“Stato minimo” come Austria e Argentina - QdS

“Stato minimo” come Austria e Argentina

“Stato minimo” come Austria e Argentina

mercoledì 18 Dicembre 2024

Ecco cosa serve all’Italia

Nella visita del presidente della Repubblica Argentina, Javier Milei, alla nostra presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, egli ha spiegato qual è la rivoluzione copernicana che sta adottando per riportare quel Paese in una condizione di normalità, dopo quasi mezzo secolo di dittature di colore diverso, che non hanno tolto dalla povertà la maggior parte della popolazione.

In Argentina la verità è che un decimo di quegli abitanti detiene il potere di quasi tutte le branche istituzionali: dal Governo alla Magistratura, alla Pubblica amministrazione, all’Informazione (il giornale il Clarin detta legge), alle Forze armate, alla Difesa, alla Sanità e via elencando.
Ricordiamo i cosiddetti desaparecidos, cioè tutti quei/quelle cittadini/e che sparivano senza lasciare traccia, appunto sotto le diverse dittature.
Vi è un famoso film sulla vita di Eva Duarte, la moglie del generale Peron, dittatore dell’epoca, la quale diventò popolare perché andava continuamente in molte favelas di quel Paese per portare aiuti di ogni genere.

La rivoluzione di Milei si chiama “Stato minimo” – cioè tagliare le infrastrutture pubbliche inutili, quei meccanismi perversi che alimentano corruzione e malaffare e disperdono enormi risorse – ovvero privatizzare il possibile recuperando quindi risorse per venire incontro a quella parte di popolazione povera che è, come prima si scriveva, la grande maggioranza. E poi, accelerare sull’economia sostenendo fortemente il sistema produttivo delle imprese, nonché quello dei servizi.

Il primo risultato ottenuto da Milei è il dimezzamento dell’enorme inflazione, quel cancro che distrugge la “ricchezza” di una Comunità.
Qualcuno ha denominato Milei un ultra liberista, come dire conservatore, come dire uno che non vuole cambiare niente, mentre si sta rivelando un progressista e un rinnovatore senza mezzi termini. Comunque vedremo fra qualche anno come andranno le cose.

Dall’altra parte della barricata politica vi è l’Austria, ovvero quel Paese nipotino dell’Impero austro-ungarico dove tutte le cose funzionano perfettamente perché l’Amministrazione è eccellente e altrettanto lo è il senso del dovere.
Anche in Austria vi è la cultura del “Paese minimo”, cioè di ridurre all’osso le attività pubbliche, lasciando fare quelle private, su cui però si esercita un rigoroso controllo, per evitare abusi e malaffare.
Si dirà che questi due esempi – uno di un Paese di circa quarantacinque milioni di abitanti e l’altro europeo di meno di dieci milioni di abitanti – non sono modelli da prendere in esame per il nostro Paese. E invece non è così, perché non si tratta di una questione dimensionale o quantitativa, bensì di una questione di merito e di rispetto della regola etica di equità.

Che vuol dire? Che in un Paese moderno a economia avanzata come il nostro la prima regola è che tutti/tutte i/le cittadini/e, nessuno escluso/a, da Courmayeur a Capo Passero, devono pagare le imposte e se non le pagano devono essere sanzionati/e. La seconda regola è che si deve combattere con tutti gli strumenti, soprattutto con quelli digitali, l’economia sommersa, perché non è accettabile che il suo ammontare arrivi a centonovanta miliardi.

L’economia sommersa falsa tutti i dati riguardanti il Pil, i fabbisogni locali e soprattutto il numero dei poveri, che ingloba quelli che invece poveri non sono, in quanto lavorano nell’economia sommersa.
Il terzo compito è quello di spendere bene, cioè in modo qualificato, le risorse pubbliche. E qui casca l’asino perché Stato, Regioni, Province e Comuni spendono malissimo i soldi dei/delle cittadini/e, ovviamente in maniera diversa perché le Regioni del Nord sono un po’ più efficienti, mentre quelle del Sud sono un disastro.

Fatto questo quadro, tutte le istituzioni dei quattro livelli hanno il compito di redigere una spending review – cioè formulare un’organizzazione moderna con un metodo rigoroso – per ridurre le spese correnti solo a quelle necessarie e utili, eliminando gli sperperi attuali.

Ogni anno la Legge di bilancio dell’anno seguente ha il problema di dovere reperire risorse, nascondendo all’opinione pubblica che all’interno delle spese vi è un tesoretto di circa cinquanta miliardi buttati al vento per spese clientelari, malavitose e in ogni caso superflue.

Tag:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017