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Sicurezza e criminalità a Palermo. Cracolici al QdS: “Ecco cosa faremo allo Zen. La mafia cambia pelle”

Sicurezza e criminalità a Palermo. Cracolici al QdS: “Ecco cosa faremo allo Zen. La mafia cambia pelle”

Il presidente della commissione Antimafia: “La gente è stanca ed ha bisogno di essere ascoltata”

Giorni di fibrillazione a Palermo. L’omicidio del giovane Paolo Taormina avvenuto nella notte di domenica 12 ottobre ha ulteriormente scosso la città ma anche i cittadini che in questo periodo sono stati protagonisti con manifestazioni spontanee ed hanno anche raccolto l’invito degli arcivescovi di Palermo e Monreale Corrado Lorefice e Gualtiero Isacchi ad un sabato sera alternativo di preghiera nel sagrato della parrocchia di San Filippo Neri.

In generale si chiede più sicurezza e che cessino gli episodi di violenza, che si tratti di spaccio di droga, o di risse o ancora di spaccate o rapine. Si chiede ordine e sicurezza non solo nella Movida ma anche nelle altre zone della città.

Dopo l’incontro al Viminale a Roma tra il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il presidente della Regione Renato Schifani e il sindaco di Palermo Roberto Lagalla è stato approvato un piano di emergenza. Il prefetto Massimo Mariani ha istituito tre zone rosse in centro individuate dal comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico. Lì ci saranno più forze dell’ordine, più controlli e saranno interdette per tre mesi ai pregiudicati.

Intanto il presidente della commissione Antimafia all’Ars Antonello Cracolici, dopo la riunione in Prefettura della scorsa settimana ha annunciato che porterà la sua commissione allo Zen, quartiere della periferia dal quale proviene Gaetano Maranzano, indagato e reo confesso del delitto di Taormina e degli altri indagati della strage di Monreale dello scorso aprile. Una riunione che dovrebbe tenersi la settimana prossima.

Cracolici ha risposto alle nostre domande sulla situazione attuale a Palermo.

Cracolici sulla prossima riunione allo Zen

Presidente, concretamente cosa andrà a fare la commissione antimafia allo Zen?

“Faremo una seduta aperta per mobilitare la gente che vive lì e dare il segnale che quello che avviene allo zen non riguarda solo lo zen – osserva – né il quartiere può essere ridotto a Maranzano, perché è fatto da tante persone che ogni giorno vanno a studiare e lavorare. Vogliamo far sì che questa parte di Palermo abbia la consapevolezza che non può continuare a rimanere in silenzio”.

Prosegue: “Non la vinciamo questa battaglia solo con una maggiore presenza delle forze dell’ordine. Se vogliamo combattere la mafia bisogna anche dare più luce alla città: ci sono intere zone in cui l’illuminazione pubblica non funziona e una di queste è proprio la scuola dello Zen, e questo è vergognoso. Andremo lì a chiedere che ognuno faccia la sua parte, anche dentro il quartiere”.

Che clima pensa di trovare lì?

Spero improntato alla collaborazione, la gente è stanca e ha bisogno di essere ascoltata. Per questo stiamo coinvolgendo tutti, trasversalmente, dalla scuola, alla Chiesa, alle associazioni, ai magistrati, ai cittadini. Non vogliamo assolvere questo quartiere, e neanche giustificare i troppi silenzi dello Zen, ma dobbiamo agire insieme per dare risposte strutturali, e la commissione farà la sua parte”.

Sulle zone rosse e sul piano sicurezza

Quasi 3 milioni per la videosorveglianza sono interventi sufficienti o forse sarebbe meglio anche pensare a presidi e altre misure allo Zen, tipo le zone rosse?

“Non credo che queste soluzioni tampone risolvano il problema, né mi convince la definizione di ‘zona rossa’, adottata durante il periodo della pandemia da covid per impedire l’ingresso o l’uscita da una zona. Qui non viene impedito a nessuno di entrare o uscire, al massimo si fa qualche daspo a qualcuno, ma con le ‘zone rosse’ potrebbe esserci un effetto boomerang, cioè quello di spostare altrove le zone di rischio. E saremmo punto e a capo”.

La risposta dei palermitani: “Tutti dobbiamo sentirci coinvolti”

C’è stata una risposta dei palermitani un po’ come è stato per la strage di Monreale come non accadeva da tempo. Fiaccolate spontanee e studenti in piazza. Tutti per chiedere la presenza dello Stato. Può essere il segnale giusto che ricorda quanto visto nel 1992, quando le persone manifestarono dopo le stragi?

“Questa vicenda ha suscitato una riprovazione morale molto forte nella cittadinanza, perché nell’arco di sole 24 ore sono state fatte due manifestazioni. Sono portato a escludere che ci sia un interesse di cosa nostra nel delitto di sabato scorso a Palermo, ma sempre più la cultura mafiosa sta diventando attrattiva per le nuove generazioni e questo è un tema su cui tutti dobbiamo interrogarci”.

E ancora: “L’uso dei social, l’idea dell’arricchimento facile fanno presa sulle fasce più deboli della popolazione. Se passa l’idea che oggi ‘conti se sei armato’ e se lasciamo che le armi tra i più giovani diventino uno ‘status symbol’, come se fossero l’ultimo modello di telefonino, la situazione ci sfugge completamente di mano. Dobbiamo rompere i modelli culturali di Cosa Nostra”.

Infine: “Non è lo stesso contesto del 1992, ma la mafia è sempre pronta a cambiare pelle ed è ancora la principale emergenza in Sicilia, perché incide sulla corruzione, sull’economia, sulla sicurezza, ecco perché tutti noi dobbiamo sentirci coinvolti”.