Si attende l'accordo tra la Regione e gli enti locali per il servizio
Basta uno sguardo al calendario per capire che non manca molto al giorno in cui, volenti o nolenti, i Comuni siciliani dovranno avere approvato il nuovo piano economico-finanziario contenente i costi che, nei prossimi due anni, dovranno essere sostenuti per assicurare il servizio di raccolta dei rifiuti. La scadenza ultima, già di per sé oggetto di proroga concessa dal governo nazionale, è il 30 giugno.
Entro tale data bisognerà avere chiaro quanto costerà ai cittadini la Tari. Il tema è di quelli che scottano e che ogni politico, se potesse, eviterebbe volentieri: parlare di tasse, specialmente quando queste – come nel caso dei rifiuti – per legge sono l’unica fonte da cui trarre le risorse per finanziare i servizi, non è mai agevole e difficilmente perde voti. E se nei casi in cui si ragiona su come combattere i morosi a indispettirsi è solo una parte dei residenti, quando in ballo ci sono inevitabili aumenti a risentirsi rischiano di essere tutti. Anche perché è evidente che ad aumento dei costi non coinciderà un aumento della qualità dei servizi offerti.
È all’interno di questo contesto che martedì scorso una delegazione di sindaci, guidata dal presidente della Srr Catania Area Metropolitana, Francesco Laudani, ha incontrato l’assessore regionale Roberto Di Mauro. La richiesta è quella di mantenere una promessa che, mese dopo mese, ricorda sempre più quelle che la vulgata attribuisce solitamente ai marinai.
Tassa rifiuti in Sicilia, il viaggio a Palermo
“Urgenti rassicurazioni sui contributi regionali per mitigare gli extracosti ed evitare la stangata sulla Tari”. È questo il cuore della trasferta in assessorato fatta da Laudani e dai primi cittadini di Gravina di Catania, Misterbianco, Mascalucia, San Giovanni La Punta, Pedara, Sant’Agata Li Battiati, Aci Catena, Aci Sant’Antonio, Trecastagni.
La richiesta rivolta all’assessore Di Mauro riguarda la conferma di quanto già dal 2021 – all’epoca era stata una delibera del governo Musumeci – era stato dato per certo e che invece dalla fine dello scorso anno ha iniziato a traballare: aiutare i Comuni a sostenere gli aumenti delle spese affrontate nello smaltimento dei rifiuti. Il fenomeno degli extra-costi, legato in particolar modo alla riduzione degli spazi nelle discariche isolane e della conseguente necessità di portare fuori regione i rifiuti, sin da subito ha assunto le sembianze di una spada di Damocle per le amministrazioni comunali, costrette ad aumentare le tasse ai cittadini.
Tre anni fa, l’idea della giunta Musumeci era stata quella di attingere ai fondi Po Fesr 2014-2020 per “fare fronte ai costi di un eventuale trasferimento, in ambito extraregionale, della quota dei rifiuti eccedente la capacità di smaltimento degli impianti regionali”. All’epoca quella della spedizione all’estero era ancora considerata una possibilità, mentre già da qualche anno è diventata una prassi regolare. A mancare, però, è stato finora l’aiuto promesso. “Senza le somme annunciate dalla Regione, le bollette sono destinate ad aumentare e anche di parecchio”, ha commentato ieri Laudani.
Tassa rifiuti in Sicilia, la ricerca delle fonti di finanziamento
La doccia gelata per i Comuni è arrivata a cavallo tra 2023 e 2024, quando dalla Regione sono emerse complicazioni con la possibilità di utilizzare le risorse del Fondo sviluppo e coesione per finanziare gli extra-costi. L’annullamento del provvedimento che ripartiva le somme è stato stigmatizzato anche da Anci Sicilia e a fine gennaio ha portato l’assessore al Bilancio, Marco Falcone, a intervenire per cercare di rasserenare gli animi. Falcone, in quell’occasione, ha garantito che il governo Schifani non solo avrebbe mantenuto la promessa, ma avrebbe anche rimpinguato il contributo portandolo a 60 milioni. Così però non è stato, almeno fino a ora.
“Occorre che le amministrazioni comunali conoscano l’ammontare dei contributi per extracosti, annunciati e non erogati, per inserirli nei Piani economico finanziari”, spiega Laudani. È qui che subentra la necessità di fare in fretta: entro la fine di giugno, infatti, i Pef dovranno essere inviati approvati per poi essere inviate ad Arera, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente.
L’iter, però, non è immediato: dopo l’invio da parte dei gestori del servizio – le società private o in house che operano sui territori – del cosiddetto Pef grezzo e l’integrazione sostenuta dai Comuni, i piani devono essere validati dalle Srr, gli enti che in ogni ambito territoriale hanno la competenza sulla pianificazione del ciclo dei rifiuti, e infine essere approvati dai Consigli comunali.
Tassa rifiuti in Sicilia, quaranta giorni per l’accordo Regione-enti locali
La quarantina di giorni a disposizione, sulla carta, è sufficiente a completare il procedimento, ma il discorso cambia se si considera la necessità per gli enti locali di avvalersi delle somme promesse dalla Regione per evitare che la Tari si trasformi nei prossimi anni in veri e propri salassi. “ Siamo molto preoccupati”, ammette Laudani.
L’incontro di martedì è servito anche per sottoporre all’assessore Di Mauro la possibilità di rimettere mano alla programmazione dei conferimenti indifferenziati, aggiornando il quadro di chi può abbancare in Sicilia e chi invece deve ricorrere all’estero. La ripartizione, finora, è stata fatta anche tenendo conto dei livelli di raccolta differenziata raggiunti: ai più virtuosi, il vantaggio di evitare di pagare le spedizioni transfrontaliere. “Quasi tutti i Comuni hanno ridotto notevolmente le quantitià di rifiuti indifferenziati – sottolinea il presidente della Srr Catania Area Metropolitana – e alcuni addirittura hanno superato la soglia del 70 per cento”.
Stando a quanto appreso dal Qds, da Di Mauro sarebbe arrivata la disponibilità a portare prossimamente la questione in giunta. Il 30 giugno, d’altra parte, è dietro l’angolo.
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