Sos medici, nel 2026 meno di metà riuscirà a specializzarsi - QdS

Sos medici, nel 2026 meno di metà riuscirà a specializzarsi

Antonino Lo Re

Sos medici, nel 2026 meno di metà riuscirà a specializzarsi

lunedì 16 Agosto 2021

Lo denuncia il presidente della Fnomceo, la Federazione degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli

E’ allarme per la specializzazione dei futuri medici. Se quest’anno i posti garantiti per i neo-laureati sono stati aumentati a 17.400 grazie al lavoro dei Ministri della Salute Speranza, dell’Università Messa e dell’Economia Franco, e ai fondi del Pnrr, le borse da qui al 2016 dovrebbero tornare al livello del 2017/2018, cioè tra 6000 e 7000. Lo denuncia il presidente della Fnomceo, la Federazione degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli. Mentre quest’anno sono 77mila gli aspiranti medici che, dal 3 settembre, sosterranno il test per gli oltre 14000 posti di quest’anno, con circa 1 su 5 che riuscirà ad entrare, “più della metà di queste 14000 matricole non potranno, tra sei anni, specializzarsi – spiega Anelli -.

L’aumento delle borse è infatti legato al Pnrr, e quindi temporaneo. Le risorse investite sulle borse caleranno gradualmente da qui al 2026, quando le borse dovrebbero tornare al livello del 2017/2018, cioè tra 6000 e 7000. Se così fosse, già a partire dai prossimi anni l’imbuto formativo ricomincerebbe a riempirsi di giovani medici tenuti fermi in panchina, in attesa di poter accedere alle Scuole”.

“La buona notizia – aggiunge il presidente della Fnomceo – è che siamo in tempo per rimediare. Il secondo augurio ai giovani futuri colleghi è, infatti, che finalmente si metta in atto, con un provvedimento legislativo, quanto la Fnomceo perora da tempo: una programmazione che faccia corrispondere a ogni laurea in Medicina un posto nel post lauream”. Secondo Anelli “occorre, agire su più fronti – afferma Anelli -. In primo luogo, come detto, introducendo una corretta programmazione, che faccia corrispondere, per legge, a ogni laurea una borsa. Poi, con un provvedimento che stabilizzi i cosiddetti “camici grigi”, i medici che, nell’attesa di entrare nelle scuole o al corso per la medicina generale, sono stati impiegati con contratti a termine, rinnovati anche per dieci anni di seguito, nel nostro Servizio sanitario nazionale.

Medici che si sono spesi, prima e durante il Covid, che hanno acquisito esperienza e che hanno permesso di tamponare le carenze. Sarebbe giusto e opportuno – conclude Anelli – far valere il servizio prestato durante la pandemia ai fini formativi, in modo da accelerare l’ingresso nei ruoli”.

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