si sono visti anche in Libia e che lì, nello specifico, sono legati all’aumento dei prezzi di tutte le merci importate. Se uniti al crollo del dinaro libico… ci avviciniamo alla tempesta perfetta“.
Carburanti, carestia, migrazioni: l’impatto della situazione Libia sulla Sicilia
Delineata per sommi capi i fattori più determinanti per l’evoluzione della crisi libica, rimane fondamentale la domanda: quanto accade in Libia potrebbe avere un effetto sulla Sicilia? E come?
Di fronte alla domanda, Federica Saini Fasanotti non sembra avere dubbi: “Assolutamente sì. La carestia che si abbatterà sull’Africa se non si prenderanno presto provvedimenti atti a sbloccare il passaggio nel Mar Nero per le navi che contengono cereali sarà devastante”.
“I numeri delle migrazioni interne ed esterne al continente africano, poi, potrebbero essere decisamente più importanti di quelli che abbiamo mai visto sino ad ora”, conclude la politologa.
Fonte immagine di copertina: Dossier Ispi