PALERMO – “L’emergenza morti in carcere non dà segni di arresto. Anzi, continua a peggiorare. Nel 2024 sono stati almeno 91 i casi di suicidi commessi da persone private della libertà”. L’analisi della situazione carceraria in Italia – come da tradizione fotografata dall’associazione Antigone che ieri ha presentato il XXI rapporto – non può che partire dal numero delle persone che hanno deciso di togliersi la vita mentre stavano dietro le sbarre. Il tema, che per la portata numerica torna con costanza sulle pagine dei giornali senza però che da questa attenzione scaturiscano azioni utili a contrastare il fenomeno, è soltanto la punta dell’iceberg contro cui storicamente si scontra la Costituzione, che, all’articolo 27, prevede che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Le condizioni in cui versa il sistema penitenziario
Obiettivi che sono difficili da raggiungere, stanti le attuali condizioni in cui versa il sistema penitenziario italiano. A partire dalla concreta mancanza di spazi. Il numero maggiore di suicidi si sono verificati in istituti caratterizzati da condizioni di sovraffollamento. “Il 2024 passa così alla storia come l’anno con più suicidi in carcere di sempre, superando addirittura il record del 2022 quando l’emergenza ha avuto inizio. Ma passa alla storia anche come l’anno con più decessi in carcere in generale. Sono state complessivamente 246 le persone che hanno perso la vita nel corso della loro detenzione”, ha dichiarato il presidente di Antigone Patrizio Gonnella.
Nel rapporto vengono messi in evidenza anche gli altri dati utili a descrivere la gravità della situazione: confrontando i numeri dell’anno scorso rispetto al 2023, è emerso che i casi di autolesionismo sono aumentati del 4,1 per cento, mentre i tentati suicidi del 9,3 per cento. Eloquenti anche le statistiche riguardanti l’uso di medicinali all’interno degli istituti penitenziari: il 44,25 per cento assume sedativi o ipnotici, mentre il 20,4 per cento risulta prendere prodotti stabilizzanti dell’umore, antipsicotici e antidepressivi. “Si tratta – ha proseguito Gonnella – di classi di farmaci con rilevanti effetti collaterali e che vengono spesso utilizzati al di fuori di un quadro diagnostico definito. Le diagnosi psichiatriche gravi sono in media il 13,7 per cento”.
Emerge la carenza di professionisti che si occupano di salute mentale
A fronte di una realtà così complicata, spicca in negativo la carenza di professionisti che si occupano di salute mentale all’interno delle carceri: in media ogni cento detenuti, si registra la presenza settimanale di uno psichiatra per sette ore e di uno psicologo per diciannove. Il problema del sovraffollamento riguarda pure le carceri minorili: oltre la metà – nove su 17 – ospitano un numero di giovani superiore a quello che potrebbero. In assoluto tra il 2022 e il 2024 si è registrata una crescita del 54 per cento del numero di detenuti ospitati nei penitenziari minorili, arrivando a 587 (il 30 aprile erano già 611). “Una crescita che sarebbe ancora maggiore se non fosse per la facilitazione, introdotta dal decreto Caivano, che consente di trasferire in chiave punitiva gli ultra-diciottenni del circuito minorile a carceri per adulti, con la conseguenza di interrompere bruscamente il percorso educativo del ragazzo e di affaticarne enormemente il recupero”, denuncia Antigone. Le carenze in materia di organico riguarda sia gli educatori – gli ultimi dati dicono che ne mancano 77 sui 1.040 previsti – che i poliziotti penitenziari. In quest’ultimo caso, la mancanza è quantificata nel 16 per cento della pianta organica, mentre il rapporto tra detenuti e poliziotti è di due a uno, mentre sulla carta non dovrebbe andare oltre l’1,5.
Nel 2024 i siciliani che erano in carcere erano 7.833
Stando ai dati del ministero della Giustizia che fotografano i singoli territori, si può dire che in Sicilia – la regione con più istituti penitenziari, 23 – a fine marzo di quest’anno erano presenti 7.086 detenuti sul totale italiano di circa 62 mila e a fronte di una capienza regolamentare di 6.439 posti. Tenendo conto delle residenze, nel 2024 i siciliani che erano in carcere erano 7.833, superati dai campani (9.757). Il fenomeno sovraffollamento interessa le carceri siciliane a macchia di leopardo, con picchi preoccupanti. Questa la situazione per singolo istituto, aggiornata al 31 marzo (tra parentesi la capienza): Agrigento 362 (283); Sciacca 20 (73); Caltanissetta 250 (183); Gela 84 (48); San Cataldo 120 (135); Caltagirone 434 (541); Catania Bicocca 199 (136), Catania Piazza Lanza 451 (279), Giarre 70 (58); Enna 204 (167); Piazza Armerina 76 (49); Barcellona Pozzo di Gotto 207 (387); Messina 209 (302), Palermo Lorusso Pagliarelli 1.379 (1.165); Palermo Ucciardone 587 (569); Termini Imerese 101 (95); Ragusa 193 (196); Augusta 572 (364); Noto 148 (176); Siracusa 694 (545); Castelvetrano 60 (44); Favignana 85 (89), Trapani 581 (555).
La proposta di Antigone
“Sono poco più di 17 mila i detenuti che devono scontare un residuo pena inferiore ai due anni. Con un atto generale di clemenza di soli 24 mesi – è la proposta di Antigone a livello nazionale – il sistema tornerebbe a respirare. I consigli di disciplina in ciascun istituto potrebbero riunirsi in forma straordinaria e sollecitare provvedimenti collettivi di grazia e di concessione di misure alternative per tutti coloro che hanno da scontare meno di due anni”. Tra le proposte dell’associazione c’è anche la necessità di valutare l’instaurazione di “un divieto di carcerazione, salvo casi eccezionali, se non c’è un posto regolamentare in carcere”.
Cancellato l’obbligo del rinvio dell’esecuzione della pena per donne incinte
Le ultime iniziative legislative, tuttavia, sembrano andare in direzione opposta. “Il cosiddetto decreto legge Sicurezza, emanato dal governo ad aprile, ha cancellato l’obbligo del rinvio dell’esecuzione della pena per donne incinte o con prole inferiore a un anno di età, che adesso potranno dunque entrare in carcere aumentando il numero di bambini dietro le sbarre. Si introduce poi per la prima volta la possibilità che il bambino venga sottratto alla madre: il decreto prevede – ha sottolineato Antigone – che la donna sottoposta alla custodia cautelare in un Icam (Istituti a custodia attenuata per detenute madri, nda) possa venire trasferita in chiave punitiva in un carcere ordinario senza suo figlio quando la sua condotta non è considerata adeguata”.

