Home » Società di comodo tra riforma e disposizioni Ue

Società di comodo tra riforma e disposizioni Ue

Società di comodo tra riforma e disposizioni Ue
computer tastiera pc

L’articolo 9 della Legge 111 del 9 agosto 2023 ha previsto la revisione della disciplina delle realtà “non operative”. A livello comunitario prosegue la giurisprudenza contraria alla normativa nei confronti di questo tipo di attività

ROMA – La disciplina “antievasione” delle società di comodo è stata introdotta con l’articolo 30 della legge 724 del 23 dicembre 1994. Lo scopo, evidentemente, era, ed è ancora, quello di colpire le società che non esercitano un’effettiva attività commerciale, non rispondendo a esigenze di tipo imprenditoriale, ma perseguendo altri fini, quasi sempre illeciti, e per tali motivi dette “di comodo” o “non operative”.

In base alla presunzione stabilita dalla citata disposizione di cui alla legge 724/94, le società si considerano ex lege “non operative”, o “di comodo”, quando non superano il test di operatività di cui al citato articolo 30 della stessa legge (confrontando la media dei ricavi conseguiti nell’esercizio in cui si effettua il test e nei due precedenti con il valore che si ottiene applicando ai beni della società determinate percentuali), oppure quando risultano in perdita per cinque periodi di imposta consecutivi (oppure per quattro periodi in perdita e per il quinto non si consegue il reddito minimo delle società di comodo come precedentemente indicato).

È importante evidenziare le pesanti conseguenze previste per le società “non operative”. In primo luogo la presunzione secondo la quale il reddito del periodo di imposta non può essere inferiore all’ammontare della somma che scaturisce applicando alcune precise percentuali, anch’esse normativamente stabilite. Poi, con riguardo all’Iva, è previsto che le società che si configurano come non operative non possono chiedere a rimborso, né utilizzare in compensazione (compensazione orizzontale), o cedere, l’eccedenza di iva a credito risultante dalla dichiarazione relativa all’anno in cui la società è di comodo. Resta consentito l’utilizzo per la compensazione verticale (Iva da Iva). E se lo status di società non operativa rimane invariato per tre periodi di imposta consecutivi, è previsto che si perde definitivamente l’eccedenza di credito Iva il quale non sarà nemmeno riportabile a scomputo dell’Iva a debito degli anni successivi.

C’è da dire che spesso la Giurisprudenza, anche quella comunitaria, ha bocciato tale sistema di presunzione legale assoluta. La possibilità di disapplicare dette disposizioni attraverso l’istituto dell’interpello, peraltro, non sempre dà i risultati sperati. Ed è proprio per questo che l’articolo 9 della Legge delega sulla riforma tributaria (legge n. 111 del 9 agosto 2023), ha previsto la revisione della “disciplina delle società non operative, prevedendo: 1) l’individuazione di nuovi parametri, da aggiornare periodicamente, che consentano di individuare le società senza impresa, tenendo anche conto dei princìpi elaborati, in materia di imposta sul valore aggiunto, dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e della Corte di giustizia dell’Unione europea; 2) la determinazione di cause di esclusione che tengano conto, tra l’altro, dell’esistenza di un congruo numero di lavoratori dipendenti e dello svolgimento di attività in settori economici oggetto di specifica regolamentazione normativa”.

Nel frattempo prosegue la giurisprudenza contraria alla normativa sulle “società di comodo”. Con la sentenza n. 2403/17/24 dell’11 aprile 2024, la Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio, alla luce delle indicazioni recentemente fornite dalla giurisprudenza comunitaria (direttamente applicabili nella giurisdizione italiana), ha disapplicato le sopra cennate limitazioni in materia di Iva previste per le società di comodo.

Con la sentenza resa nella causa C-341/22 del 7 marzo 2024, infatti, la Corte di giustizia Ue ha stabilito che il diritto alla detrazione può essere negato solo quando venga dimostrato che lo stesso sia stato esercitato in modo fraudolento e non in base a mere presunzioni assolute. Per cui la disciplina italiana prevista per la detrazione dell’Iva da parte delle società di comodo si pone in contrasto con le norme dell’Unione sia per quanto riguarda l’individuazione della soggettività passiva Iva, sia per quel che concerne l’esercizio del diritto alla detrazione.

Conseguentemente, posto che, come già detto, le pronunce della Corte di giustizia Ue sono direttamente applicabili nell’ordinamento nazionale e comportano la disapplicazione della norma italiana incompatibile con quella comunitaria, il Giudice di merito del Lazio ha affermato l’inapplicabilità delle limitazioni previste nel nostro Paese dall’articolo 30 della legge 724/94.