Opere che non potranno più essere realizzate, responsabilità amministrative, rimpallo politico tra il presidente della regione Renato Schifani e l’attuale ministro ed ex presidente Nello Musumeci. Ma anche l’impatto dei tagli sulle città metropolitane, che dovranno dire addio a un restyling già programmato. Il carrozzone del taglio da 338 milioni di euro provenienti dai Fondi Sviluppo e Coesione 2014-20 trascina con sé morti infrastrutturali per 79 progetti che avrebbero dovuto vedere la luce nell’Isola.
Il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess), lo stesso che proprio in questi giorni sta valutando la fattibilità del ponte sullo Stretto di Messina e che a tal proposito dovrà esprimersi entro fine mese, ha infatti revocato i fondi a causa della mancata realizzazione di “obbligazioni giuridicamente vincolanti” alla data del 31 dicembre 2022. Tradotto: non vi è certezza che quei progetti siano terminati entro i tempi prestabiliti per beneficiare di quei fondi.
I numeri del definanziamento
Dei 338 milioni di euro perduti, 104 milioni erano di competenza diretta della Regione Siciliana, mentre i restanti interessavano i progetti delle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, oltre a quelli sovraprovinciali. Si parla di fondi che avrebbero dovuto essere stanziati per l’emergenza rifiuti e bonifiche.
Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Regione, poco meno del 50% del totale di immondizia prodotta dall’Isola – o sarebbe più opportuno dire di quella raccolta – continua a essere un rifiuto indifferenziato. Questo allontana la Sicilia dalla quota zero cui fa riferimento l’Europa e per la quale la Regione ha imboccato la strada dei termovalorizzatori. Le emergenze da affrontare nel frattempo non potranno beneficiare dei Fondi Sviluppo e Coesione 2014-20.
E ancora niente fondi per il completamento delle dighe e acquedotti, con la Sicilia che è già stata messa in ginocchio la scorsa estate a causa della siccità e del cambiamento climatico in atto, ma soprattutto per i progetti di invasi mai collaudati nel corso dei decenni e quindi mai entrati del tutto a regime.
Mancanze che impatteranno in maniera significativa già nel corso della prossima estate, con i dati proveniente dal Bacino di Distretto Idrografico che continuano a rimarcare ammanchi significativi a livello pluviometrico. Più in generale, si tratta di risorse già destinate a interventi cruciali, che ora non vedranno mai più la luce. O almeno non con questi fondi. E al momento non si sa neppure con quali tempi.
Una panoramica dettagliata delle opere cancellate
Nella sola Palermo sono stati tagliati oltre 16 milioni per cinque progetti di restauro del Teatro Massimo, 21 milioni per la costruzione di due poli scolastici, 3 milioni per l’asilo nido di Brancaccio e circa 6,5 milioni per piste ciclabili, il recupero dei Cantieri Culturali alla Zisa e la copertura del canale Boccadifalco.
A Gela un ammanco da 20 milioni di euro per i lavori di ammodernamento della diga Disueri, un progetto strategico per combattere la siccità nel territorio nisseno, tra i più colpiti anche nel corso di questi mesi autunnali. Niente soldi per le dighe anche per l’Ennese, dove le dighe Olivo e Villarosa avrebbero dovuto beneficiare di un finanziamento da complessivi 450.000 euro destinati alla manutenzione di vasche e canali intasate dal materiale di sedimentazione.
Tagli anche per la diga di Rosamarina, ubicata nel contesto della valle del San Leonardo in prossimità dell’abitato medioevale di Caccamo. Qui tagli per 2 milioni di euro per la messa in sicurezza dell’invaso, fondamentale per l’approvvigionamento idrico della provincia di Palermo, dove l’acqua è stata contingentata ed erogata a giorni alterni per tutta l’estate in diversi comuni dell’entroterra.
Tra gli altri interventi previsti, quelli all’illuminazione pubblica, per il rifacimento delle strade, come detto per la gestione del comparto dei rifiuti: tutti annullati a causa di un definanziamento causato da precise responsabilità politiche amministrative che portano la firma del centrodestra.
Le cause del fallimento
Alla base della revoca dei fondi, l’incapacità di rispettare le scadenze per rendere giuridicamente vincolanti i progetti finanziati. Questo implica che i lavori non siano stati affidati o che non siano stati stipulati contratti regolari entro i termini previsti. Un ritardo amministrativo costato 338 milioni di euro.
“La notizia del definanziamento da parte del Cipess impone una seria riflessione sull’efficienza della macchina amministrativa siciliana”, ha dichiarato Nino Minardo, deputato e Presidente della Commissione Difesa della Camera. “In qualsiasi azienda privata, una perdita di 338 milioni di euro sarebbe motivo di licenziamento immediato”.
Le tre città metropolitane della Sicilia – Palermo, Catania e Messina – sono le grandi sconfitte di questa vicenda. I fondi persi avrebbero finanziato interventi essenziali per migliorare la qualità della vita dei cittadini, dal miglioramento delle infrastrutture scolastiche alla gestione dell’acqua e dei rifiuti.
Le reazioni politiche
“In riferimento alla notizia del definanziamento complessivo di quasi 104 milioni di euro di risorse del Fsc 2014/20 di competenza della Regione – scrivono da Palazzo d’Orléans – si precisa che si tratta di opere che avrebbero dovuto conseguire “un’obbligazione giuridicamente vincolante” entro il 31 dicembre 2022. Tempistica che ha reso nei fatti impossibile all’attuale governo regionale, entrato nelle piene funzioni il 16 novembre di quell’anno, completare l’intero iter amministrativo che aveva come presupposto la presentazione dei relativi progetti.
L’attuale amministrazione, tuttavia, si è adoperata per salvare il possibile. Infatti, 10 dei 45 interventi definanziati, per un importo complessivo di 12 milioni di euro, sono stati recuperati grazie all’inserimento nella nuova programmazione Fsc 2021/27, sottoscritta con il governo nazionale a maggio scorso.
L’attuale amministrazione ribadisce il proprio impegno a salvaguardare le risorse destinate alla crescita del territorio, nonostante le criticità ereditate, e a ottimizzare gli investimenti per assicurare benefici concreti e duraturi alla comunità siciliana. Serve un dipartimento per l’efficienza governativa, un approccio innovativo sulla falsariga del metodo Musk”, ha provocatoriamente suggerito Minardo, sottolineando la necessità di una gestione più dinamica e orientata ai risultati.
“Il Presidente della Regione – continua il deputato siciliano – nei giorni scorsi ha annunciato un profondo rinnovamento dei vertici dell’Amministrazione regionale, un approccio che condivido, soprattutto per l’aspetto generazionale, ma che credo non sarà sufficiente a garantire alti livelli di efficienza. Serve una forma di vigilanza per evitare inefficienze e che la nostra terra perda ancora risorse preziose” conclude.
La Regione dispone una ispezione
Lo scorso 3 dicembre il Presidente della Regione Schifani, per tentare di salvare il salvabile, ha disposto una ispezione che possa accertare la reale fine dei fondi provenienti dagli Fsc 2014-2020. Si tratta di un accertamento per constatare “le ragioni che hanno determinato la mancata assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti entro il 31 dicembre 2022 e il conseguente definanziamento di 45 interventi a valere sul Fsc 2014-20, per un importo di 102 milioni di euro“. Renato Schifani ha così dato mandato al segretario generale della Regione, in collaborazione con l’avvocato generale e il dirigente generale del dipartimento della Programmazione, per comprendere cosa sia accaduto.
Opere, cosa sarà realizzato con gli Fsc 2021-2027
Sarebbero dovuti servire per ulteriori opere di potenziamento della Regione, ma adesso parte degli Fsc 21-2027 saranno invece utilizzati per porre rimedio al mancato introito dei 338 milioni di euro. Nel gruppone delle opere recuperate subito dopo il finanziamento ci sono interventi interventi non procrastinabili per la diga Rosamarina e per la realizzazione del Tmb di Sciacca. L’assessorato dell’Energia ha a tal proposito chiarito che le nuove risorse provengono, oltre che dal ciclo di programmazione Fsc 2021-2027, anche da altre linee di finanziamento.
Fondi recuperati anche per i lavori di consolidamento e messa in sicurezza della diga Disueri, a Gela, con l’importo passato da 20 a 70 milioni. Qui sono previsti interventi per un invaso utilizzato per tutto il settore agricolo dell’area e sono stati inseriti nella classe B del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico (Pnissi).
Dal Programma operativo complementare (Poc) Sicilia 2014-2020 sono invece stati recuperati i fondi per gli interventi di mitigazione della caduta massi sulla sponda destra della diga Rosamarina per un importo di circa 1,7 milioni di euro. Efficienza della Regione che, dopo il definanziamento, si dimostra a fasi alterne in considerazione dell’immediato ripristino dei fondi per la diga Olivo,
Gli oltre 46 milioni di euro provengono dall’Accordo per lo sviluppo e la coesione del ciclo 2021-2027 stipulato nel maggio scorso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla Regione Siciliana. Le opere prevedono interventi di manutenzione straordinaria degli scarichi e del sistema di tenuta del bacino. Il 29 novembre scorso il progetto esecutivo ha ottenuto la verifica del Dipartimento regionale tecnico e a breve si procederà all’appalto.
Altri 30 milioni riguardano poi l’ambito dei rifiuti, con il progetto di realizzazione del Tmb (trattamento meccanico-biologico) e della discarica nella contrada Saraceno Salinella a Sciacca. Qui il finanziamento arriva dai fondi Poc 2014-2020. Si preleveranno 8 milioni di euro a valere sui fondi Fsc 2021-2027 per la discarica di Castellana Sicula, in provincia di Palermo.
Le conseguenze future
Oltre alla perdita economica immediata, il definanziamento rappresenta un colpo duro per la credibilità della Sicilia come destinataria di risorse nazionali ed europee. Questo anche a causa dell’incapacità degli enti locali di gestire le risorse e programmare i progetti necessari per i territori.
Il rischio è che situazioni simili si ripetano, come biblica letteratura sicula ricorda nel merito, compromettendo ulteriormente lo sviluppo dell’Isola. La priorità, oltre che nella richiesta e reperimento delle risorse, dovrebbe risiedere nelle stanze della Regione in direzione di una riforma strutturale della macchina amministrativa, con l’introduzione di sistemi di monitoraggio e verifica più rigidi per i singoli comuni inadempienti.
La Sicilia ha bisogno di una programmazione più efficiente e di una burocrazia capace di tradurre le risorse disponibili in risultati concreti, non in perdita di fondi o, peggio, nelle eterne incompiute che queste latitudini sono in grado di raccontare.
Basti ricordare che nell’ultimo rilevamento disponibile all’anagrafe della Regione, le sole province di Palermo (14) e Messina (12) contano più della metà del totale delle opere incompiute di tutta la Sicilia. Sono sei quelle invece presenti nella provincia di Caltanissetta, una in meno per Agrigento e Trapani. Quattro in provincia di Siracusa. Due, infine, a Catania. Tra Enna e Ragusa nessuna incompiuta registrata. Di queste 47, però, in ben 13 i lavori non sono ancora cominciati e solo in 6 risulta un livello di avanzamento lavori superiore al 50%.
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