Svolta nella lotta al virus degli agrumi Tristeza - QdS

Svolta nella lotta al virus degli agrumi Tristeza

Svolta nella lotta al virus degli agrumi Tristeza

Biagio Tinghino  |
venerdì 27 Ottobre 2023

Importante ricerca di Agrobiotech, Università di Catania e Crea ha scoperto alcuni “isolati” del patogeno, presenti già in natura, che impediscono le superinfezioni

La Tristeza degli agrumi è una patologia che, ogni volta che si manifesta, crea grossi problemi ai produttori. Il contagio avviene grazie all’entrata in azione del Citrus Tristeza Virus (CTV), un virus che ricade nella categoria dei Closterovirus, e generalmente colpisce le piante di agrumi innestate con piante di arancia amara. Purtroppo, proprio l’arancia amara, grazie alla sua robustezza, rappresenta uno degli innesti preferiti dagli agronomi, quindi questa infezione trova spesso un numero molto alto di alberi su cui diffondersi. In Sicilia e nell’area del Mediterraneo il virus della Tristeza continua a provocare danni gravissimi negli impianti innestati su arancio amaro. Il contenimento della malattia è fronteggiato con l’uso di portainnesti tolleranti. Ma alcuni portainnesti presentano caratteri bio-agronomici che ne limitano l’impiego in alcune aree.

Come si riconosce una pianta colpita dal virus Tristeza

Le piante contagiate dal virus della Tristeza sono riconoscibili per vari aspetti. In primo luogo, si evidenzia una condizione di basso sviluppo di rami e fusto, insieme a un processo di caduta delle foglie e un conseguente disseccamento dei rami. Più all’interno, sollevando la corteccia è possibile intravedere sul legno la presenza di scanalature verticali. In certi casi, inoltre, è frequente che il nesto risulti più ampio rispetto al portainnesto. L’evoluzione di questa patologia, purtroppo, è sempre la stessa, perché la pianta col tempo dissecca, deperisce e finisce col morire, anche se secondo modalità che variano in base alle condizioni ambientali e al ceppo del virus. Il deperimento della pianta, infatti, può essere lento o molto rapido: in particolare, quando la linfa non riesce più a raggiungere le radici e non vi sono segni di rigenerazione a livello vascolare, la pianta muore nell’arco di pochissimi giorni.

Lentamente, assimilati e condivisi da quasi tutti i Paesi produttori, sono stati sviluppati metodi diagnostici adeguati, programmi di certificazione del materiale di propagazione e di sorveglianza fitosanitaria territoriale. Sono stati inoltre introdotti portainnesti tolleranti o resistenti al virus, alternativi all’arancio amaro che, al finire degli anni 1860, era stato considerato salvatore dell’agrumicoltura per la resistenza alla Phytophthora.

Adottata una sorta di vaccinazione delle piante in vivaio

In Paesi, soprattutto del Mediterraneo, in cui sono presenti altri ceppi del virus che provocano deperimento e scadimento della produzione, indipendentemente dal portainnesto, è stata adottata una sorta di vaccinazione delle piante in vivaio, per renderle tolleranti al virus. Questo tipo di intervento, detto di ‘protezione incrociata’ (CP) è da decenni regolamentato e diffuso già in Brasile, in Sudafrica e Australia, ed è allo studio in altri Paesi.

In Sicilia la ricerca è stata vigile e attiva

I tentativi finora applicati verso ceppi del virus che causano deperimento rapido delle piante innestate su arancio, come avviene nel Mediterraneo, sono stati pochi e senza successo. Ma in Sicilia la ricerca è stata vigile e attiva. L’Università degli Studi di Catania, il Crea, il Parco Scientifico e Tecnologico hanno nel tempo maturato un insieme di conoscenze e di esperienze strategiche, che hanno creato le premesse per valutare le possibilità di proteggere l’arancio amaro dalle infezioni del virus. Una sorta di “vaccinazione” per renderne possibile il suo impiego in territori che presentano condizioni di calcare, salinità, umidità, non perfettamente adeguato ad altri portainnesti; anche in considerazione della buona tolleranza ad alcuni patogeni e parassiti tellurici.

L’intuizione della Agrobiotech

Lo strumento è stato il bando PO Fesr Sicilia 2014-2020 misura 1.1.5, l’intuizione è stata della Agrobiotech, società cooperativa di imprenditori/ricercatori fondata da dottori di ricerca maturati nell’Università degli Studi Catania. Nella qualità di capofila del progetto Sirpa, “Biotecnologie sostenibili per il contenimento della Tristeza e del mal secco degli agrumi”, Agrobiotech ha affrontato il problema in collaborazione con il Crea, mentre con l’Università ha affrontato il tema del mal secco. Le nuove tecnologie di sequenziamento ad alta processività (HTS) hanno permesso ai ricercatori di caratterizzare alcuni isolati del virus trovati in aree diverse della Sicilia e di accertarne alcune differenze genetiche che consentono loro di proteggere le piante da successive infezioni da isolati aggressivi del virus. Essi bloccano già sul nascere la ‘superinfezione’ di isolati omologhi e potrebbero essere usati come vaccini.

I risultati della ricerca pubblicati sulla rivista Viruses

I risultati sorprendenti, ormai collaudati da quasi dieci anni di analisi ed osservazioni, sono stati pubblicati sulla rivista Viruses a firma di Grazia Licciardello (Crea), Giuseppe Scuderi, Marcella Russo e Marina Bazzano (Agrobiotech), Moshe Bar Joseph e Antonino Catara. Sei isolati no-SY posseggono una correlazione genomica con quelli aggressivi e forniscono una protezione efficace contro quelli aggressivi SY. Le differenze tra i sei isolati CP e i tre aggressivi sono limitate a poche variazioni nucleotidiche di tre geni CTV (p23, p33 e Orf1a). I complessi meccanismi che esse generano bloccano già sul nascere la superinfezione di isolati omologhi che presentano stretta correlazione genetica con gli isolati protettivi, usati come vaccini. I risultati del progetto Sirpa, scaturiti da dieci anni di indagini suggeriscono che la CP potrebbe diventare una strategia efficace per bloccare le infezioni in piante innestate su arancio amaro, da valutare per un possibile impiego come avviene per altri ceppi in altri Paesi.

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