Sicindustria, Bongiorno: “Ideologia e burocrazia le avversarie da battere sul campo” - QdS

Sicindustria, Bongiorno: “Ideologia e burocrazia le avversarie da battere sul campo”

Vito Manca

Sicindustria, Bongiorno: “Ideologia e burocrazia le avversarie da battere sul campo”

venerdì 04 Marzo 2022

Il presidente di Sicindustria al QdS: “Il nuovo corso punta sulle eccellenze del territorio”. “Energia? Serve idea chiara di sviluppo o rischiamo di non centrare la transizione”

PALERMO – Gregory Bongiorno si siede al tavolo dello sviluppo ed è pronto a giocarsi carte importanti. Il Presidente di Sicindustria ha nel suo mazzo il jolly della qualità. L’Isola conta un lungo elenco di difficoltà, ha una storia di storie andate male, ma è anche una terra d’idee, di qualità, con un tessuto imprenditoriale che ha scelto la via del cambiamento. Bongiorno questo suo primo jolly se l’è giocato al meglio: immagini, interviste, racconti d’impresa e d’imprese, che dovranno essere sempre di più il biglietto da visita dell’economia siciliana. Economia che vuole vincere sul campo ed il campo è soltanto uno, quello del mercato. Che è anche un mare aperto, pieno d’imprevisti, mai così attuali e dirompenti: la pandemia, la guerra in Ucraina. Qui Bongiorno il jolly lo gioca a ripetizione. Per affrontare la crisi energetica che in Sicilia si sente di più e può fare, come ha già fatto, più danni. Ed è un jolly che punta a vincere la partita subito, senza indugi.

Il Presidente lancia una nuova alleanza, inedita sul territorio, tra due politiche, quella energetica e l’altra industriale. Sa che la sfida è difficile e che dall’altra parte del tavolo c’è un’avversaria agguerrita, che ha vinto spesso e che si chiama ideologia. Avversaria che finisce per avere almeno un’alleata potente, la burocrazia. Bongiorno sa che dovrà giocarsi ancora un jolly ed è pronto a farlo indicando una priorità, quella delle infrastrutture, e se serve anche cambiando gli schemi di riferimento.

La Sicilia deve ripartire dalle sue eccellenze. È questo il messaggio che sta dietro il progetto che avete messo in campo facendo conoscere le realtà imprenditoriali del territorio?
“Assolutamente sì. La Sicilia è piena di eccellenze che meritano di essere conosciute e raccontate. Solo attraverso le imprese, infatti, è possibile creare una prospettiva di crescita per questa regione”.

L’intervento del governo nazionale non riuscirà ad evitare il caro energia e bollette varie. Chi rischia di più nel settore produttivo siciliano?
“Il provvedimento sull’energia approvato dal Consiglio dei Ministri replica per il secondo trimestre le misure di contenimento dei rincari di luce e gas per famiglie e imprese già adottate nel primo e introduce alcuni interventi strutturali per lo stoccaggio e per l’aumento della produzione di gas nazionale. Cosa ovviamente positiva. Il problema è, però, legato al fatto che l’incremento dei prezzi non sembra destinato a esaurirsi nel breve periodo e quindi sarebbe necessario considerare soluzioni più a lungo raggio. Ovviamente a rischiare di più sono le aziende più energivore ed in particolare quelle del settore manifatturiero”.

Serve energia pulita che arriva dagli impianti eolici e da altri sistemi di produzione. Ma appena i progetti vengono presentati, come nel caso del Parco off shore al largo delle Egadi, i territori alzano le barricate. Come si scioglie questa contraddizione?
“C’è solo una via da seguire: politica energetica e politica industriale devono marciare di pari passo. Questo significa anche riuscire ad avere una idea chiara di sviluppo e seguirla senza tentennamenti o rischiamo di non centrare la transizione. In Sicilia ogni progetto industriale sembra essere destinato a infrangersi sui muri dell’ideologia. Così, però, abbiamo solo perso anni lasciando l’Isola ai margini della crescita. Serve quindi una politica industriale che cammini di pari passo con una più incisiva politica energetica e rispettosa dell’ambiente”.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza va avanti. Da uno a dieci qual è la sua preoccupazione per il rischio che possa diventare un’occasione mancata?
“Al momento, purtroppo, è dieci. E spiego anche il perché. Da quando si è cominciato a parlare dei fondi del Pnrr, la frase più ripetuta è stata quella dell’occasione unica da non perdere. Si dimentica, però, che la Sicilia di occasioni uniche da non perdere ne ha avute tante da quasi trent’anni, e mi riferisco agli svariati miliardi di euro dei fondi strutturali. Le risorse quindi non sono mai mancate, quello che è sempre mancata è la capacità di spesa produttiva. L’unica differenza, che è però sostanziale, è che questa volta parte dei fondi del Pnrr sono a debito, e quindi difficili da ripagare se non ci sarà una crescita economica importante”.

Burocrazia ed infrastrutture continuano ad essere le questioni aperte per lo sviluppo della Sicilia o c’è anche la necessità di un rilancio del sistema imprenditoriale dell’Isola? È sempre e comunque colpa del pubblico?
“Burocrazia e infrastrutture sono sicuramente i maggiori handicap di questa regione. Un imprenditore che sceglie la Sicilia per i propri investimenti deve faticare molto di più rispetto ad un collega del Nord proprio a causa di questi due fattori che comportano un aggravio di costi notevole, rendendo in taluni casi poco competitive le imprese siciliane rispetto a quelle del resto del Paese. Detto questo, la debolezza del nostro tessuto imprenditoriale è assolutamente evidente e sicuramente su questo occorre lavorare ancora tanto. Come Sicindustria stiamo spingendo tanto su alcuni temi come l’internalizzazione, l’innovazione tecnologica, la digitalizzazione, tutti fattori chiave che sono determinanti per lo sviluppo del tessuto imprenditoriale siciliano”.

A proposito d’infrastrutture, gli aeroporti di Catania e Comiso tornano al centro di un progetto di privatizzazione. È quel che serve? E potrebbe far bene anche a Trapani e Palermo?
“Un ragionamento sulla rete aeroportuale siciliana va senza dubbio fatto. Muoversi in ordine sparso, così come è stato fatto finora, ci ha reso deboli nei confronti delle compagnie aeree e non solo. A pagarne il prezzo sono sempre i siciliani che, proprio a causa della condizione di insularità, sono costretti a utilizzare l’aereo quasi come unico mezzo di collegamento. Per quanto riguarda poi il processo di privatizzazione credo che si debba sempre seguire una logica di crescita e di efficienza. In ogni ramo dell’economia non credo debba interessare se dietro ci sia un soggetto pubblico o privato. Ciò che interessa e che sia erogato un servizio efficiente al migliore prezzo possibile. Credo che la crisi economica causata prima dalla pandemia e oggi dal conflitto in Ucraina, accelererà inevitabilmente i processi di fusione e di privatizzazione delle società di gestione degli aeroporti”.

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