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Tassa sui rifiuti, in Sicilia è tra le più care d’Italia: ecco i costi della Tari per provincia

Catania, Trapani e Messina sono nella classifica poco lusinghiera delle dieci città in cui il costo della tassa sui rifiuti è più alto in valore assoluto rispetto al resto d’Italia. I dati sono stati presentati in uno studio pubblicato dalla UIL nell’ambito del Servizio Politiche Economiche, Fiscali e Previdenziali e basato sulle delibere comunali rilasciate dalle 109 città capoluogo di provincia del Paese.

Non solo, Catania è anche una delle città italiane che negli ultimi anni ha fatto segnare una crescita maggiore in termini percentuali sul costo dei rifiuti: +39,07% rispetto al 2018. Nonostante i costi restino elevatissimi, Trapani risulta essere la più virtuosa dell’Isola: – 28,52% nello stesso arco temporale. Ma procediamo con ordine e proviamo a comprendere il perché il costo per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti al Sud sia così alto. Provincia per provincia.

Tari, gli aumenti

Un aumento medio del 9,69% del carico fiscale sulle famiglie italiane nel solo ultimo quinquennio. Stiamo parlando della Tari, la tassa che i contribuenti versano ai comuni di residenza per quanto concerne la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. “È evidente – spiega Vera Buonomo, Segretaria confederale UIL – che il sistema attuale non solo fallisce nel garantire equità e giustizia sociale, ma acuisce le diseguaglianze, creando disparità tra le diverse aree geografiche del Paese”.

Solo per il 2023, l’aumento è stato dell’1,66% rispetto all’anno precedente. In particolare, tra il 2022 e il 2023, ben 51 città capoluogo di provincia su 109 hanno registrato una crescita della tassa sui rifiuti. Questo dato evidenzia una tendenza al rialzo che impatta significativamente sui bilanci familiari. In termini assoluti, una famiglia di quattro persone, residente in un’abitazione di 80 mq e con reddito ISEE pari a 25 mila euro, ha pagato, in media, 331 euro per la tassa sui rifiuti nel 2023, rispetto ai 302 euro versati nel 2018. Questo aumento è stato più evidente nelle regioni meridionali, dove la spesa media è salita a 395 euro, rispetto ai 363 euro del 2018. Nel Nord Est, invece, l’importo medio è passato da 248 euro nel 2018 a 272 euro nel 2023.

Nell’Italia vista da Sud è ancora una volta il Meridione a dover pagare le spese maggiori per quanto concerne la Tari. Stando alle statistiche fornite dalla UIL, l’impatto della Tari sul bilancio familiare, nel 2022, è stato dello 0,64% nelle Regioni del Nord Est, ed è salito all’1,34% in quelle del Mezzogiorno. “Un aumento non giustificato soprattutto per la carenza dei servizi resi, che in alcune grandi città risultano spesso inefficienti a causa delle limitate risorse disponibili”, spiega il sindacato.

Il costo della Tari in Sicilia

I costi della Tari variano significativamente a livello geografico. Analizzando le diverse aree geografiche, si osserva che, nel 2023, i costi sono più bassi nel Nord Est, dove la tariffa media è di 272 euro, con un incremento del 3,62% rispetto al 2022. Segue il Nord Ovest, con una media di 287 euro, in calo dell’1,23%. Al Centro, la media è di 347 euro, con un aumento del 3,22%. Infine, il Sud e Isole risulta essere la zona più costosa, con una media di 395 euro, in crescita dell’1,11%, sempre rispetto al 2022. In generale, rispetto a cinque anni fa, ogni famiglia siciliana paga in media 24 euro in più all’anno per la Tari.

Il costo è poi destinato a crescere nei singoli comuni che, nel 2023, non hanno operato una revisione del piano tariffario. Questi enti sconteranno la crescita dell’inflazione e l’aumento del costo dell’energia, a causa dei ritardi nell’approvazione e pubblicazione delle delibere. Se Pisa detiene il primato del costo maggiore, con una media annuale di 545 euro per famiglia, non se la passano troppo meglio Catania con 475 euro, Trapani con 472 euro e Messina con 470 euro, città nella top ten delle più care d’Italia, classifica dalla quale escono rispetto allo scorso anno Siracusa e Agrigento.

Sicilia, differenze tra le nove province

Per quanto riguarda il capitolo Sicilia, lo studio sottolinea come l’incremento medio presenti notevoli discrepanze tra le 9 province della regione, con alcune aree che registrano aumenti superiori alla media nazionale. Si parte da un dato: nessuna città della Sicilia risulta essere virtuosa in termini di gestione e smaltimento. Prendendo in considerazione le città metropolitane, Catania e Messina si attestano solo dietro Genova e Napoli per costo della Tari. Poco più indietro Palermo (323,50 euro), all’undicesimo posto.

Nel resto dell’Isola, come detto, Trapani risulta essere il capoluogo più virtuoso e Catania e Messina quelli in cui il costo grava maggiormente sulle tasche delle famiglie. Poi troviamo Agrigento (467,86 euro), che riduce del 2,10% la spesa rispetto al 2018 e dello 0,77% rispetto allo scorso anno. Riduzione consistente anche a Caltanissetta (250 euro), stesso valore del 2022 ma con una riduzione del 15% rispetto a cinque anni fa.

In controtendenza Enna (314,15 euro), con una diminuzione dell’1,61% dal 2022 ma con un aumento complessivo dell’11% rispetto al 2018. Aumento che arriva al 16,65% nel caso di Palermo, ma anche qui con una gestione virtuosa rispetto al 2022 e un risparmio effettivo nelle tasche dei residenti del 2,43% dallo scorso anno. A Ragusa situazione identica rispetto allo scorso anno (433,98 euro), ma con una riduzione del 2,28% nel quinquennio.  Aumento del 9,24% rispetto al 2018 per Siracusa (464,90 euro), ma anche qui processo virtuoso innestato nel breve periodo: riduzione dell’1,59% dal 2022.

L’impatto sulle famiglie

Da quello che emerge rispetto allo studio UIL, le famiglie con redditi più bassi destinano una quota maggiore del loro reddito al pagamento della Tari rispetto alle famiglie più abbienti. Questo squilibrio è dovuto principalmente alla struttura stessa della tassa, che non sempre tiene conto delle capacità contributive dei cittadini. Nei Comuni dove la tassa è più elevata, l’impatto sui bilanci familiari può diventare particolarmente pesante per chi ha un reddito limitato, aggravando ulteriormente le disuguaglianze economiche.

Le cause principali di questi aumenti sono legate alla gestione inefficiente del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, all’incremento dei costi di smaltimento e alla carenza di impianti adeguati. Inoltre, la morosità e l’evasione della tassa hanno costretto i comuni ad aumentare le tariffe per compensare le perdite. Per una famiglia media siciliana, l’aumento della Tari rappresenta una spesa significativa nel bilancio familiare.

In Sicilia il 20% in più

Secondo il report UIL, le famiglie siciliane pagano in media il 20% in più rispetto alla media nazionale, con alcune province che raggiungono differenze ancora maggiori. Anche le imprese, soprattutto quelle piccole e medie, risentono fortemente di questi aumenti. I costi aggiuntivi per la gestione dei rifiuti si riflettono sulla competitività e sulla capacità di investimento delle aziende, con effetti negativi sull’economia locale.

Per il sindacato sarebbe necessario attivare una promozione capillare nei singoli comuni per la raccolta differenziata, promuovere l’efficienza nella gestione dei rifiuti e l’incentivazione di comportamenti virtuosi attraverso sconti e agevolazioni. Altro neo secondo il report, la mancata trasparenza in merito alla gestione finanziaria del servizio per ridurre le inefficienze.