Stagisti sfaticati e aziende senza scrupoli, sfatiamo i luoghi comuni sui tirocini

Stagisti sfaticati e aziende senza scrupoli, sfatiamo i luoghi comuni sui tirocini

Spesso demonizzati ma sono un’opportunità: in Sicilia il 41% viene assunto entro sei mesi dallo stesso datore di lavoro che ha attivato lo stage

L’intervista del QdS a Silvestri, presidente Fondazione Consulenti del Lavoro

Stagisti sfaticati e aziende senza scrupoli, sfatiamo i luoghi comuni sui tirocini
Vincenzo Silvestri, presidente Fondazione Consulenti del lavoro

Presidente Silvestri, Lei ritiene che i tirocini siano percepiti dalle aziende come uno strumento utile per la ricerca di professionalità oppure è vero quanto dicono in molti e cioè che si tratta solo di un escamotage spesso abusato per reperire “manovalanza” a basso costo?
“Mi sento di dire che in genere lo strumento è utilizzato come opportunità di primo ingresso nel mondo del lavoro, tanto è vero che le statistiche dicono che circa il 70% dei tirocini ha come fruitori giovani. Non escludo che possa esserci chi ne fa un abuso ma per questo esistono nella normativa attuale dei giusti contrappesi che vedono nell’ente promotore il maggiore deputato ai controlli e al monitoraggio”.

La Fondazione Consulenti del Lavoro, nella circolare pubblicata qualche giorno fa, riporta un dato dell’Anpal alquanto significativo: un tirocinante su due riceve un’offerta di lavoro dopo sei mesi di stage. Con riferimento alla Sicilia, quali sono i dati a vostra disposizione?
“In Sicilia il dato è un po’ più basso essendo attestato a circa il 41% di rapporti di lavoro instaurati a sei mesi dalla fine del tirocinio. Da tenere presente che circa il 55% di questi rapporti di lavoro sono poi instaurati con lo stesso datore di lavoro che aveva istruito il tirocinio. A conferma della bontà della natura della misura come politica attiva che agevola l’incontro fra domanda e offerta di lavoro”.

La novità introdotta dalla legge di bilancio 2022 sui tirocini extracurriculari che introduce paletti rischia di essere un boomerang?
“Se dovesse passare l’interpretazione letterale della nuova legge i tirocini extracurriculari sarebbero destinati solo ai soggetti con difficoltà di inserimento sociale. Tale platea oggi occupa solo il 3% del totale dei tirocini attivati. La misura, pertanto, perderebbe la forte connotazione che finora ha avuto, con buona pace di tutte le normative regionali di politica attiva, finanziate e no”.

La tragedia di Lorenzo apre dibattito su sicurezza

“Il testo unico sulla sicurezza parla chiaro – spiega al Quotidiano di Sicilia Carlo Biasco, direttore regionale Inail Sicilia – gli stagisti, gli studenti in alternanza scuola lavoro e coloro che frequentano corsi di formazione professionale sono considerati dei ‘lavoratori’ e come tali devono essere formati ed informati sui rischi in azienda”.
L’art. 2 del DLgs. 81/08 stabilisce infatti che per lavoratore si intende la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione.

L’Inail – prosegue Biasco – tutela anche questa tipologia di lavoratori, erogando prestazioni economiche e sanitarie e occupandosi di riabilitazione e di reinserimento, ma è necessario comprendere che, da un lato, l’approccio alla prevenzione deve essere globale (in questo senso, l’incidente della scorsa settimana ha avuto una dinamica che con tutta probabilità non sarebbe stata oggetto di informazione preventiva), dall’altro, deve essere permanente. Non è possibile pensare che spesso, una volta spenti i riflettori per un evento che assurge agli onori della cronaca, non si ragioni adeguatamente su come operare per eventi che, nonostante le misure adottate, sono occorsi. Per questo scopo, l’approccio alla prevenzione deve avviarsi a partire dall’esame dei Documenti di Valutazione dei Rischi, i DVR, che non sono meri adempimenti, ma dei supporti decisionali da tenere sempre presenti, sia a livello nazionale, per ricercare ulteriori misure prevenzionali rispetto a quelle attualmente a disposizione, sia a livello aziendale per ridurre costantemente i rischi della propria struttura produttiva”.

di Chiara Borzì e Patrizia Penna

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