La domanda che in questi casi sorge spontanea è perché la Sicilia non riesce a produrre vera ricchezza avendo sul suo territorio due complessi termali di grande prestigio? Secondo il parere di alcuni esperti, la spiegazione è perché la gestione di questi complessi, di proprietà della Regione, negli ultimi decenni è stata teatro di lassismo, abbandono, assenza di qualsiasi strategia di valorizzazione e ripiano dei debiti solo attraverso le casse pubbliche. Alla fine, nel 2015 l’allora governatore Rosario Crocetta davanti a un quadro finanziario disastroso decise di chiuderle. Ma non ci fu la lungimiranza di tentare subito un affidamento di queste aree naturali, che hanno fatto la fortuna di altre regioni, attraverso un progetto di finanza a capitale misto privato e pubblico. Oppure erano sorti nuovi inconvenienti che avrebbero reso molto dispendioso il proseguo dell’attività?
I debiti delle Terme di Acireale erano oltre i quindici milioni
Allora soltanto per il complesso di Acireale i debiti erano oltre i quindici milioni. Ma non furono soltanto problemi finanziari a far sorgere dubbi. Tra le cause ci fu l’abbandono della falda che nel frattempo si era ridotta al minimo tanto che, talvolta, per poter continuare ad alimentare le terme i gestori furono costretti a trasportare l’acqua termale con autobotti. Soprattutto fu l’inquinamento della falda a creare le maggiori perplessità. Oggi a mettere il dito nella piaga dell’acqua inquinata della fonte c’è anche uno studio del prof. Rosario Faraci, ordinario all’Università di Catania di Economia e gestione delle imprese, che pochi anni fa, da consulente scientifico dell’allora governatore Musumeci, consegnò uno studio alla Regione sulle fonti dei due complessi termali della Sicilia, Acireale e Sciacca. Lo studio si soffermava sulle acque inquinate della fonte acese. “Allora – spiega oggi il docente – appurammo che la condotta di quattro chilometri circa, che alla fine dell’Ottocento era stata realizzata dal barone Pennisi per alimentare le terme, si era deteriorata sia per la consistente antropizzazione della zona che per la mancata manutenzione. Adesso se non si riuscirà a trovare acqua pulita le terme non potranno riaprire”.
Nuovo bando per il rilancio e la riqualificazione delle Terme di Sciacca
La Regione siciliana, come ampiamente pubblicato, ha intanto presentato il nuovo bando per il rilancio e la riqualificazione delle Terme di Sciacca, nell’agrigentino, modificando il precedente, andato deserto solo pochi mesi fa, soprattutto per via degli anni previsti in convenzione. L’avviso è rivolto agli operatori economici interessati a presentare proposte di partenariato pubblico-privato per un investimento di 50 milioni di euro attraverso il project financing. “Con questo bando – ha dichiarato il governatore Renato Schifani – diamo un segnale di rilancio per un settore strategico come quello termale”. Tra le novità del bando la durata della concessione del complesso estesa a 99 anni rispetto al precedente bando andato deserto. La concessione mineraria resta invece fissata in 30 anni.
Le terme di Sciacca, come quelle di Acireale, vennero chiuse dal governo regionale nel 2015 – allora era in carica il governatore Rosario Crocetta – principalmente a causa di problemi gestionali ed economici e in particolare per le ingenti perdite economiche. Un patrimonio termale, che in altre regioni fa la ricchezza del territorio, in Sicilia era diventato una “palla al piede” e proprio questo abbandono ha da decenni caratterizzato tutte le iniziative pubbliche della Regione.
Analogo bando per un investimento di 40 milioni dovrebbe presto riguardare l’altro complesso termale della Sicilia, quello di Acireale, ma per quanto riguarda la struttura acese ci sono, come detto, ancora dei problemi legati soprattutto alla salubrità delle acque, visto e considerato che la falda dalla quale il complesso attingeva sino a 15 anni fa si è probabilmente deteriorata e ostruita a causa dell’incuria. Per questo sono state avviate, nell’area storica delle terme romane di Santa Venera al pozzo, tre trivelle per individuare una falda termale idonea per ripristinare il normale flusso idrico delle terme acesi. Finora i risultati delle analisi, però, non sono state soddisfacenti. è per questo motivo che ancora oggi non è possibile dire cosa accadrà per il recupero delle terme di Acireale. Il nuovo progetto della Regione punta adesso ad avviare una nuova perforazione del sottosuolo dell’area termale con una trivella più potente in grado di effettuare uno scavo di un nuovo pozzo profondo sino a circa 100 metri, molto più profondo dei 30 a cui sono finora arrivati i sondaggi precedenti per superare le criticità emerse. La decisione di effettuare un nuovo sondaggio a questa profondità è dell’assessorato regionale dell’Energia che intende superare le criticità emerse dopo più di un anno di analisi e di studi sulle acque dei tre storici pozzi che, fino alla chiusura del 2015, alimentavano le Terme di Acireale, presenti in località “Santa Venera al Pozzo”, all’interno del territorio di Aci Catena.
“Attraverso gli uffici dell’assessorato dell’Energia – ha recentemente dichiarato il presidente della Regione Renato Schifani – stiamo lavorando con impegno da più di un anno per ovviare a una situazione che abbiamo ereditato, dovuta in larga parte al lungo periodo di inattività delle Terme di Acireale. Il nostro obiettivo resta la valorizzazione di questo complesso termale, patrimonio storico e potenziale leva economica per tutta la Sicilia. Superare l’ostacolo dell’attuale inidoneità delle acque è un passo necessario, anche in vista di un nuovo bando, più attrattivo rispetto al precedente andato deserto, che assegni in concessione la gestione di questa splendida struttura”.
Per il complesso termale di Acireale i nodi sono molto più seri
Adesso se da un lato alle terme di Sciacca il flusso di acqua termale è stato ripristinato, per il complesso termale di Acireale i nodi sono molto più seri e il rischio è che la falda rimasta inutilizzata per dieci anni si sia deteriorata irrimediabilmente. “Le terme di Acireale erano perfettamente funzionanti quando vennero chiuse nel 2015. La Regione allora, liquidato l’Ente Terme e trasferiti tutti i dipendenti, ha abbandonato prima le terme che oggi sono disintegrate e poi conseguentemente il vicino albergo, l’Excelsior Palace”. A dirlo è l’ex dirigente regionale Tuccio D’Urso.
La questione legata all’albergo vicino alle terme
In questo contesto di generale abbandono delle strutture termali si inserisce proprio il caso del vicino albergo delle terme. Un complesso turistico a cinque stelle che la Regione ha totalmente abbandonato facendolo distruggere da vandali, incuria e abbandono in pochissimi anni.
“Nel 2016 l’albergo era perfettamente idoneo. Io l’ho periziato per conto della Regione – aggiunge l’ex direttore regionale delle Infrastrutture – nel volgere di pochi anni per colpevole abbandono questa struttura di alto livello è stata completamente distrutta. Il problema _ aggiunge l’ex dirigente regionale – è che alla Regione non importano queste strutture. Allora furono pagati sette milioni per togliere le ipoteche sul bene, attraverso la finanziaria regionale. L’albergo era ipotecato perché i gestori non avevano mai pagato un mutuo acceso con l’ex Banco di Sicilia-Unicredit. Ovviamente il mancato pagamento fece crescere l’onere del mutuo e alla fine l’albergo finì in mano a una finanziaria di proprietà di un imprenditore australiano che aveva anche acquisito il centro sportivo collegato all’albergo che si trova proprio di fronte all’entrata principale dell’hotel. Per potere riscattare i due beni la Regione versò, ai tempi del governatorato di Musumeci e dell’assessore Armao, i sette milioni. Una volta che i due beni entrarono nella piena proprietà delle Regione, sono stati abbandonati così come tutto il patrimonio delle terme. Allora io feci la perizia sull’albergo e scrissi che era ancora perfetto, in ottime condizioni. Bisognava solo fare le pulizie. Ma invece è stato colpevolmente abbandonato”.

