Il Governo regionale ha annunciato il piano di rilancio: prima un punto sugli investimenti e poi il bando per i privati
PALERMO – Le Terme rappresentano da secoli un grande patrimonio naturale italiano, fatto di acque straordinarie e fonti terapeutiche, che sgorgano abbondanti grazie alla particolare conformazione geologica di un territorio affascinante e unico al mondo. È così, o meglio era così, anche in Sicilia, dove per diversi anni le Terme di Acireale e Sciacca in particolare sono state al centro del racconto termale dell’isola. Almeno fino al 2015, quando ne venne decisa la chiusura. In questi nove anni si sono avvicendati tre governatori regionali (Rosario Crocetta, Nello Musumeci e Renato Schifani), ma la storia della chiusura delle Terme in Sicilia affonda le sue radici ancora prima.
In Sicilia un grande patrimonio termale
L’Isola possiede un patrimonio termale di indiscusso valore: Montevago, Vulcano, Alì Terme, Terme Vigliatore e altre (certamente più piccole) più le già citate e ben più note Acireale e Sciacca. Centri che se da un lato vantano una tradizione antica e importante, dall’altro rappresentano una fallanza enorme nel sistemo turistico e sociale dell’isola.
Entrambe le città godono di una posizione geografica privilegiata, la prima (Acireale) è ubicata tra Catania, Taormina e l’Etna, nodo principale di una vasta area urbana che si congiunge a Sud con l’area metropolitana catanese, l’altra (Sciacca), è uno dei principali centri turistici che dispone di una buona offerta ricettiva, stimolata negli anni dal comparto balneare ed è localizzata nella parte occidentale della provincia di Agrigento. Entrambe le strutture termali sono accomunate da un epilogo a oggi triste, chiuse al pubblico da una decina d’anni e ormai in una condizione di drammatico degrado. Ma andiamo con ordine.
Le Terme di Sciacca
Le terme di Sciacca furono realizzate negli anni Trenta del secolo scorso grazie a un azionariato popolare che poi scaturì in una gestione pubblica in capo al Comune. Nel 1954 la Regione siciliana avocò a sé la struttura, che purtroppo non riuscì mai a ricavare utili ma che grazie alle sovvenzioni non chiudeva mai in perdita. Nel 2006 il patrimonio termale confluì all’interno di una società per azioni, provando a dare una svolta imprenditoriale che purtroppo non avvenne mai. Si arrivò così al 6 marzo 2015 quando, a causa delle continue perdite economiche, ne fu decisa la chiusura. In questi nove anni sono stati diversi, attraverso bandi pubblici, i tentativi di affidare a privati la struttura e i suoi beni, ma purtroppo senza alcun esito positivo.
Le Terme di Acireale
Non molto diversa la storia delle Terme di Acireale: dedicate a Santa Venera, furono fondate alla fine dell’Ottocento, poi nel 1951 la proprietà fu acquisita dalla Regione Siciliana (che nel 1987 le ampliò costruendo un secondo polo, quello delle Terme di Santa Caterina) che dopo diversi iter portò il complesso alla situazione attuale. Chiuse al pubblico dal 2009, furono messe in liquidazione nel 2015, ma il lungo calvario sembra sia oggi pronto a volgere al termine con il Comune acese che vanta un discreto credito.
Entrambe le Terme per molti anni sono state sorrette dal Sistema sanitario nazionale, che permetteva alle due strutture di rimanere aperte basando tutto sul concetto di cura e su politiche sanitarie che ne prevedevano la gratuità per diverse fasce sociali e determinate categorie, attribuendo cure e spese di soggiorno a carico del Ssn, almeno fino agli anni Ottanta. Successivamente, politiche restrittive abolivano le ferie aggiuntive e introducevano il ticket e i limiti alle cure, determinando di fatto una crisi del settore incapace di reinventarsi e dedicare le proprie energie a un turismo termale che oggi considera l’Italia una delle principali destinazioni del mondo, offrendo una vasta gamma di acque termali naturali e strutture termali moderne, ma non in Sicilia.
Varietà di acque termali, storia e cultura, infrastrutture termali innovative e destinazioni termali popolari (Abano Terme, Montecatini Terme, Salsomaggiore Terme e Ischia) danno vita a un giro d’affari nel Belpaese da circa 16 miliardi di dollari, che collocano l’Italia al settimo posto nella classifica mondiale ma al primo posto per il maggior numero di 5 stelle con Spa Rocco Forte Hotels (che proprio a Sciacca gestisce una delle migliori strutture).
Riattivare le Terme siciliane obiettivo della Regione
Riattivare e rendere finalmente produttive le Terme siciliane sembra adesso essere un chiaro obiettivo per il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani: “Il turismo termale – ha detto nei giorni scorsi annunciando il piano di rilancio per Acireale e Sciacca – è un segmento in crescita che, incrociando gli altri tipi di offerta turistica, grazie anche al nostro clima, può contribuire a uno sviluppo significativo dell’intero settore”.
Valorizzare il settore sembra quindi un punto centrale nell’agenda del Governo siciliano e pare sia stato già dato avvio a tutte le procedure necessarie per raggiungere l’obiettivo entro la fine di questa legislatura: “Dovremo procedere innanzitutto – ha spiegato il governatore – per avere un quadro preciso degli investimenti necessari per l’ammodernamento e la ristrutturazione dei due impianti. Poi individueremo le risorse e infine, attraverso un bando, individueremo i partner privati in grado di assicurare un piano industriale che generi un impatto economico e sociale positivo non solo nei territori in cui ricadono gli stabilimenti, ma in tutta la Sicilia”.
Entro maggio si dovrebbe concludere la fase di liquidazione delle società, grazie allo stanziamento di 4,3 milioni di euro previsto dalla Legge regionale 25 del 21 novembre 2023, che consente di estinguere i debiti erariali e passare così alla chiusura definitiva delle Spa. Si deciderà, in quella fase, se i privati verranno coinvolti già dall’inizio nel recupero delle strutture o solo in un secondo momento, per la gestione e il rilancio dei due siti termali che potrebbero generare entrate attraverso il turismo, le cure, la vendita di prodotti cosmetici e produrre un impatto positivo sulle economie locali.
I sindaci Termine e Barbagallo auspicano una svolta concreta
Dai territori si continua a evocare da anni una concreta rinascita per le terme siciliane. Ne si è avuta dimostrazione qualche giorno fa a Sciacca, quando si è svolta una Giornata civica di mobilitazione popolare in occasione dell’anniversario della chiusura da parte della Regione delle strutture termali. Studenti, organizzazioni di categoria, sindacati, associazioni, professionisti e semplici cittadini hanno aderito all’invito del Comitato civico Patrimonio termale, prendendo parte alla mobilitazione indetta per sollecitare la riapertura delle Terme.
“Per ben tre volte, nel 2003, nel 2015 e nel 2021 – ha affermato il sindaco Fabio Termine – Sciacca ha sbagliato. Adesso, invece, grazie a una manifestazione organizzata dal popolo, dalla gente, la città raccoglie uno straordinario risultato riaccendendo l’attenzione sul nostro Patrimonio termale. Vigileremo affinché la Regione si occupi immediatamente della questione”.
Un evento importante che ha avuto eco anche dall’altra parte dell’Isola, più precisamente ad Acireale, altra città in cui si attende un serio rilancio del settore termale. Alle pendici dell’Etna i commissari stanno completando la liquidazione (dovrebbero ultimare tutto entro aprile) per chiudere la rendicontazione e liberare tutto il patrimonio. “Abbiamo ascoltato con favore – ha affermato il sindaco Roberto Barbagallo – le parole del presidente della Regione, Renato Schifani. Ora speriamo che sia la volta buona”.
“È opportuno ragionare – ha concluso il primo cittadino acese – su una proposta privatistica che possa dare lungimiranza e servizi al bellissimo Parco termale di cui disponiamo”.
Il brand Etna, d’altronde, sta crescendo sempre di più con il turismo enogastronomico, culturale e ambientale che ogni anno accoglie migliaia di turisti e che offrirebbe, con la riattivazione delle Terme, un variegato complesso di servizi in un contesto unico al mondo. La domanda di turismo è in crescita e c’è sempre grande attenzione rivolta alla Sicilia, che nel 2025 sarà Regione europea della gastronomia e potrebbe riprendersi un ruolo di primo piano nel panorama nazionale e internazionale.