Cinema da... casa, su Netflix arriva "Pieces of a woman" - QdS

Cinema da… casa, su Netflix arriva “Pieces of a woman”

Francesco Torre

Cinema da… casa, su Netflix arriva “Pieces of a woman”

giovedì 14 Gennaio 2021

Potente e acceso, lo stile registico di di Kornél Mundruzcó si fonda su continui sinuosi movimenti di macchina con montaggio interno e pochi stacchi

PIECES OF A WOMAN
Regia di Kornél Mundruzcó, con Vanessa Kirby (Martha), Shia LaBeouf (Sean), Ellen Burstyn (Elizabeth).
Canada 2020, 128’.
Distribuzione: Netflix

Martha e Sean provengono da mondi differenti, vestono e parlano in modo differente, lavorano in ambienti differenti. L’unica cosa che sembra unirli è la voglia di mettere al mondo la loro bambina che la donna tiene in grembo, ma questo desiderio si infrange presto e in modo talmente doloroso da estirpare ogni anelito di vitalità nella coppia e trascinare Martha verso un tortuoso percorso di elaborazione del lutto.

Tratto da una pièce teatrale di Kata Weber, che qui sceneggia, e diretto dal suo partner, l’ungherese Kornél Mundruzcó (“Delta”, “White God”), il film dipana una serie di intricati simbolismi all’interno di uno schema melodrammatico appesantito da eccessi retorici e melliflui moralismi.

Potente e acceso, lo stile registico si fonda su continui sinuosi movimenti di macchina con montaggio interno e pochi stacchi. Nei due blocchi narrativi principali (il parto e la cena del Ringraziamento), poi, Mundruzcó opta per articolatissimi piani-sequenza meritevoli di approfondimento sul piano tecnico ed estetico, e gravidi di intensità espressiva grazie anche alla bravura delle interpreti.

Costruita per blocchi, la sceneggiatura scandisce il ritmo delle stagioni in sintonia con le inquietudini interiori e i dubbi morali della protagonista, e piega letteralmente in due l’intreccio, che nella seconda parte abbandona la figura di Sean per lasciare emergere quella della madre di Martha, e così difendere un modello matriarcale destinato a tramandarsi (vedere la scena finale, peraltro intrisa di allegorica compassione per la condizione umana, e femminile in particolare).

Sebbene l’immagine simbolicamente più forte del film sia innegabilmente quella del ponte in costruzione sul fiume Charles (la storia è ambientata in una Boston incolore, grigia e inospitale), con i due lati opposti e simmetrici in continuo avvicinamento e l’acqua in mezzo che scorre, pure la scena nella camera oscura, con l’immagine rivelatrice che conduce ad un’epifania e conseguentemente ad una rinascita – possiede un inestinguibile fascino per via dei rimandi cinefili e delle implicazioni metacinematografiche, che agiscono in simultanea per edificare un monumento al potere salvifico dell’immagine.

Voto: ☺☺☺☻☻

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