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Tra racconti, miti e…battaglie: la storia di Aci Castello e della sua fortezza

Tra racconti, miti e…battaglie: la storia di Aci Castello e della sua fortezza
Aci Castello foto QdS

La storia di Aci Castello dall’antichità a oggi: tra miti, leggende e curiosità che legano il centro abitato a parte integrante del corso storico siciliano

Aci Castello è uno dei paesi più noti e conosciuti della provincia di Catania, famosa proprio per il suo “Casteddu di Iaci” e che oggi conta 17.691 abitanti. Oltre al centro abitato, l’odierno comune vanta anche alcune frazioni come Cannizzaro, Ficarazzi e la meravigliosa Aci Trezza. Ma qual è la sua storia?

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Xiphonia e Akis: tra origini, mito e leggenda

Partendo dalla storia antica, non ci sono grandi informazioni su quei secoli ma tutta l’area del fiume Aci (corso d’acqua scomparso con l’eruzione del 1169) sorgeva una città greca poi scomparsa. Essa si chiamava “Xiphonia”, centro urbano narrato dai poeti come Virgilio, Teocrito e Ovidio e collocata tra l’odierna Acireale, Aci Catena e Aci Castello. Con l’arrivo dei romani, questa città venne rinominata “Akis” e prese parte alle guerre puniche. E proprio a causa delle battaglie navali che si scatenavano sulla costa etnea si decise di edificare una fortezza (sull’attuale rupe dell’odierno castello ma all’epoca scollegata dalla terraferma) con lo scopo di proteggere gli abitanti di “Akis”.

L’arrivo degli arabi e dei normanni

Con l’avanzata dell’età medievale la Sicilia fu conquistata dagli arabi. Il loro arrivo fu devastante per la popolazione, con città distrutte che comportarono guerre, fame e morti. La stessa fortezza di Aci sulla rupe è stata distrutta nel 902. Solo qualche anno più tardi, nel 909, sullo stesso luogo viene riedificato un “kalat”, una fortezza con sempre lo stesso scopo: proteggere la città di Aci.

Ma è con l’arrivo dei normanni che viene edificato l’attuale castello, tra il 1071 e il 1081. Proprio in quel periodo (1126-1239) l’edificio venne concesso ai Vescovi di Catania. Proprio qui, il 17 agosto 1126, nel castello Goselino e Gisliberto consegnarono al vescovo Maurizio i resti trafugati di Sant’Agata, rubati da Giorgio Maniace nel 1040. Nel 1169, come già anticipato per il destino del fiume Aci, l’intera area orientale etnea è stata interamente seppellita da una devastante eruzione dell’Etna, con la colata lavica che distrusse il paese di Aci e raggiunse la stessa rupe del castello, unendolo per sempre alla costa.

Tra Ruggero di Lauria e Artale d’Alagona: i vespri e le battaglie navali

Nel XIII secolo, la Sicilia fu contesa fra aragonesi e angioini. Una delle testimonianze di questo scontro è proprio la fortezza di Aci Castello. Infatti, il re di Sicilia Federico III (aragonese) diede il fondo di Aci e lo stesso castello a Ruggero di Lauria, ammiraglio e stratega militare autore di grandi vittorie in battaglie navali. Peccato che poi egli passò agli angioini e, quindi, lo stesso Federico III nel 1297 cacciò dell’area i suoi fedeli.

Vent’anni dopo, nel 1320, Federico III diede l’area ad un altro maresciallo fedele alla corte aragonese: Blasco d’Alagona. Successivamente, il fondo passò in mano al figlio Artale d’Alagona, che nel 1354 sconfisse e respinse l’assalto del maresciallo Acciaioli, fedele di Ludovico d’Angiò. Lo scontro fu durissimo e si tenne al largo dell’odierno porto Ulisse. Questa battaglia navale tra aragonesi e angioini passerà alla storia come lo “scacco di Ognina”. Non è affatto casuale che oggi il Lungomare di Catania sia intitolato nella prima parte a Ruggero di Lauria e da piazza Nettuno in poi ad Artale d’Alagona.

Catania capitale del Regno di Sicilia e il ruolo di Aci Castello

Alla fine del Trecento, il castello e il suo feudo furono contesi tra Artale II d’Alagona e Martino il giovane, che aveva contratto matrimonio con la regina Maria nel 1391 (unica figlia di Federico IV e di fatto erede al trono di Sicilia). Martino, approfittando dell’assenza di Artale II, riuscì nell’impresa di espugnare il castello e impossessarsi del possedimento di Aci. Alagona, tornato quando già ormai era troppo tardi per una controffensiva, costatò la sconfitta.

Dal 1402, il re Martino rese il castello di Aci la sua dimora personale, visto che in quegli anni Catania è la capitale del Regno di Sicilia. Infatti, non è impensabile ipotizzare lussuosi ricevimenti e grandi feste di corte.

Carlo V e la nascita del Comune di Aci Castello

Nel Quattrocento, il castello passò di mano a diversi signori (sempre per concessione della corona argaonese) tra cui il viceré Ferdinando Valasquez e poi Giambattista Platamone. Giovanni II d’Aragona, che invece ne rivendicava il possesso, cacciò e arrestò Sancio (discendente di Platamone) che resistette alla volontà del sovrano di rivendicazione della fortezza. Dispute dovute, comunque, anche perché il castello e l’area circostanze era un feudo.

Solo nel 1528, con l’arrivo dell’imperatore Carlo V, Aci Castello divenne un Comune, con un pagamento di 72.000 fiorini. Il castello, così, nel corso degli anni divenne una prigione. Lo testimonia il fatto che 24 prigionieri della fortezza si unirono alla spedizione per la Battaglia di Lepanto contro i turchi ottomani. Nel Seicento, il castello ritrovò il fasto di un tempo con Filippo III che restaurò l’edificio ed edifico una targa con scritto: “Philippus III dei gratis rex Hispaniarum et Indiarum et utriusque Siciliae anno divi 1634”.

Dal 1693 ai giorni nostri

Nel 1693 l’intera Sicilia orientale venne colpita da un violentissimo terremoto che distrusse soprattutto la città Catania. Anche il castello subì dei danni ma non ingenti. Nel Settecento, il castello era di proprietà alla famiglia Massa di cui il governatore era una persona crudele e spietata. Infatti, si narra una leggenda in cui un cacciatore fu tenuto in arresto per 13 anni colpevole di aver ucciso una gazza del governante del castello.

Il cacciatore, saputo dell’arrivo del proprietario (il Duca Massa), compose un canto in suo onore. Il Duca volle conoscere il detenuto che gli raccontò la storia della sua incarcerazione, motivo per cui il Massa decise di liberarlo.

Purtroppo, nel 1818, un altro terremoto danneggiò il castello che non fu più adibito a carcere. Così, attorno alla fortezza per anni si disperdono storie, miti e leggende di fantasmi come quelle di don Garzia e di donna Violante. Ma è stato anche ispirazione per Giovanni Verga nella novella “Le stoffe del Castello di Trezza”. Oggi, il castello è divenuto un museo e simbolo del comune di Aci Castello e di tutta l’area che è stata parte di storia integrante della Sicilia orientale.